Bazaar Antalyaspor

Come ha fatto una neopromossa turca ad ingaggiare Eto'o, sognando Messi e Totti. Costruire dal nulla una squadra di prestigio, con tanti soldi e qualche aiuto dalla politica.

«Messi? Tra cinque anni». Gültekin Gencer sorride ma non scherza. E magari ha ragione, a sperarlo. Per quel momento, la Pulce avrà 33 anni e magari non più la voglia – o la forza – per restare al top. Del resto, quando Eto’o vinceva tutto col Barcellona ancora di Rijkaard, da queste parti Pavol Straka – che nel frattempo pare sia tornato a casa, tra i castelli della Moravia – segnava il 500esimo gol della storia del club nella serie A turca. E molti avrebbero riso, allora come ancora qualche settimana fa, a pensare il camerunense con indosso la maglia biancorossa su cui spicca il minareto Yivli, simbolo religioso di una città piuttosto laica che con i suoi resort sulle spiagge del Mediterraneo è tra le principali mete turistiche della Turchia. E invece eccolo lì Samuel Eto’o con al collo la sciarpa dell’Antalyaspor, pronto a «fare 20 gol e vincere lo scudetto», stella di un club promosso all’ultimo rigore dell’ultima partita dei playoff della B turca che ora, grazie a lui, e malgrado l’anagrafe e la bilancia, sogna in grande. Perché Eto’o non è certo più lo stesso del Camp Nou, come Ronaldinho – l’altro grande obiettivo del presidente Gencer, appena sfumato dopo un lungo corteggiamento – non lo era già più ai tempi di Milano. Ma a tifosi e investitori per il momento basta, eccome.

Samuel Eto’o, il giorno del suo arrivo ad Antalya

Capire l’Antalyaspor è forse un po’ capire il calcio frustrato eppure sempre appassionato della Turchia. Da settimane i giornali sportivi che qui vendono come in pochi Paesi – tipo l’Italia – raccontano di un mercato apparentemente generoso. Podolski al Galatasaray e Nani al Fenerbahçe, raggiunto da Van Persie che è stato accolto da 15mila tifosi in delirio, e ora forse pure Mario Gomez al Gala per prepararsi al derby: tutte stelle, certo, ma tutte in declino, buone per un campionato che sembra aver mancato negli ultimi anni – quelli in cui la crescita rampante dell’economia locale lo avrebbe favorito e magari sostenuto – il salto di qualità. Nonostante l’appeal più grande sia forse il meno sottolineato, quello che rimane spesso dietro le quinte delle chiacchiere di calciomercato: i soldi dello Stato, oltre che dei club. O meglio, quelli che allo Stato, da queste parti, non si danno. Ai giocatori di Serie A si applica un regime fiscale piuttosto favorevole, per qualcuno ai limiti della concorrenza sleale: 15% di tasse, mentre nei campionati top d’Europa si oscilla tra il 45 e il 52 (un dipendente pubblico, per dire, paga quasi il doppio).

Così l’Antalyaspor, il caso dell’estate non solo in Turchia, finisce per attrarre interesse mediatico e sorrisi sardonici, affiancato com’è ad esempi sportivamente poco brillanti tipo l’Anzhi o alle mete arabe e cinesi, scelte per svernare – calcisticamente o proprio tecnicamente – sull’orlo della pensione. Tramontato il sogno Ronaldinho, in questo senso il nome nuovo non delude: il talento e i chili di Antonio Cassano, oggi svincolato, potrebbero presto sbarcare sulla costa turca. Non in quest’ordine, si spera. Ma si capisce che sulla bilancia del presidente Gencer non sarà questo a pesare di più. Lo sguardo europeo sulla Süper Lig, del resto, emerge proprio dalle parole dell’agente del barese, Giuseppe Bozzo, che ai media locali voleva certo farne un elogio. «Penso che il campionato turco sia affascinante e su misura per Cassano, dal punto di vista professionale e personale. La Turchia è un bel paese europeo dove puoi abbinare a una buona qualità della vita un discreto guadagno economico e le due cose sono assolutamente correlate. L’ipotesi di guadagno in posti con ottima qualità della vita induce grandi giocatori come Eto’o o Sneijder, e allenatori top come in passato Mancini, a valutare le offerte che arrivano con opinione favorevole». Oblio su Prandelli a parte, un requiem della competitività del pallone locale: tanti soldi e buon cibo. E poi, ad Antalya ci sono 300 giorni di sole all’anno e campi da golf tra i migliori del Mediterraneo. Vuoi mettere?

Il debutto di Eto’o, in amichevole contro il Denizlispor

Sulle spalle di Eto’o ci sarà, manco a dirlo, il numero 9 e il destino del club. Il 10 potrebbe invece restare libero in attesa di un brasiliano – anche se non più Ronaldinho – che non faccia rimpiangere Sidney Cristiano dos Santos detto Tita, alias Melih Gökçek, il piccolo attaccante che ad Antalya ha vissuto i suoi anni più prolifici e per Antalya era il talento massimo. Uno che della Turchia ha fatto la sua patria non solo calcistica: quando nel 2008 gli hanno dato la cittadinanza, nella scelta di un nome locale – come qui si usa fare – ha deciso, dopo tanti anni passati a giocare nella capitale Ankara, di omaggiarne l’immarcescibile sindaco e storico sodale del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Un ammiccamento alla politica di cui è stato protagonista involontario lo stesso Eto’o. All’incontro decisivo a Milano che dalla Sampdoria lo avrebbe portato in Turchia, i dirigenti dell’Antalyaspor sono andati su un jet privato procurato con l’aiuto del ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu, originario proprio di quelle parti. «Esprimiamo gratitudine infinita per il contributo fornito al nostro club nel processo di trasferimento», spiegava sul suo sito la società, costretta poi dalle polemiche a precisare che «i costi di trasporto aereo sono stati sostenuti dal club». Abbastanza, però, per capire la contiguità con la politica che spesso ha fatto le fortune dei club turchi, e di cui Gencer non sembra ignaro.

Tra qualche mese dovrebbe essere pronto il nuovo stadio: 33mila posti per un costo di oltre 30 milioni di euro

Scavare nei record dell’Antalyaspor è esercizio da feticisti dell’Intertoto. Prima di Eto’o era venuto Andre Kona N’Gole, un congolese da quasi cento gol nella Serie A turca – anche se per la romantica vulgata locale li ha superati – che rimane il miglior goleador europeo della squadra con 4 reti nonostante non fosse in campo nello storico 5-0 agli azeri del Kapaz dell’agosto del 2000. Un successo che ad Antalya alimentò i sogni di gloria per un mese finché ne presero sei a Brema dal Werder, chiudendo mestamente l’unica esperienza in Coppa Uefa. A guidare la banda verso più ambiziosi obiettivi è oggi Yusuf Şimşek, uno che quando giocava, per usare le parole attribuite al “Burrito” Ortega, all’epoca suo compagno al Fenerbahçe, «potrebbe dribblare un uomo anche in una cabina telefonica». Subentrato lo scorso anno a campionato in corso, si è conquistato la riconferma in panchina grazie alla vittoria ai rigori sul Samsunspor nella finale dei playoff promozione del 5 giugno. Poco più di un mese dopo, ad appena quarant’anni, si ritrova a guidare uno dei club (al momento) più ambiziosi di Turchia e ad allenare campioni che forse neppure immaginava. «Non saremo una squadra ascensore», ha promesso quando l’arrivo Eto’o era già ufficiale, cercando di non perdere del tutto il basso profilo di una neopromossa. Ma è chiaro che il presidente Gencer si aspetta di più. Imprenditore ambizioso e dirigente scafato, si è fatto le ossa come amministratore in vari club e nella stessa Federcalcio turca. Il suo progetto dell’Antalyaspor è più di una suggestione mediatica: tra qualche mese dovrebbe essere pronto il nuovo stadio – 33mila posti interamente coperti per un costo stimato di oltre 30 milioni di euro – mentre il club è tra i pochi ad aver incorporato lo sponsor, una catena di ospedali privati, nella sua denominazione ufficiale. Ma a medio termine la sostenibilità dei campioni che vuole alla sua corte resta comunque un’incognita.

Il match, risoltosi ai calci di rigore, che nello scorso giugno ha regalato la promozione all’Antalyaspor

La rosa è intanto ancora da completare, più che puntellare. Qualche ora fa sempre dall’Italia, dove giocava, è arrivato Dejan Lazarevic, centrocampista offensivo di proprietà del Chievo. Ma i ruoli scoperti sono ancora tanti. L’ultima follia si chiama Francesco Totti, cui Gencer sarebbe pronto a offrire un contratto da 10 milioni di euro all’anno: questa sì più una boutade, come se ormai da Antalya e di Antalya si può dire di tutto. Eppure, è ormai chiaro che da quelle parti questa caldissima estate resterà indimenticabile. Solo a immaginarla, la nuova squadra, ai tifosi che finora hanno potuto festeggiare al massimo un paio di campionati di B e una combattuta finale di coppa nazionale, tremano i polsi. Eto’o è già in ritiro, e anche se a raggiungerlo non sarà Ronaldinho, la società ha già altri obiettivi, sempre in linea con la politica seguita finora. Certo, con qualche chilo in meno sarebbe stata una coppia d’attacco ancora in grado di stupire. Attaccanti che segnano – probabilmente – e un portiere che pari: Victor Valdés, intristito sulla panchina del Manchester United, potrebbe arrivare a riformare l’asse in verticale del grande Barça che fu. Aspettando Messi, quando avrà l’età giusta.

 

Nell’immagine, un dipinto di Charles Emile Vacher Tournemine, Café in Adalia