Un solo tocco

Bas Dost può diventare un attaccante di livello? Per ora, ha trascinato il Wolfsburg al secondo posto in Bundesliga, dopo aver pensato persino di smettere di giocare

Provare simpatia per il Verein für Leibesübungen Wolfsburg non è cosa semplice: squadra di una città edificata nel XX secolo per volere del nazionalsocialismo, fondata dal Führer con lo scopo di dare una città ai lavoratori della Volkswagen intenti a costruire “l’auto del popolo”, voluta dal capo del Reich con l’intento di far decollare anche in Germania, come era accaduto negli Stati Uniti, la motorizzazione di massa.

Il Vfl Wolfsburg, di quella città nata il primo luglio 1938, è la rappresentazione sportiva più eclatante: sponsorizzata dalla casa automobilistica fondata da Ferdinand Porsche, è anche l’unica società calcistica appartenente alla Bundesliga, insieme al Bayer Leverkusen, a non rispettare il fan ownership secondo cui nessun club può essere gestito per più del 49 per cento da un singolo azionista.

I Die Wölfe – i lupi della Bassa Sassonia – stanno vivendo una delle loro migliori stagioni da quando, nel 2009, vinsero il loro primo e unico Meisterschale, con Barzagli e Zaccardo protagonisti insieme a Grafite, Misimović e Džeko. Se la squadra allenata da Dieter Hecking è arrivata al secondo posto, con in tasca la qualificazione per la Champions del prossimo anno, parte del merito è anche di un lungagnone olandese con un nome che si presta a facili divertissement musical/linguistici: Bas Dost. Nato 25 anni anni fa nella piccola cittadina di Deventer, nella provincia di Overijssel, Dost è rimasto bloccato alla periferia del calcio di livello fino all’esplosione di qualche mese fa.
Arrivato in Germania per volere di Felix Magath, con il peso di dover sostituire Mario Mandžukić passato ai rivali del Bayern, Dost ha dovuto immediatamente scontrarsi con una realtà ben più competitiva rispetto alla Eredivisie. A 23 anni Bas, classe 1989 , era già diventato capocannoniere della lega olandese con la maglia dell’Heerenveen: 32 reti in 34 partite, 45 gol in 66 gare per i Trots van het Noorden in due anni. L’Ajax aveva provato ad acquistarlo a metà della stagione 2011/12 per colmare le proprie lacune offensive, mentre il Barcellona ne monitorava la crescita costante. In estate Il Wolfsburg, battendo sul tempo Everton e West Ham, lo porta sulle sponde dell’Aller.

Le reti di Dost nella stagione d’oro 2011/2012

La prima stagione di Dost in Bundesliga comincia con una serie di allenamenti durissimi («At the end we were like puddings») a cui Magath sottoponeva i propri calciatori, e una rete a tempo scaduto contro l’Ambrugo dopo un rigore parato da Benaglio. Quale maniera migliore di presentarsi ai propri tifosi se non con una rete che frutta tre punti in casa della squadra più antica del Paese? Il resto della stagione non seguirà il copione della pièce inizale da “buona la prima”. Dopo l’esonero di Magath, che l’aveva scelto per il nuovo corso dei biancoverdi, al Wolfsburg arriva Dieter Hecking: un’allenatore formatosi in Regionalliga Nord e con lo sguardo da cattivo da film polizieschi anni ‘70. Hecking affida al vecchio Ivica Olić il ruolo di punta centrale, relegando di fatto Dost a quello di comprimario. «(Hecking) amava l’attitudine al lavoro di Olić, comunque eravamo due tipi di calciatori differenti. Ho cominciato ad allenarmi sempre più duramente, ma le cose non cambiarono molto», dichiara Dost in un’intervista. Perso il suo mentore e con un carico di pressione dovuto alla provenienza da una scuola di grandi centravanti – all’Heerenveen si sono formati tra gli altri Huntelaar e Van Nistelrooy –, la prima stagione di Bas in Sassonia si chiude con un discreto score di 12 reti in 33 gare. Dodici reti che sono, però, troppo poche per uno che soltanto pochi mesi prima attraeva come un magnete ogni palla gravitasse nel suo raggio d’azione, pagato 8 milioni di euro battendo tra le altre la concorrenza dell’Aston Villa.

 


In questa intervista per la tv dell’ Heerenveen gli viene chiesto se guarda ad Huntelaar come modello. Dopo una pausa parecchio lunga risponde di sì, poco convinto. I due giocatori sono per molti aspetti diversi.

La seconda stagione di Dost al Wolfsburg è quanto di più vicino ad un calvario ci si possa immaginare: una sorta di imitatio Christi durata un anno intero. Cominciata con il risultato di miglior marcatore della pre-season dei lupi, i restanti mesi serbano all’ex Heracles Almelo due infortuni che lo costringeranno a rimanere fermo per gran parte del campionato. Una pletora di assenze, causate da uno stiramento del legamento sindesmotico prima e un finale di stagione perso quasi completamente per problemi al muscolo del grande psoas, vedranno Dost chiudere il 2013/14 con 5 reti in appena quindici gare – di cui solo 7 dall’inizio. Ad aiutarlo è Hans-Wilhelm Müller-Wohlfahrt, il medico del Bayern Monaco (una specie di sciamano ticitl) che gli consiglia di operarsi dopo aver trovato un frammento osseo da rimuovere.
Confermato al Wolfsburg anche per il 2014/2015 – nonostante l’interessamento del Fulham di Magath che punta a risalire in Premier e del Feyenoord per il post Pellé -, comincia il campionato che ancora è tormentato dal dolore (colpa dei piedi piatti a cui ha posto rimedio con degli appositi plantari) e con l’arrivo di Bendtner si vede relegato, di fatto, al ruolo di terza punta.

«A ottobre e novembre ho creduto di non riuscire più a dimostrare il mio valore. È stato un periodo molto difficile, nel quale ho anche pensato di smettere», ha confessato alla Bild qualche tempo fa. In alcuni momenti ha anche pensato seriamente di andare via, lasciare la Sassonia e provare a ricostruire la fama di grande attaccante che due anni di infortuni gli avevano portato via.

Un Nuovo Dost

Al 6 di dicembre Dost ha giocato quasi esclusivamente in coppa: ha messo a segno una sola rete e con il mercato invernale alle porte è certo di andare via. Abbandonare le fabbriche di auto e la Volkswagen-Arena per muoversi verso Amburgo, un po’ più in alto sulla cartina, dove il fiume Elba comincia la sua marcia verso il Mare del Nord. Lungo l’autobahn che percorre i 220 km che separano le due città c’è un passaggio quasi obbligato per Hannover, la stessa città in cui il 6 dicembre il Wolfsburg affronta i padroni di casa guidati da Tayfun Korkut. Al 66esimo minuto la gara è ferma sull’ 1 a 1 e Hecking decide di mettere dentro Dost: passano 3 minuti e, dopo un cross di Perišić, la palla toccata di testa da Bas finisce alle spalle di Zieler. 180 secondi che paiono una nuova agnizione. Dost appoggia preciso il pallone alle spalle del portiere facendolo prima battere a terra: nel tentativo di rialzarsi subito per esultare perde un paio di volte l’equilibrio, goffamente. Poi si libera: è finalmente tornato.

 


Il suo scivolare dopo il gol lo fa assomigliare ad un danzatore di capoeira poco capace

Da qui in poi tutto ciò che tocca si converte in oro. Si trasforma in un Re Mida del gol in poche settimane. Gioca praticamente sempre, segna al Colonia prima della rückrunde – la pausa lunga che ferma la Bundesliga per un mese – e alla chiusura del mercato invernale sarà Olić a viaggiare comodo verso Amburgo.

Nel momento più difficile della carriera di Dost, quando per l’ennesimo anno le cose sembravano indirizzate verso un campionato dal rendimento oscillante, una delle persone pronte a dargli fiducia era stata Junior Malanda. Riferendosi al futuro del compagno gli aveva detto di non avere fretta: «Andiamo in Sudafrica al caldo, ci facciamo la preparazione invernale e poi tra sei mesi decidiamo». Decidiamo. Noi. Un plurale che mostra lo stretto legame tra i due. Malanda morirà due giorni dopo in un tragico incidente d’auto senza mai arrivare a Kaapstad.

Al rientro in Germania, il Wolfsburg si trova a dover affrontare il match dell’anno contro il Bayer Monaco capolista. Prima della gara c’è un lunghissimo tributo a Malanda: i compagni guardano in cielo mentre sugli spalti spunta una telo enorme che ritrae il giovane centrocampista belga. Sotto una scritta, “Rimarrai per sempre nei nostri cuori”. In campo il Bayern viene annientato dalla solidità difensiva e dalle rapide transizioni offensive degli uomini di Hecking. Xabi Alonso viene praticamente tagliato fuori dal lavoro in ripiegamento di Dost e De Bruyne. I bavaresi sono costretti al lancio lungo costante che parte dai piedi di Boateng. Ogni pallone recuperato è una potenziale occasione per i padroni di casa. In una Volkswagen Arena stipata in ogni ordine di posto, il Wolfsburg sta scalfendo in maniera inesorabile le certezze dell’iniziale 4-1-4-1 liquido dei ragazzi di Guardiola.

Dost segna le prime due reti. Se la prima è frutto di una splendida ripartenza in 4 tocchi, la seconda in particolare è incredibile per coordinazione e precisione. Qualcosa di impensabile per un giocatore alto 196 cm con i piedi piatti: Bas raccoglie al limite dell’area una respinta di testa di Lewandowski successiva ad un calcio di punizione tagliato di Rodríguez, sposta tutto il peso del corpo sulla gamba sinistra e calcia così preciso da far sbattere il pallone sul palo prima di metterlo alle spalle di Neuer. Dopo il gol corre allargando le braccia. È così magro che pare essere sul punto di spiccare il volo da un momento all’altro. Il fisico esile è sorretto da due gambe la cui frangibilità è inversamente proporzionale alla stazza complessiva. Un fenicottero carico di levità, dal piumaggio verde acido. Dopo la gara Arjen Robben gli dice: «Non segnerai mai più un gol così bello».

La grande prestazione del Wolfsburg che annienta il Bayern

Una doppietta di De Bruyne chiude definitivamente il discorso nella seconda frazione. Il ragazzo belga mostra, dopo la seconda rete, la fascia nera indossata in memoria del connazionale scomparso. È facile scorgere tutta l’emotività del momento nel viso imberbe del numero 14 in maglia biancoverde. Il Wolfsburg è a meno 8 dal Bayern di Guardiola. Non potrà certo lottare per il titolo ma ha gridato forte il proprio nome per la corsa alla seconda piazza.
Dost e De Bruyne sono i capi branco di un armento deciso a mantenere salda la propria posizione in classifica.
Tra il 30 di gennaio e il primo marzo Dost realizza 13 reti in 7 gare. 11 in 6 match di Bundes. Due reti decisive le mette a segno per assicurare ai suoi il passaggio del turno in Europa League, contro lo Sporting Lisbona. Il tutto dopo essersi rilassato in volo con il sudoku. Qualcuno prende a chiamarlo “The sudoku-solving striker”.

Ai primi di marzo, Dost è il calciatore con la goals-per-minute ratio più alta in assoluto. Superiore persino a quella di Cristiano Ronaldo, Messi e Agüero. Nel primo quarto di 2015 soltanto Messi e il compagno di Nazionale Robben hanno segnato più di lui. In 18 mesi è passato dall’anonimato post-esonero di Magath all’essere l’attaccante più chiacchierato del momento. Da sconosciuto a certezza assoluta.
La cosa più impressionante è la percentuale realizzativa di Dost in questo momento: il 62,5 % da inizio anno. Una shot accuracy del 75% se si considerano le gare nel periodo che va dal 30 gennaio al primo di marzo; 9 reti realizzate tirando in porta 10 volte. 27 tiri, di cui 19 nello specchio, gli sono bastati per andare a segno 13 volte. È il miglior marcatore in Europa di cui non hai mai sentito parlare prima (probabilmente).

Le donne tedesche sembrano trovarlo estremamente sexy (sarà per quel suo somigliare a Christian Bale in The Machinist) e Bas ha finalmente preso coscienza del suo essere tra i migliori attaccanti in circolazione. Quando ha tempo rappa anche come se venisse fuori Straight Outta Compton.
La cosa che gli riesce meglio, però, è farsi trovare nel posto giusto proprio quando serve. Contro il Bayer Leverkusen, in un match che può segnare la strada verso il titolo di vice – Bayern, segna quattro volte, l’ultima al 93’ è decisiva per la vittoria.
Realizza di testa in tuffo la prima rete dopo un cross da destra di Vieirinha. Le restanti tre connotano al meglio quel suo status di attaccante old fashioned, un centravanti d’area perfetto che ricorda, per stazza e movimenti, l’iconicità di Tore André Flo. Sul secondo goal – assist di De Bruyne – brucia il difensore anticipando al contempo l’intervento del portiere con un tocco di esterno, venendo incontro al pallone.

Quattro gol in un singolo match. Come lui solo Mario Gomez, Elber, Gerard Muller, Claudio Pizarro e pochi altri.

Nelle settimane che seguono, segna altre due reti nella vittoria interna contro l’Herta Berlino, e ancora un suo uno-due risulta fondamentale per la vittoria esterna sul campo del Werder Brema. Cinico come nell’annata migliore della sua carriera, è tornato il serial-scorer su cui tanti avevano messo gli occhi qualche anno fa.

Con un rendimento del genere, la chiamata di Guus Hiddink in Nazionale per le sfide contro Turchia e Spagna è inevitabile. Alcuni giornalisti hanno visto nella convocazione di Dost un segno del declino Oranje. In assenza di Van Persie, e con un Huntelaar non al meglio, il massimo che possiamo offrire è Bas Dost? Sembrano chiedersi in Olanda.

Nella doppia sfida contro Inter e Napoli, tanto il Wolfsburg che il suo centravanti principe sono sembrati una copia sbiadita della squadra e dell’attaccante visti agli inizi dell’anno.
A differenza della mobilità scientifica del Bayern, e del gegenpressing di Leverkusen e Borussia Dortmund, il Wolfsburg ha costruito le proprie fortune attraverso un’ orchestrazione collettiva in cui i vari Vieirinha, Caliguri, Rodríguez e Perišić si muovono come ingranaggi precisi diretti dal talento di De Bruyne, e in cui Dost ha il compito di chiudere la pièce nella maniera migliore possibile. Facendo gol.

Privo della classe utrechtiana di Lewandoski o della potenza fisica di Diego Costa, Dost appartiene ad una tipologia di attaccante sospesa tra il vecchio stampo e il moderno. Al gusto retrò del proprio opportunismo in area di rigore (segna quasi esclusivamente con un tocco solo), Dost aggiunge la capacità di portare il primo pressing sul portatore di palla avversario. Con un’abilità unica nel difendere il pallone dagli avversari, far salire la squadra e fare suo ogni duello aereo, è uno dei nomi più caldi per quanto riguarda le prime punte in ascesa.
Quello che gli manca è la capacità di evitare il fuorigioco, oltre a una certa carenza di precisione nei passaggi. Dost è un attaccante che necessita dell’assistenza costante dei compagni per girare al meglio, al tempo stesso la squadra senza di lui perde un elemento centrale nel finalizzare l’azione e nel creare spazio per l’inserimento dei compagni che agiscono alle sue spalle. Non è un caso che il periodo di calo degli uomini di Hecking sia corrisposto con l’appannamento della sua punta di riferimento e viceversa.

 


Il Wolfsburg batte l’Amburgo 2 a 0 fuori casa. Dost non segna ma serve 2 assist: il secondo di tacco per Caliguri è scintillante.

La coppia con De Bruyne rappresenta uno dei sodalizi più redditizi di tutta la Bundesliga. Nati in due stati diversi, ma in due città che distano appena 230 km una dall’altra, hanno trovato facilmente una lingua creola in cui dialogare sul campo. Sono già 5 (su 20 totali per il belga) gli assist decisivi serviti dall’ex Chelsea al compagno. La combinazione che si è ripetuta maggiormente in questa stagione. Tornato a segnare con continuità nelle ultime settimane, Dost e compagni hanno centrato la finale di DFB-Pokal e hanno chiuso il campionato ala secondo posto.

Sarà interessante capire se l’attaccante di Deventer è a tutti gli effetti diventato quello che gli inglesi chiamano late bloomer, oppure se siamo al cospetto di uno stato di grazia soltanto temporaneo. Certo Dost non avrà mai il talento cristallino e la classe di campioni predestinati come Messi o Cristiano Ronaldo. Nulla gli vieta, tuttavia, di continuare a segnare con continuità, provando a ritagliarsi lo status di calciatore a cui guarderemo tra qualche anno con un pizzico di malinconia. Uno alla Ulf Kirsten o Juan Pablo Ángel Arango.
Con l’Europa da giocare, la possibile partenza di De Bruyne ma con un Schurrle maggiormente integrato nel 4-2-3-1 di Hecking, la prossima annata potrà dirci a quale, definitiva, dimensione può aspirare questo ragazzo di 196 cm e dai piedi piatti. Dopo due anni di silenzio quasi assoluto, potrà confermarsi come conoscitore sopraffino dell’antica arte dell’andare in gol. Anche se costantemente con un solo tocco.

 

Nell’immagine in evidenza, Bas Dost nel match di Europa League contro l’Inter. Marco Luzzani/Getty Images