La filosofia delle maglie

Slogan, citazioni, frasi impresse sulle maglie: anche in questo modo le squadre di calcio cercano di caratterizzarsi, e di dichiarare i propri valori.

Ai tifosi basta che sia sudata: tutto il resto sono dettagli. Proprio i dettagli, però, da un decennio a questa parte, fanno la differenza anche quando si parla di maglie. L’ultima moda sono i messaggi “nascosti”: frasi, slogan, citazioni. Stampati o ricamati come tatuaggi su quella che per un giocatore, così si dice, dovrebbe essere una seconda pelle.

A dare l’esempio fu il Milan dopo la vittoria della Coppa Intercontinentale del 16 dicembre 2007: per far sì che gli avversari sapessero sempre con chi avevano a che fare, decise di scriverlo direttamente sulla maglia, all’altezza del cuore: “Il club più titolato al mondo”. Ricamato in oro, sotto allo stemma: i rossoneri avevano appena conquistato il diciottesimo trofeo internazionale battendo 4-2 il Boca Juniors e staccando proprio gli argentini nella classifica delle squadre con la bacheca più ricca di titoli continentali e mondiali. Un primato, e sappiamo bene quanto l’allora presidente Berlusconi tenesse al raggiungimento di questo genere di “mission”, che meritava di essere esibito come si fa con una toppa sulla maglia dopo la conquista di un trofeo. Da quel momento in poi, il Milan ha subìto la rimonta di Real Madrid (adesso in testa con 23 titoli) e Al-Ahly (20), ma soprattutto ha dato il via a una sorta di gara, anche di fantasia, tra club alla ricerca della frase giusta per definirsi, distinguersi dalla massa.

Serie A - AC Milan v AC Siena

Gli slogan della tribù

Dietro c’è tutta una psicologia dello slogan: rivendicare la propria identità e il senso di appartenenza a un gruppo sono i primi sentimenti che guidano la mano di chi verga la maglia con un motto. Gli psicologi lo chiamano “il senso del noi”, condizione necessaria per giungere alla tanto agognata coesione, a sua volta presupposto del successo. Quando il “noi” sostituisce l’“io” si è sulla buona strada, dicono. Un “noi” esplicito nel messaggio che la Lazio ha deciso di confermare anche nella stagione in corso sulla propria maglia (“Noi l’amiamo e per lei combattiamo”, si legge all’interno del colletto insieme al logo del club), un “noi” sottinteso quello dell’Inter: “Nerazzurri”. In una parola, stampata sempre sul colletto, un’identità, la definizione di una famiglia, o di una tribù, per citare Desmond Morris e il suo celebre saggio dedicato al calcio: così, se lo stemma del club “assume il ruolo di oggetto totemico, che deve essere rispettato, protetto e mostrato” e “posizionato sul petto trasmette ai fedeli della tribù il messaggio che il cuore dell’individuo appartiene alla squadra”, la funzione dello slogan sulla maglia è quella di intensificare il “sentimento tribale”: aiuta a tenere vivo il senso di appartenenza, quando è “nascosto” (ad esempio all’interno del colletto, simbolicamente a contatto con la pelle), e allo stesso tempo ha una funzione intimidatoria nei confronti delle tribù avversarie, quando esibito.

Concetti ripresi, un paio di stagioni fa, anche dalla Roma, con il suo “La Roma non si discute: si ama”, e dal Torino, con un semplice ma incisivo hashtag “#SempreForzaToro” nascosto nel colletto. In entrambi i casi, è perfettamente rispecchiato il dna di due squadre abituate a lottare e a far fronte alle avversità, mettendo costantemente alla prova fede e coronarie dei propri tifosi. Giusto per ribadire quanto la scelta del messaggio sia a sua volta un messaggio. Il destinatario, poi, può anche essere molto specifico. Per il sesto anno consecutivo, cucita sotto allo stemma, il Genoa mostra orgoglioso la scritta “Il club più antico d’Italia”. La risposta dei cugini sampdoriani, che hanno allargato i confini a tutto il globo, sa anche di sfottò da derby. “La maglia più bella del mondo”, si legge all’interno del colletto della classica divisa blucerchiata, titolo tra l’altro confermato da una recente classifica stilata dagli inglesi di FourFourTwo. E che cos’è quel “Roma Siamo Noi che decora la maglia giallorossa, se non una risposta al motto che campeggiava sulle divise della Lazio (“La prima squadra della Capitale”)? Piccole provocazioni con destinatario l’altra metà della città. Lo fece anche l’Inter quando scelse come slogan “Milano è solo Inter”: in questi casi, tradurrebbe Morris, è come se il club fosse più concentrato a ribadire un predominio cittadino (quindi verso qualcuno all’“esterno”) che non a esprimere pensieri d’amore (per la tribù, rivolti all’interno). Ci sarebbe materiale a sufficienza per Sigmund Freud…

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A ognuno i suoi valori

Negli ultimi anni, il tema “orgoglio e identità” è stato declinato in tanti altri modi: con la poesia dei palermitani (“Rosa come il dolce, nero come l’amaro, dal 1907 i nostri colori”, si leggeva sul colletto nella stagione dei 6 allenatori cambiati da Zamparini), la consapevolezza dell’Udinese (“La passione è la nostra forza”), il senso del gruppo della Fiorentina (“Abbiamo undici atleti e un solo cuore”). Nel 2015, invece, l’Hellas Verona decise di celebrare i 30 anni dello storico scudetto citando Osvaldo Bagnoli e si ricamò sulla maglia una sua frase: “Io sono uno di quelli che ha il gialloblù sulla pelle”. Ma nell’era social si può fare gruppo anche con un sondaggio lanciato su Facebook, idea della Juventus 2014/2015. I tifosi, chiamati a votare, scelsero e si identificarono nel motto “Fino alla fine”, le tre parole con cui il presidente Andrea Agnelli aveva concluso il discorso di inaugurazione dello Juventus Stadium, preferito a “Bianco che abbraccia il nero” e “Storia di un grande amore” (due strofe dell’inno della Juventus).

Anche all’estero la maglia è diventata un veicolo per comunicare valori e tratti distintivi del club attraverso una semplice, piccola frase. Qualche esempio: orgoglio per Manchester City (“We are City”, “Noi siamo il City”), Psg (“Ici c’est Paris”, “Ecco Parigi”), Zenit (“Il nostro nome, Zenit”, scritto in cirillico) e Bayern Monaco (con il tautologico Mia san mia, “Noi siamo noi”); unicità per il Celtic (“A club like no other”); fedeltà per il Real Madrid (Hala Madrid y nada más); passione per il Borussia Dortmund (“Echte Liebe”, “Vero amore”). Manchester United (“Youth Courage Greatness”) e Arsenal (“Future Forever Victorious”) hanno optato invece per tre parole chiave che da sempre dettano la linea dei club.

Merita un discorso a parte il Barcellona: inevitabilmente si sfocia nella politica, parlando di Catalogna. Da sempre il club blaugrana si professa “Més que un club”, dicitura che è stata ricamata sulla maglia accompagnata dai colori della senyera, la bandiera catalana. Nelle maniche altri messaggi nascosti: quest’anno sui bordi interni della camiseta blaugrana sono stampate le parole Força” e “Barça”; nella stagione 2015/2016, invece, l’orlo celava una frase presa dall’inno che viene suonato all’ingresso delle squadre al Camp Nou: Un Crit” a destra e Valent” a sinistra (dal catalano: “Un grido coraggioso”, strofa che anticipa il “Barça! Barça ! Barça!” finale).

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Cultura in pillole

Ogni tanto, poi, trovano spazio anche citazioni colte. Nel 2015, la seconda maglia del Torino (bianca con colletto e bordi delle maniche granata) era arricchita dalla frase in latino “Cordium consensus vitam parit novellam” (Il consenso dei cuori prepara il rinnovarsi della vita), la stessa che era incisa sul piatto d’argento che il Torino di Ferruccio Novo reduce dalla tragedia di Superga regalò al River Plate in segno di amicizia dopo l’amichevole tra il Torino Simbolo (con una selezione dei migliori calciatori del campionato italiano) e il club argentino di Di Stefano, disputata il 26 maggio 1949 per raccogliere fondi da destinare alle famiglie delle vittime. E poi i richiami alla storia. Il Verona, oltre a Bagnoli, ha citato anche Shakespeare e il suo “There is no world without Verona walls, but purgatory, torture, hell itself…” (“Non c’è mondo per me al di là delle mura di Verona, ma purgatorio, tortura, lo stesso inferno…”), il Bologna celebrò il ritorno in A ricordando i successi del club negli anni Trenta con il mitico ritornello “Lo squadrone che tremare il mondo fa”. Resta da capire, in tutto questo proliferare di slogan, cosa pensino i tifosi. Forse quella che si è avvicinata maggiormente ai loro gusti è l’Atalanta, che all’interno della divisa di quest’anno si è appuntata il promemoria “La maglia sudata sempre”. Verba volant, slogan manent.