Phillip Cocu è la personificazione dell’espressione inglese cool and collected. Estremismi e integralismi non appartengono al suo repertorio, privandolo di quell’appeal mediatico comune a numerosi suoi colleghi, taluni anche meno dotati di lui. Cocu è uomo dalle emozioni contenute, siano esse frustrazione per una stagione andata come peggio non avrebbe potuto, oppure orgoglio per aver riportato in casa Psv Eindhoven un titolo che mancava da sei anni. Un’eternità per il secondo club più titolato d’Olanda dopo l’Ajax. Un club del quale Cocu ha rappresentato, da giocatore, un pezzo non indifferente di storia, ed è quindi facile immaginare il surplus di pressione quando, due estati fa, era stato promosso allenatore della prima squadra.
In casa Psv si ripartiva da zero, o quasi. Perché talvolta capita che un’era non si chiuda con la cessione di una bandiera, o con la partenza di un allenatore: basta l’addio del capo scouting. Quello del Psv si chiamava Piet de Visser, uno che dal continente americano ha importato a Eindhoven giocatori quali Romario, Ronaldo, Farfán, Alex, Gomes, Salcido, e nella lista avrebbe potuto esserci anche Carlitos Tévez se la Philips non si fosse rifiutata di finanziare l’operazione. Quando de Visser se n’è andato sbattendo la porta, il Psv ha perso la rotta. Sul mercato rimaneva il big spender olandese per eccellenza, ma i risultati non erano conformi agli investimenti. Per non parlare del vivaio, uno strazio in termini di produttività, specie se rapportato a quello delle altre due big di Eredivisie, Ajax e Feyenoord. Urgeva un cambio di strategia, e un grosso impulso è arrivato proprio da un caso scoppiato a Herdgang, sede del settore giovanile del Psv, nel gennaio 2013. Protagonista un adolescente dalle movenze alla Vieira di nome Riechedly Bazoer, che aveva deciso di lasciare il vivaio del club di Eindhoven per accasarsi in quello dell’Ajax. Questione di prospettive di carriera, era stata la motivazione. La scelta di Cocu quale allenatore ideale per il nuovo corso di casa Psv è nata (anche) da questo smacco. Il club è ripartito dai giovani, ma lo ha fatto in maniera talmente radicale da gettare un’intera stagione alle ortiche. Del resto, se nel giro di pochi mesi viene smantellata una struttura composta da nazionali (Van Bommel, Strootman, Mertens, Lens, Pieters) per rimpiazzarla con un undici che, alla seconda giornata della Eredivisie 13/14, aveva un’età media inferiore dello Jong Psv (la squadra primavera) impegnato un gradino più sotto nella B olandese, non è possibile pensare di farla franca, nemmeno in un campionato green come quello oranje.
Le basi del 22esimo titolo del Psv Cocu le ha poste proprio nella disgraziata stagione 13/14, che oltretutto era quella del centenario. Cocu ha forgiato passo dopo passo la propria leadership, perché un tipo cool and collected ha bisogno di tempo per imporsi. Un lavoro lento, continuo, a volte sfibrante, come quando ti trovi a dover giustificare sei ceffoni presi in casa dal Vitesse, non dal Bayern Monaco. Ma il mister ha tenuto duro nei mesi di bufera, incassando le critiche e spiazzando tutti proponendo alla società di essere affiancato, nella fase finale del campionato scorso, da Guus Hiddink in qualità di advisor. In maniera informale, senza un incarico preciso: Hiddink si presentava in sede, osservava e riferiva al tecnico le sue impressioni. Poteva essere l’inizio della fine di una carriera ancora tutta da scrivere (che fiducia può dare un allenatore bisognoso di un tutor?), invece meno di un anno dopo a Eindhoven si è tornati a festeggiare il bersaglio grosso, con Cocu terzo uomo Psv dopo Ronald Koeman ed Eric Gerets ad aver vinto il titolo sia da giocatore che da allenatore. I suoi ragazzi sono diventati uomini. C’è stato chi, come Memphis Depay e Georginio Wijnaldum, in mezzo ci ha addirittura messo una partecipazione non banale al Mondiale, chiuso al terzo posto. Infine, Cocu ha fatto centro sul mercato, pescando le due figure che più erano mancate al suo primo Psv, ovvero il veterano-leader e la punta da 20 gol a stagione. Dal Valencia è arrivato il messicano Andrés Guardado, dal Borussia Monchengladbach il cavallo di ritorno (in Eredivisie) Luuk de Jong. E il puzzle è stato completato.
La vittoria del Psv sull’Heerenveen che ha dato la matematica certezza del 22esimo titolo olandese
Miglior attacco (82 reti in 32 partite), miglior coppia centrale di difesa (Jeffrey Bruma-Karim Rekik), il capocannoniere (Depay, 21 gol), il miglior assist-man (Jetro Willems, 12), la coppia-gol più efficiente (Depay-De Jong, 40 reti) e l’MVP (Guardado, 6.89 di media-voto) del campionato. Non c’è statistica nell’attuale Eredivisie che non veda primeggiare il Psv di Cocu, l’unica squadra che può schierare un autentico fuori categoria (per l’Olanda) come Depay (ufficiale il suo passaggio al Manchester United per la prossima stagione: costo dell’operazione circa 30 milioni di euro). Protagonista attesissimo alla vigilia, dopo le due reti in Brasile (dove è diventato, all’età di 20 anni e 4 mesi, il più giovane marcatore olandese di sempre in un Mondiale), l’ex enfant terrible del vivaio dello Sparta Rotterdam ha fatto centro. Reti, assist, giocate: Memphis ha messo in mostra tutto il proprio repertorio fatto di tecnica, velocità e forza fisica, quest’ultima merce rara in un campionato come quello olandese dove, in ambito formativo, si privilegiano tocco di palla, visione di gioco e capacità di adattamento in più ruoli. È nata l’ala 2.0, ha scritto il settimanale Voetbal International. Depay è un giocatore moderno, strutturalmente già pronto per un torneo più impegnativo, ma con margini di miglioramento ancora notevoli, visto che in più di un’occasione (specialmente in Europa League) si è preso delle pause. Eppure, nonostante una certa discontinuità, è risultato il migliore per distacco. Da segnalare i numeri sui calci piazzati, dove non ha rivali in Europa: 29 tentativi, 6 reti. Nei maggiori tornei continentali, dietro di lui ci sono Hakan Calhanoglu del Bayer Leverkusen e Zlatko Januzovic del Werder Brema, entrambi a quota 4. Messi è fermo a 2, Cristiano Ronaldo a 1. La Eredivisie produce tanto ma a volte nasconde delle trappole, perché c’è differenza tra Luis Suárez e Afonso Alves. Niente paura, Depay appartiene alla categoria del primo.
Una raccolta delle migliori giocate di Memphis Depay nel 2015
Il Psv è forma, estetica, ma anche sostanza, e in quest’ultimo ambito nessuno batte Guardado, l’uomo squadra del club di Eindhoven, il leader silenzioso che è riuscito a svolgere quella funzione di raccordo fallita nell’annata precedente, per limiti di personalità, da Park-Ji Sung. Il miglior complimento al messicano è arrivato dal principale rivale di Cocu, il tecnico dell’Ajax Frank De Boer. «Depay? No, Alla mia squadra è mancato un giocatore come Guardado». Va capito, il mister ajacide, visto che lui in quel ruolo si è ritrovato l’ex Udinese Zimling. Curioso il legame tra Guardado e il club di Eindhoven: quando Cocu aveva appeso le scarpe al chiodo, la dirigenza aveva individuato proprio nel messicano il suo sostituto, ma dalla Liga era giunta un’offerta migliore e quindi tanti saluti. Qualche anno dopo è stato lo stesso Cocu a cercarlo, per un feeling calcistico scattato già il primo giorno, favorito anche dalla comune conoscenza dello spagnolo. Guardado ha giocato in un ruolo mai ricoperto in carriera, quello di centrocampista difensivo in una mediana a tre, e sembrava non avesse mai fatto altro. Quantità, qualità, duttilità (all’occorrenza lo si è visto esterno basso a sinistra) e visione di gioco a 360°, tanto che la stampa locale lo ha ribattezzato “il Compasso”. Non è un caso che accanto a lui Wijnaldum abbia disputato la miglior stagione della sua carriera e che Adam Maher si sia scosso dal torpore che lo ha accompagnato fin dal suo arrivo a Eindhoven, provenienza Az Alkmaar, con le stimmate del campioncino. Wijnaldum rappresenta lo spot ideale del sistema formativo olandese: giocava ala destra nel Feyenoord al momento del suo debutto, a 16 anni, poi ha gradualmente arretrato il proprio raggio d’azione, passando da numero 10 a interno di centrocampo fino a conquistare la Nazionale. A 24 anni ha già superato quota 300 partite da professionista. Partirà in estate, costa tanto ma chi lo prende fa un affare.
Sono diversi i giocatori del Psv a meritare la citazione. Willems è una devastante ala sinistra mascherata da terzino, e in fase di possesso palla è facile vederlo giocare più alto di Depay. Non è un caso che abbia battuto il record di assist mai fatti da un difensore in Eredivisie, e che sia il giocatore della squadra ad aver creato più situazioni da gol (69). Un altro primato stabilito è stato quello dell’espulsione più veloce, 29 secondi, rimediata contro il Nac Breda e mai scontata, in quanto la prova tv ha dimostrato che il suo avversario non lo aveva nemmeno sfiorato. Il record però rimane. Luuk de Jong invece è tornato in Olanda per ricostruirsi la carriera dopo due semidisastrose stagioni a cavallo tra Bundesliga e Premier League: missione compiuta. Efficace punta centrale nel 4-3-3, ha impiegato qualche mese a scrollarsi di dosso la ruggine, poi da novembre ha messo il turbo realizzando 16 reti in 20 partite. Tra i pali Jeroen Zoet ha la seconda percentuale di interventi riusciti nel campionato (78%, solo l’ajacide Cillessen – titolare dell’Olanda – lo supera con 81%), e ha mantenuto la propria porta inviolata per 12 partite, cosa che non accadeva dai tempi di Heurelho Gomes e della cerniera difensiva Alex-Bouma. Oggi al centro ci sono i giovani Jeffrey Bruma e Karim Rekik, il primo un colosso che possiede tutto – fisico, personalità, piede – per diventare un big, ma latita ancora della necessaria concentrazione per un centrale di livello top; Rekik invece è un marcatore vecchio stampo cresciuto affrontando, nell’Academy del Manchester City, gente come Tévez e Balotelli, e al quale manca solo un po’ di velocità per poter dire la sua anche in un campionato stile Fast and Furious come quello inglese. Il City però il suo cartellino non lo molla, e già questo rappresenta un punto a favore del ragazzo. Un altro è la carta d’identità: a 20 anni infatti Jaap Stam giocava ancora nella B olandese con lo Zwolle.
Luuk de Jong è l’attaccante che cercava il Psv: finora ha messo a segno 25 reti stagionali
Il titolo numero 22 fa sorridere non solo la bacheca, ma anche il cassiere. Dalla UEFA arriveranno 20 milioni di euro per l’accesso alla fase a gironi della prossima Champions League, e altri 4 ne verseranno invece Philips e Nike quale bonus per la vittoria del campionato. La Philips ha annunciato che dal primo luglio 2016 non sarà più main sponsor del club, pertanto dopo 34 anni il marchio aziendale scomparirà dalle maglie del Psv. Tuttavia non si tratta di un disimpegno assoluto, perché la Philips continuerà a versare denaro nelle casse del club attraverso sfruttamento dei diritti di naming rights del Philips Stadion e l’utilizzo del marchio Psv a fini commerciali, come avvenuto recentemente con la nuova campagna pubblicitaria che vede protagoniste le madri di Zoet, Hendrix e Locadia, ovvero tre prodotti del vivaio locale. Entrambi i board inoltre concordano che, alla luce della rinnovata appetibilità del club, un nuovo main sponsor potrebbe portare nelle casse societarie più denaro di quello versato in passato dall’azienda fondatrice del club. Dal momento che, a differenza della Serie A, in Olanda il botteghino rappresenta tutt’oggi una parte significativa delle entrate di un club, il Psv può cantare vittoria anche sotto questo profilo, visto che dopo sette anni di flessione degli spettatori (con conseguente aumento del costo di abbonamenti e biglietti per raggiungere gli 8 milioni di euro previsti a bilancio), il trend è finalmente tornato positivo. L’obiettivo primario è il recupero dei 2.500 spettatori persi nelle ultime grigie stagioni. Tornare a riempire la bacheca rimane il migliore incentivo.