Bellezza e necessità di Ivan Rakitic

Storia e ritratto del centrocampista croato, che ha saputo sostituire Xavi in un Barcellona che stava cambiando.

La Germania è un destino di Ivan Rakitic. Il mondo lo scopre durante una partita tra Croazia e Germania. Si gioca a Klagenfurt, e sono gli Europei del 2008. I croati sono allenati da quello che diventerà uno degli allenatori più cool del calcio europeo: Slaven Bilic. Oggi, l’ex difensore della nazionale più bella di tutti i tempi, la Croazia del 1998, è il tecnico di un West Ham quinto in Premier con una squadra poco più che mediocre, ha alle spalle quasi un decennio di esperienza ed è un aspirante top manager.

A Euro 2008, Slaven Bilic è un commissario tecnico giovane e atipico, un’immagine quasi pop, con l’orecchino e il completo grigio. E allena la seconda grande generazione di talenti nata nel paese di Suker, Boban, Boksic. Ci sono Luka Modric, Ivan Klasnic, Dario Srna e Nikola Kalinic. In mezzo, a orchestrare il tutto, Ivan Rakitic, vent’anni, centrocampista dello Schalke 04. Quella Croazia è bellissima e batte la Germania 2-1, meritatamente.

Germania-Croazia in pochi secondi: segnano Srna e Olic

Tra Klagenfurt e la finale di Berlino 2015 – perché la Germania è un destino – passano sette anni e mille chilometri scarsi. Nella capitale tedesca, Rakitic ha avuto la sua consacrazione definitiva, portandosi a casa la Champions da protagonista assoluto. Il gol contro la Juventus, quello che ha permesso al Barça di aprire e indirizzare al meglio il match, è solo la punta dell’iceberg-Rakitic. Perché lungo il viaggio tra Klagenfurt e Berlino, c’è tanto altro.

Intanto c’è l’altra Germania dello Schalke 04, il club al tempo di Euro 2008 che è una scelta condivisa tra Ivan e il resto della famiglia Rakitic. In un articolo che parla della difficile scelta di abbracciare la nazionale croata (Rakitic è nato in Svizzera da padre di Sikirevci e madre bosniaca), papà Luka rivela come il contratto col club di Gelsenkirchen, dopo la trafila giovanile e l’esordio col Basilea, sia stata una precisa volontà di tutti «per garantire a Ivan un posto da titolare e un inserimento più facile, anche perché lui parla il tedesco». Rakitic resta allo Schalke tre anni e mezzo, dal 2007 al gennaio 2011. Dopo l’Europeo con Bilic, invece, fa perdere un po’ le sue tracce. Nel senso che gioca nello Schalke da protagonista, ma non figura quasi mai nel ristretto elenco telefonico delle grandi trattative di mercato. Il suo nome esce fuori ogni tanto, poi torna nell’anonimato aureo di una squadra che resta sempre al vertice senza vincere nulla, chiusa in patria dai colossi Bayern e Borussia Dortmund e in Europa dagli altri poteri forti.

Ivan Rakitic con lo Schalke: tutti i gol della stagione 2009/2010.

Nel dicembre del 2010 dichiara di voler «rimanere allo Schalke per un lungo periodo di tempo». Il 31 gennaio del 2011 viene presentato dal suo nuovo club, il Siviglia. Insieme a lui, il club andaluso accoglie uno sconosciuto mediano cileno, reduce da un prestito al Boca Juniors e da una vita nell’Universidad Católica: Gary Medel. Rakitic scopre così il suo secondo destino, la Spagna, con l’Andalusia e il Ramón Sánchez-Pizjuán che diventano la sua nuova casa.

Per capire cosa sia stata per Rakitic l’esperienza sevillana, basta leggere queste sue parole: «Mi è piaciuto il club, amo Siviglia, la Spagna e il modo di vivere degli spagnoli. È difficile dire di no alle grandi squadre, ma qui sono apprezzato e ho molto rispetto per tutto l’ambiente». In Andalusia Ivan conosce Raquel, sua moglie. Ed esplode, definitivamente, dal punto di vista tecnico. Il giocatore bello da vedere e un po’ anarchico di Gelsenkirchen si trasforma in un centrocampista completo, in una specie di onnipresente mostro a tutto campo. Vederlo giocare appaga gli occhi e la mente, insieme. Se i numeri sono un po’ la testimonianza oggettiva (149 presenze e 32 gol in tre stagioni e mezza) della sua crescita, le quotes sono la certificazione che arriva anche da chi sa leggere il calcio al di là delle cifre. Una per tutte, quella di Zlatko Zahovic, diventato nel frattempo direttore sportivo del Maribor: «Vedere giocare Rakitic è come veder giocare Federer, sei sicuro che non può perdere la partita. Ivan è il miglior centrocampista di Spagna».

La stagione 2013/2014 di Rakitic è quanto di meglio un calciatore possa offrire in una sola annata. Il centrocampista croato è il capitano del Siviglia, il primo straniero dopo un argentino, Diego Maradona, nella stagione 1992/93. La fascia è consequenziale all’importanza che Rakitic riveste nei rojiblancos, passati nel frattempo sotto la guida di Unai Emery. Rakitic parla così dell’allenatore basco: «Ci confrontiamo tutti i giorni. In questo modo, ho fatto un importante passo in avanti». E intanto mette insieme numeri da capogiro: 47 presenze stagionali tra Liga ed Europa League, 5 lanci lunghi e 38 appoggi corti riusciti di media a partita. Più 12 assist, 2.3 passaggi chiave ogni 90 minuti e 12 gol totali. A Torino, il 14 maggio del 2014, Rakitic vince l’Europa League: è il suo primo trofeo importante, finora ha alzato al cielo solo la Coppa di Svizzera vinta col Basilea. Suo anche il titolo di Man of the Match della finale contro il Benfica.

Dieci secondi, uno schizzo d’arte di Ivan Rakitic nella finale di Torino.

La rivelazione definitiva di Rakitic ha un luogo, una data, una partita, un momento precisi. A Barcellona, al Camp Nou, il 6 maggio 2015. Si gioca Barcellona-Bayern, andata della semifinale di Champions, e i blaugrana stanno vincendo per 1-0. Un attimo prima del gol-capolavoro di Messi, un attimo prima che l’argentino stenda Boateng e superi Neuer con un raffinato pallonetto, un calciatore che non si è fermato mai indovina il corridoio con l’esterno destro. Trova il suo numero dieci, che corre a scrivere la storia e a segnare il gol di cui sopra. Il Barcellona, alla fine, vincerà 3-0. Il calciatore che non si è fermato mai, e che all’ottantesimo ha ancora la lucidità e la classe per pensare e indovinare quel passaggio, naturalmente, è Ivan Rakitic.

Parliamo di rivelazione definitiva perché c’è stata un’Europa League vinta da trascinatore, sì, ma queste partite Rakitic finora le ha viste solo in tv. Eppure viene schierato al posto della leggenda Xavi, ed è tutt’altro che fuori posto. Anzi, lo sostituisce nel senso totale del termine, riuscendo a completare, impersonandolo, il processo di minitrasformazione avviato da Luis Enrique. Il tecnico asturiano ha impostato e voluto una squadra meno rigidamente schiava del tiqui-taca, più veloce e verticale. Rakitic, in questo senso, è stato un ideale uomo transizione: ha raccolto il testimone da Xavi senza scalfirne l’aura, orientandosi a un elegante gioco di corsa e rilancio più che al magistero del passaggio tipico del regista di Terrassa. Non è stato il nuovo Xavi, ma semplicemente Rakitic in un Barcellona leggermente diverso rispetto al passato.

Il gol di Messi è fantascienza, ma anche l’assist non è male

Ogni partita di Rakitic con il Barcellona è una partita necessaria: il croato fa tutto quello di cui il Barcellona-squadra e il Barcellona-ambiente hanno bisogno, contemporaneamente. Corre, ripiega, difende, per poi presentarsi in avanti a inventare giocate di alta scuola.

Rakitic fa tutto quello di cui il Barcellona-squadra e il Barcellona-ambiente hanno bisogno

Luis Enrique, 11 maggio 2015: «Rakitic se ha convertido en un jugador básico para nosotros. Nos aporta mucho poderío táctico y físico, muy dotado para adaptarse al juego asociativo del Barça». Insieme a queste parole andrebbero lette le cifre della prima stagione in azulgrana: 7 gol e 8 assist, 1,1 passaggi chiave a partita e una pass accuracy del 90%. I numeri sono eloquenti anche dall’altra parte del campo: una media di 1.3 tackle a partita, che sale a 2.7 per la stagione 2015/2016, e una palla decisiva intercettata ogni novanta minuti.

Il gol contro la Juventus, realizzato ovviamente in Germania, è quello che chiude il cerchio del destino. Quella sera, Rakitic e il Barça conquistano il Triplete. Nell’intervista post-partita, mentre ha ancora la bandiera croata annodata al collo, Rakitic ripete più volte la parola «incredibile» e trova il tempo per ringraziare Andoni Zubizarreta, l’uomo mercato blaugrana responsabile del suo approdo al Camp Nou. Tra il croato e l’ex portiere della Spagna, il rapporto è speciale: in un’intervista, Zubi ha definito Rakitic come «un numero 8 e insieme un numero 10, un calciatore perfettamente inserito nella nostra idea di gioco».

Bate Borisov-Barcellona 0-2. La prima doppietta di Rakitic con i catalani.

Oggi Rakitic è il terzo calciatore più utilizzato da Luis Enrique nella stagione 2015/2016, con sedici presenze e 1201 minuti in campo. Nell’ultimo match di Champions contro il Bate, ha realizzato i primi gol della sua annata e la prima doppietta in maglia azulgrana. È stato scelto nella shortlist dei 23 candidati per il Pallone d’Oro, ma non ha cambiato il suo atteggiamento rispetto al calcio. Nel 2007, scelse lo Schalke insieme alla famiglia. In una recente intervista al Guardian, ha ammesso come «la mia più grande forza siano le mie due ragazze, mia moglie e mia figlia. Faccio la cosa che più mi piace al mondo nel più grande club del mondo, esco di casa la mattina col sorriso e ritorno la sera col sorriso». Semplice, più che incredibile.

 

Nell’immagine in testata e in evidenza, Ivan Rakitic con la maglia del Barcellona (David Ramos/Getty Images)