Come si allena un guardalinee?

«Potresti essere un guardalinee?». La domanda che il Times ha rivolto ai suoi lettori è indirizzata soprattutto a chi spesso critica da casa le decisioni degli assistenti arbitrali senza considerare la difficoltà di dover giudicare la validità di un’azione in tempo reale. Il quotidiano londinese ha deciso di replicare il programma di allenamento dei guardalinee della Premier e di proporlo a tutti, in modo da far capire le diverse variabili da considerare prima di sbandierare un fuorigioco.

Ci sono tre livelli di difficoltà. Il primo si chiama Sunday League, come i campionati amatoriali del Regno Unito. Le chiamate sembrano semplici, ma riprendono quei casi in cui l’occhio può essere ingannato pur lasciando un margine di errore più basso. Poi ci sono Professional e International, dove la difficoltà si fa via via più alta. In ogni livello gli esempi vedono in un campetto quattro o cinque giocatori, divisi tra attaccanti e difensori, che ricostruiscono un’azione tipo. Può essere un semplice lancio in profondità, o uno schema più complesso con una combinazione di passaggi come il classico “palla avanti-palla dietro-verticalizzazione”: man mano che si va avanti con i livelli di difficoltà le azioni sono sempre più al limite, impegnando gli aspiranti guardalinee a fare attenzione ai due punti chiave: l’incrocia tra attaccante e difensore, mentre uno scatta in avanti e l’altro sale per mandarlo offside; e il piede del rifinitore, per capire in quale preciso momento viene effettuato il passaggio in profondità. La difficoltà sta nel dover prendere una decisione netta – fuorigioco o no – in soli cinque secondi, più o meno il tempo che impiega un guardalinee a decidere se sollevare la bandierina o lasciarla giù.

Cattura

È possibile rivedere l’azione, con un fermo immagine sul momento in cui viene effettuato il passaggio, per avere la percezione che si ha da casa quando si giudica la decisione dell’assistente: spesso molto diversa dall’idea che si ha in tempo reale. Nel gioco ci sono i suggerimenti di Mike Mullarkey, guardalinee della finale dei Mondiali del 2010 al fianco di Howard Webb, che da un angolino dello schermo spiega come, ad esempio, «un attaccante che prende ritmo e velocità potrebbe sembrare in fuorigioco quando controlla il passaggio, perché già oltre il difensore. Anche se in realtà è partito in posizione regolare». Oppure: «Un passaggio effettuato da un giocatore vicino alla linea laterale verso il centro dell’area è più difficile da valutare, perché la prospettiva può essere ingannevole».