Tempo al tempo

Come si diventa il Kamil Glik di quest'anno, quello che ha già segnato 7 reti in A? Ci vuole pazienza, soprattutto se sei già passato dal Real Madrid e sei tornato in Polonia, e poi hai scelto di ripartire dalla B, e da Giampiero Ventura.

Torino FC v AC Milan - Serie A
Torino – Milan, 10 gennaio 2015. Valerio Pennicino/Getty Images

 

Se lo trovaste sulle locandine di 300, o di Braveheart per i più nostalgici, al posto di Gerard Butler o Mel Gisbon, scommetto che non rimarreste esageratamente stupiti. Il paragone non è poi così azzardato. Kamil Glik – è di lui che stiamo parlando – è un guerriero catapultato in un campionato sempre più orfano di eroi inaspettati. Oggi, però, definirlo solo un guerriero sarebbe riduttivo. Kamil da Jastrzębie-Zdrój – città del Sud della Polonia che conta circa 100 mila anime – è il simbolo della splendida rinascita del Torino Football Club, una società dal passato leggendario, ma che negli ultimi vent’anni ha disputato dieci campionati in Serie B. E anche al ritorno nella massima serie, verificatosi nella stagione 2012/13, il risultato finale era stato tutt’altro che esaltante (sedicesimo posto). Al timone c’era già lui: Giampiero Ventura, bravo comunque a centrare la promozione al primo colpo e a salvare i granata, appunto, nell’anno successivo.

Torino FC v AC Milan - Serie A
Bacia la maglia dopo aver segnato contro il Milan. Valerio Pennicino/Getty Images

Ma torniamo al battesimo del Mister a Torino. Dopo aver accettato l’offerta di Urbano Cairo, il Professore genovese presenta una lista con diversi nomi al direttore sportivo Gianluca Petrachi. Naturalmente c’è anche quello di Glik, cerchiato in rosso. Lo ha allenato al Bari e lo vuole al centro della sua nuova difesa. Ma perché proprio Glik? Il suo bilancio in Puglia con Ventura non era stato il massimo, anzi. Otto gare: una vittoria e sette sconfitte consecutive. Poco tempo dopo il vecchio Giampiero si riprenderà la sua rivincita dimostrando di averci capito più di tutti ancora una volta. Ormai gli basta una partita per rendersi conto di quanto possa essere funzionale un uomo al suo modo di fare calcio.

La partita di Glik è Lecce-Bari. È il 6 gennaio 2011 e il difensore è pronto a fare il suo esordio con la maglia dei Galletti in un derby. Il Bari vince 1-0 grazie alla firma di Stefano Okaka, ma nella testa di Ventura la chiave del successo sta tutta nella prestazione del muro polacco. Non importa se dopo arriveranno sette batoste in fila, le dimissioni dello stesso tecnico e alla fine della stagione anche la retrocessione del Bari. Ventura ha scelto: vuole Glik. Una prima prova superata, insomma, ma non sono ancora finite. Gli schemi e il credo dell’allenatore non sono facili da assimilare. Bisogna sempre cercare di giocare la palla, mai buttarla via, anche in difesa. Il primo Kamil è forte di testa, abile negli anticipi e deciso – per usare un eufemismo – nei tackle, ma ancora non propriamente a suo agio quando si tratta di costruire l’azione. Nell’anno della promozione in Serie A gioca quasi sempre al centro della difesa nel 4-2-4 venturiano, al fianco di Angelo Ogbonna, e segna due gol fondamentali contro Reggina e Crotone, gol che gli permettono di conquistare anche i più titubanti trai i tifosi granata. L’anno successivo il Torino si salva ma, come già detto, non incanta. Per Kamil non è una stagione facile. Il suo nome finisce in prima pagina solo in occasione dell’entrata killer su Giaccherini nel Derby della Mole che gli costa l’espulsione e fa sbottare Furio Valcareggi, agente del centrocampista: «L’intervento di Glik ha rischiato di troncare la carriera di Emanuele. Ha fatto un’entrata folle, da pazzia. Quando abbiamo rivisto i replay ci sono venuti i brividi», e ancora: «Se ci fossero stati tre cartellini rossi nel taschino dell’arbitro, ne avrebbe estratti tre. Merita una lunga squalifica». Il difensore alla fine se la cava con un turno di stop, ma per la prima volta Ventura avverte allarmanti scricchiolii nella sua retroguardia.

Una sola giornata di squalifica può essere considerata una grazia

I due mediani non coprono abbastanza e  i centrali sono troppo spesso obbligati a uscire sul portatore rischiando il tutto per tutto. Il tecnico ligure continua a insistere con il 4-2-4, ma quando la situazione inizia a farsi complicata è capace di ripensare le sue idee e cambia modulo. A tre giornate dalla fine del campionato si passa al 3-5-2 che garantisce una cerniera più solida in mezzo al campo. Arriveranno tre pareggi, decisivi per la permanenza del Torino nella massima serie. Glik giocherà solo la prima gara, mentre nelle ultime due gli verranno preferiti Ogbonna, Guillermo Rodríguez e Di Cesare. Fine dei giochi? Macché. Nell’estate Rolando Bianchi e Ogbonna lasciano il club e Kamil si prende tutto: posto da titolare e, soprattutto, fascia da capitano. Nonostante qualche indecisione difensiva, il popolo granata lo ha eletto suo condottiero e lui accetta l’onere con grande orgoglio. La Maratona chiede un duro che non tiri mai indietro la gamba. Duro, ma non solo. Glik sa di poter essere molto di più. La svolta tattica ridisegna la linea difensiva a tre del Toro: Moretti e Bovo ai lati, il polacco centrale. La nuova posizione gli dà la possibilità di iniziare l’azione con più tranquillità e di acquisire maggiore consapevolezza tecnica nel giocare il pallone. In fase di non possesso poi è tutta un’altra storia. I tre centrocampisti centrali e i suoi compagni di reparto lo proteggono egregiamente permettendogli di sfruttare il suo fondamentale migliore: l’anticipo. Glik cresce partita dopo partita risultando fondamentale nel cammino che porta a una qualificazione ai preliminari di Europa League impensabile a inizio stagione, resa possibile anche dai mancati adempimenti fiscali da parte del Parma. Kamil ormai è un’icona della gente del Toro. Le magliette con la scritta “Keep calm and trust in Glik” vanno sold out. Il rapper Willie Peyote gli dedica una canzone che propone il coro della Maratona per il capitano come ritornello. “Glik Glik Glik Glik”, i tifosi non si stancano di cantarlo e lui non si stanca di vestire la maglia granata.

Il mercato porta via Immobile e Cerci – autori di 35 gol in due nella cavalcata europea – ma Kamil non si muove. Ci sono nuovi record da rincorrere e battere. Dopo un inizio un po’ a rilento, il Torino torna prepotentemente a far parlare di sé. Passa il girone di Europa League, elimina l’Athletic di Bilbao ai sedicesimi – diventando la prima squadra italiana a battere i baschi al San Mamés –e sfiora la rimonta contro lo Zenit nel turno successivo. Il gol di Glik all’Olimpico non basta a recuperare il 2-0 di San Pietroburgo ma fa uscire a testa alta la squadra di Ventuta. Eccoci arrivati ai gol, la nuova specialità della casa. Con la rete segnata all’Atalanta nella ventinovesima giornata di Serie A Kamil ha toccato quota 7, eguagliando il record di gol in una stagione di un giocatore polacco nel nostro campionato. L’ultimo ad aver segnato così tanto era stato Zbigniew Boniek. L’ex Juve e Roma ha voluto subito complimentarsi con il 27enne granata dopo l’aggancio: «Bello di giorno, complimenti», ha twittato il “Bello di notte”. Ha poi continuato con gli elogi: «Quello che sta facendo Glik è incredibile perché nessuno si può aspettare che un difensore segni tutti quei gol da palla inattiva senza peraltro tirare nemmeno un rigore».

I primi 6 gol di Glik nella stagione 2014/15

Gol a parte, il numero 25 ora se la cava alla grande anche quando c’è da difendere. Il pacchetto arretrato del Toro è il quinto meno battuto della Serie A. Probabilmente ora al muro polacco viene da ridere. Ci è voluto un po’, ma alla fine ha ripagato tutti coloro che avevano scommesso su di lui in passato, a partire dal Real Madrid. La selezione C dei Blancos lo prelevò dalla poco nota Union Deportiva Horadada nel gennaio 2007. Kamil non riuscì mai a scendere in campo con il Real dei grandi, ma sfiorò l’esordio in una sfida contro il Celta Vigo quando, viste le assenze di Fabio Cannavaro e Alvaro Mejia, venne convocato da Fabio Capello – allenatore delle Merengues al tempo. Glik non dimentica l’esperienza a Madrid e ringrazia ancora Sergio Rámos, fondamentale per il suo ambientamento in Spagna. Oggi continua a seguire le imprese del campione del mondo con la camiseta blanca e spera un giorno di rincontrarlo magari come compagno. «Prima o poi vorrei poter giocare in club come Real Madrid o Barcellona», ha rivelato in un’intervista. Il Tottenham lo segue, ma oggi come oggi ci sono solo il Torino e i suoi tifosi nella sua testa. Dopo essere stato riscattato dal Palermo – suo primo club italiano – la scorsa estate, ha firmato il rinnovo fino al 2017. Poi si vedrà. Ora bisogna buttarla dentro per l’ottava volta per superare l’amico Zibì. Il tweet di congratulazioni è già salvato nelle bozze e il coro della Maratona è pronto a esplodere. “Glik Glik Glik Glik”, un loop di libidine che ha cambiato il vento della Torino granata.