Tre cose sulla nona giornata di Serie A

Il solito Icardi, il ritorno di Ilicic e un Toro ancora incompleto.

Non poteva che essere Icardi

Non è stato un derby spettacolare, con un gioco corale e armonioso. L’Inter, una volta perso Nainggolan, si è rifugiata nelle fasce e nei cross a ripetizione: sono stati 44 in tutta la partita, un numero piuttosto alto, più del doppio di quelli del Milan. Il Milan, timido, non è riuscito a tenere molto il pallone, e un terzo dei suoi passaggi – ben 126 – si è svolto nella sua trequarti difensiva, mentre appena 104 sono stati quelli scambiati nella parte offensiva del campo, ovvero la metà di quanto è riuscita a realizzare l’Inter. Anche i numeri dei due registi sono impietosi: il pallone è passato oltre cento volte dai piedi di Brozovic per andare poi verso un altro compagno, mentre soltanto 45 volte da quelli di Biglia. Detto tutto ciò, fino al novantesimo minuto l’aggettivo migliore per descrivere il match sarebbe stato “sterile”: poche azioni ben orchestrate e in grado di mettere in difficoltà la l’avversario, e una superiorità – dell’Inter – che si traduceva sostanzialmente soltanto nel possesso palla e nel numero di passaggi. Non poteva che essere Mauro Icardi, allora, a decidere un match simile: andando a prendere un pallone lento e spiovente di Vecino con un movimento che ha mandato in confusione il povero Musacchio, in una delle pochissime occasioni nitide che ha avuto in tutta la partita. Quello che gli viene contestato quando viene definito un giocatore “occasionale”, ma anche quello che lo rende, da anni, uno capace di colpire anche se servito poco e male.

Il movimento vincente dell’attaccante nerazzurro

Ilicic, bentornato 

Esattamente due mesi dopo l’Atalanta è tornata a vincere: lo ha fatto con un punteggio altisonante in casa di un Chievo che, nonostante il cambio di allenatore, è stato a tratti imbarazzante. Il secondo successo in campionato, dopo il primo arrivato al debutto contro il Frosinone, porta la firma di Josip Ilicic, autore di una tripletta. L’assenza per un’infezione nell’avvio di stagione ha fortemente condizionato la squadra di Gasperini, che sullo sloveno l’anno scorso ha costruito una risorsa di talento e imprevedibilità – ben illustrato dalle 11 reti e dagli 8 assist nello scorso campionato. Con Ilicic in campo dal primo minuto, l’Atalanta ha cambiato pelle ed è tornata a essere la squadra martellante a cui ci ha abituato negli ultimi anni – il tipo di garanzia che Gasperini cercava disperatamente, quando denunciava mancanza di solidità generale della squadra. Ilicic ha segnato la seconda tripletta in carriera in A: il primo gol è arrivato con un gran sinistro a giro dalla distanza, facendosi trovare libero tra le linee avversarie; il secondo, ancora da fuori, con una conclusione a incrociare; il terzo da numero nove, tagliando in area di rigore e sbucando sul secondo palo per il più facile dei gol. «È un giocatore importante per noi, in questi anni ci ha dimostrato tanto, anche se la continuità non è il suo forte», ha detto di lui Gasperini. Intanto, è bastato l’apporto dello sloveno per ricostruire un’Atalanta che sembrava essere andata in pezzi, forse scottata dall’amara eliminazione nei playoff di Europa League. «Può essere la partita della svolta», ha detto lo stesso Gasperini, atteso da Parma e Bologna nei prossimi due turni.

Il primo, splendido gol di giornata di Josip Ilicic

Torino eterno incompiuto

Il Torino pareggia a Bologna e perde un’altra occasione per mettersi in scia delle migliori. Vincendo al Dall’Ara infatti i granata si sarebbero trovati momentaneamente al quinto posto; per questo il pari (il quarto in nove partite) questa volta brucia di più, anche perché è arrivato in rimonta. La squadra di Mazzarri aveva infatti trovato il doppio vantaggio grazie a una grande rete di Iago Falque e al secondo gol consecutivo di Baselli. Ma le consuete distrazioni difensive torinesi – undici reti subite in nove match –hanno portato la squadra di Inzaghi a pareggiare con Santander e Calabresi. Il tecnico toscano nel post partita era furibondo: «Siamo stati polli e autolesionisti. Dovrei martellare di più i miei. Abbiamo preso due gol da soli e buttato via due punti, sottovalutiamo i pericoli. Dominiamo la partita, stiamo crescendo col gioco, ma dobbiamo fare il salto di qualità». Questa sensazione è spesso presente nelle analisi del Toro di quest’anno, e non. Sulla carta una delle squadre più equipaggiate e non inferiore a realtà come Sampdoria e Sassuolo, i granata però danno sempre l’impressione di essere incompiuti. Alternano ottime prestazioni e risultati, come il pari in casa dell’Inter, con sbandate e passi falsi inattesi. Come ha fatto notare Inzaghi nella conferenza di sabato, «Cairo ha fatto una squadra per andare in Europa, il Toro ha un attacco che hanno in pochi in Italia, ha preso Soriano, hanno Sirigu, Baselli, Rincon», tutte asserzioni inconfutabili ma la squadra sembra bloccata, quasi avesse bisogno di un click per poter sfoggiare tutte le proprie armi. Al netto dei tanti infortuni che hanno colpito soprattutto la difesa e le fasce di Mazzarri, fanno ben sperare il recupero di Iago e la prima rete di Zaza di un paio di settimane fa, ma il compito di trascinare il Toro spetterà al suo numero nove e capitano Belotti.

Un gol che una squadra che punta all’Europa non può concedere