Great Leicester

Da Jamie Vardy, capocannoniere in Premier, a mister Ranieri, passando per un businessman d'Oriente: così Leicester è arrivata sul tetto d'Inghilterra.

Gary Lineker e Peter Shilton sono nati a Leicester. Quasi come se, in questo modo, la città delle East Midlands volesse sempre ricordare, ripetere e ripetersi di possedere il suo posto privilegiato nella geografia del calcio inglese. Il mantra è stato utile, specie lungo il decennio 2004-2014. È servito a controbilanciare le disavventure del Leicester City, caduto prima in seconda serie e poi nella League One, la terza divisione, nella stagione 2007/2008. Una tragedia sportiva, considerando la storia di un club da sempre habitué della prima divisione, con tre League Cup in bacheca e un bel gruppetto di grandi nomi finito nella Football League 100 Legends, che nel 1998 scelse i cento calciatori più importanti nella storia del massimo campionato inglese. Tra questi, Arthur Rowley, Frank McLintock e Gordon Banks, campione del mondo nel 1966. Oltre, ovviamente, agli idoli di casa Lineker e Shilton.

A Leicester, oggi, è cambiato il vento. Il primo posto dopo 24 giornate ha dell’incredibile. Il City è rimasto imbattuto fino alla settima giornata, quando è caduto in casa per 2-5 contro l’Arsenal. Ha subito aggiustato la rotta, battendo a domicilio il Norwich, e nelle successive 16 giornate ha perso una sola volta, contro il Liverpool. In tutto, fanno 14 vittorie, 8 pareggi e 2 sconfitte. Nessuno, in Premier, ha perso così poche volte.

Leicester City v Arsenal - Premier League

Il vento, in realtà, è cambiato già da un po’, da quando nel 2010 il club fu rilevato dall’Afi, acronimo di “Asian Football Investments“. La rivoluzione che ha riscritto la storia del Leicester batte bandiera thailandese e ha il nome impronunciabile del presidente Vichai Srivaddhanaprabha, proprietario del gruppo King Power, che gestisce i duty free thailandesi. Non siamo ai livelli degli sceicchi di City e Psg, ma la base economica del nuovo Leicester è solida. Anzi, solidissima. Forbes mette Srivaddhanaprabha al quinto posto tra gli uomini più ricchi della Thailandia, con un patrimonio che gira intorno ai due miliardi di dollari. In due anni di Premier League, i Foxes hanno investito sul mercato una somma di 51 milioni di euro, considerando i soli prezzi dei cartellini. Eppure, secondo la proprietà, questo è solo l’inizio di un lungo percorso di crescita, di avvicinamento alle grandi realtà della Premier. Dopo la promozione, Srivaddhanaprabha aveva preannunciato un investimento di 10 miliardi di bath thailandesi, circa 180 milioni di sterline, per creare un Leicester in grado di essere competitivo anche in massima serie.

Non siamo ai livelli di City e Psg, ma la base economica del Leicester è solida.
Anzi, solidissima.

Ad oggi, mantenere la promessa è un work in progress. Per la città, per i tifosi ma anche per tutta la Thailandia. Perché la gioia del Leicester, oggi, coincide con quella della nazione che una volta si chiamava Siam. In un’intervista rilasciata al Telegraph, Ayawatt Srivaddhanaprabha, figlio di Vichai e e vicepresidente del club, ha sottolineato come «le vittorie del Leicester rendano felici tutti i thailandesi. Queste sono cose che il denaro non può comprare». Nella stessa intervista, però, “Top” – soprannome di Ayawatt – spiegava che dietro l’orgoglio patriottico di essere «i primi proprietari thailandesi che hanno costruito una squadra di Championship per la Premier», c’era anche la volontà di essere imprenditori. Di fare business. Perché oggi vanno bene il prestigio e l’ammirazione di tutto un Paese. Domani, però, sarà il tempo di passare all’incasso. «Al momento, il nostro ritorno è l’orgoglio. Il calcio ripaga gli investimenti in modi e tempi diversi. Ma se uno acquista un albergo, inizia a guadagnarci dopo 15-20 anni».

Il primo approccio col calcio dei grandi è stato, al tempo stesso, difficile, bello e amaro. La salvezza dell’anno scorso, dopo un inizio da brividi, è stata raggiunta grazie a uno strepitoso finale, roba da sette vittorie e un pari nelle ultime otto giornate. La coda, però, è stata velenosa: tutta colpa del sextape con frasi razziste girato da tre giocatori dei Foxes durante la tournée postseason della squadra in Thailandia, a casa del presidente. Tra i calciatori coinvolti anche James Pearson, figlio di Nigel. Ovvero, il manager che aveva riportato il Leicester in Premier e aveva appena conquistato la salvezza.

Cambiasso segna un fondamentale gol contro il West Ham nell’aprile 2015

Il polverone ha avviato la nuova mini-rivoluzione, che ha portato alla destituzione di Pearson e all’arrivo in panchina di Claudio Ranieri. Un cambio che inizialmente aveva fatto storcere la bocca a più tifosi e commentatori della prima ora, che non avevano dimenticato l’ultima, pessima esperienza dell’ex mister di Inter e Juventus alla guida della nazionale greca.

Il mercato e il campo hanno smentito gli scettici. I due arrivi dal campionato italiano, l’ex napoletano Inler e il francese Benaoulane dall’Atalanta, hanno confermato la tendenza del nuovo corso voluto dal tecnico romano, improntato su calciatori di comprovata esperienza internazionale. Anche a dispetto dell’età media della squadra, sbilanciata verso l’alto (28,5), sono arrivati il ventottenne Okazaki, il trentenne Huth e il ventinovenne Christian Fuchs. Tutta gente navigata, con alle spalle molte stagioni nei maggiori campionati europei. Unico acquisto di prospettiva il ventiquattrenne francomaliano N’Golo Kanté, arrivato per 9 milioni di euro dal Caen.

Il grande inizio di stagione ha sottoscritto con la benedizione dei risultati la bontà delle scelte operate da Ranieri, che è riuscito a costruire una formazione dal grande potenziale offensivo: i Foxes sono il secondo miglior attacco del torneo con 44 gol fatti, dietro solo al Manchester City che ne ha segnati due in più. L’altra caratteristica del Leicester City è la propensione alle rimonte impossibili. Per informazioni, chiedere a Tottenham, Bournemouth e soprattutto Aston Villa, tutte squadre rimontate dopo il vantaggio iniziale. A volte, anche un doppio vantaggio.

Gli spettacolari fraseggi del Leicester nel match contro il Liverpool

Dopo questa partita, Claudio Ranieri ha dichiarato: «Abbiamo mostrato spirito e carattere. Dopo lo 0-2 ho guardato i miei giocatori e loro credevano che tutto fosse ancora possibile». Il manifesto programmatico di questo Leicester è in questa frase e in un modo di giocare che, più che nella formazione italiana di Ranieri, affonda le sue radici nel più puro English style of football. Ovvero 4-4-2 classico, mediana robusta e grande spinta sugli esterni offensivi, soprattutto a destra con l’algerino Riyad Mahrez. Vale a dire, la più grande intuizione di mercato della storia recente dei Foxes, che lo acquistano dal Le Havre, nel gennaio 2014, per appena 750mila euro. Un anno e mezzo dopo, il valore di mercato di Mahrez è quantomeno dieci volte più alto. E tende ancora all’aumento, forte dei cinque gol in sette partite di Premier League, di un ruolo da protagonista assoluto, come esterno invertito, nel gioco dei Foxes (il 42% delle azioni offensive nascono dal “suo” out destro e dal suo piede sinistro) e di un campionario di giocate che aveva attirato l’interesse di molti club di prima fascia. In Italia, per lui, qualche voce su un interessamento da parte della Roma nella sessione di mercato di gennaio 2015.

Un po’ del meglio di Mahrez

L’altro grande protagonista dei Foxes è il centravanti Jamie Vardy, ventottenne carneade riscopertosi all’improvviso attaccante da Premier League. La sua è la classica storia dell’uno su mille: tre anni allo Stocksbridge, uno all’Halifax e un altro al Fleetwood. Roba da Conference Premer, quinta divisione inglese e Serie A dei dilettanti. Poi, ecco l’incontro della vita col Leicester, che lo fa esordire in Championship, campionato cadetto inglese, a quasi ventisei anni. Dopo, è tutta una rincorsa verso l’alto: quattro gol il primo anno, sedici con promozione annessa il secondo. Poi la stagione d’esordio in Premier e il grande sogno realizzato, l’esordio con la maglia della nazionale inglese. Oggi Vardy compone con Okazaki un tandem veloce e imprevedibile, e, soprattutto, è il capocannoniere della Premier League con diciotto reti, tre in più di Kane e Lukaku.

Cose belle di Jamie Vardy

Fa sorridere e riflettere il fatto che Vardy sia stato acquistato, nel 2012, per un milione di sterline dal Fleetwood. Fa sorridere e riflettere perché la sua esplosione ha praticamente confinato Kramarić in panchina, ovvero l’attaccante che scelse Leicester dopo essere stato corteggiato da mezza Europa. Kramarić è stato pagato tredici milioni e viene dal Rijeka, club croato di proprietà dell’italiano Gabriele Volpi. Ora guarda dalla panchina Vardy, Okazaki, Mahrez e una squadra che sembra non volersi fermare.

Nonostante la classifica, Ranieri ha continua a predicare prudenza: «Così non può durare». Una frase che, anche nel contesto di un campionato che gioca a non trovare un vero padrone, chiarisce il senso di questa dimensione di vertice secondo l’allenatore italiano: un bel sogno, destinato però a finire. Almeno per quest’anno. Poi si vedrà. Perché oggi i Foxes viaggiano sulla tratta Leicester-Bangkok. La città dell’East Midlands e la capitale di un Paese che è fiero di loro, così come di un presidente di Premier League che sembra non scherzare quando si tratta di metterci i soldi. Sarà solo per orgoglio o per business, ma intanto il Leicester City ha ritrovato un posto privilegiato nella geografia del calcio inglese. Senza scomodare Lineker e Shilton.

 

Nell’immagine in evidenza, l’esultanza di Jamie Vardy dopo il gol all’Aston Villa, lo scorso 13 settembre. Ross Kinnaird/Getty Images