Il calcio ai tempi dello Shabbat

In Israele esigenze televisive e vincoli religiosi sono in conflitto: è opportuno giocare a calcio durante lo Shabbat? Una questione lontana dall'essere risolta.

Mentre il sole cala alle spalle del Teddy Kollek Stadium, un manipolo di tifosi si sta accalcando vicino a uno dei baretti fatiscenti disposti ai margini delle tribune: alla fine del primo tempo, un caffè o una bibita fredda servono a lenire il calore che accerchi il campo. Levy è arrivato al campo per seguire il match di seconda divisione tra Hapoel Gerusalemme e Maccabi Herzliya, in campo c’è anche suo figlio, con la maglia dei primi. Nonostante il risultato sia ancora in bilico, bloccato su un tiratissimo 0 a 0, Levy avvicina il suo ragazzo dicendogli: «Lo Shabbat inizia in meno di un’ora». È sicuro che capirà.

Come racconta in un lungo articolo il New York Times, Levy non è l’unico a lasciare lo stadio: una serie di circostanze che coinvolgono diritti televisivi, pianificazione logistica e disponibilità degli stadi, ha reso avvenimenti del genere sempre più frequenti. Molti religiosi appassionati di calcio in Israele hanno dovuto lasciare le gare prima della conclusione. Una costante durante la stagione, dovuta alla volontà di rispettare i dettami del sabato ebraico, che inizia esattamente al tramonto del venerdì. Anche Daniel Cohen, un altro fan dell’Hapoel Gerusalemme che come Levy ha dovuto lasciare lo stadio in anticipo, si è chiesto «perché non possono semplicemente cominciare un’ora prima?».

Maccabi Tel Aviv's fans during their Israeli Winner League football match between Maccabi Tel Aviv and Maccabi Haifa at Kiryat Eliezer Stadium in the Mediterrannean costal city of Haifa north of Israel, on April 29, 2013. AFP PHOTO / JACK GUEZ
Tifosi del Maccabi Tel Aviv nel 2013 (Jack Guez/AFP Photo)

La ragione principale è una: il denaro. Il governo della Professional Football League israeliana, che è a capo delle prime due divisioni del Paese, ha stretto accordi con una televisione per trasmettere le partite di campionato in alcune finestre ben precise, una delle quali comincia appunto il venerdì alle 15. Le ricadute di tali scelte sono, tuttavia, più complesse: cominciare le gare in quell’orario, soprattutto in inverno, significa correre il rischio di far coincidere pericolosamente le gare con l’arrivo del tramonto. Per molti appassionati che non guidano o utilizzano energia elettrica durante lo Shabbat, telefoni cellulari compresi, tornare a casa per stare con la propria famiglia richiede spesso l’uscita anticipata dallo stadio. Per molto tempo il governo calcistico ha spinto per far disputare le gare di sabato, ma dopo le proteste di un nucleo di circa 200 calciatori che non volevano scegliere tra la santità del sabato e i loro obblighi in quanto parte delle squadre in cui militano. La disputa ha avuto risvolti inusuali, tra giudici che chiedevano al governo di validare esenzioni e deroghe e il rifiuto deciso del ministro incaricato, in quanto membro di un partito politico ultra-ortodosso. Questioni controverse che attraversano ancora il paese, rimbalzando nei tribunali e le comunità sportive del paese, senza trovare ancora soluzione.

La questione si inspessisce a diversi strati. Non solo le tifoserie ma anche calciatori come Guy Dayan, centrocampista dell’Hapoel Acre, club di prima divisione. Dayan è uno dei tanti giocatori che mancano spesso le riunioni pre-partita. Quando l’Hapoel Acre gioca di sabato, rimane in un albergo diverso da quello dei compagni, a pochi passi dallo stadio. Dopo la gara, Dayan, che si è detto molto più religioso da circa 6 anni a questa parte, torna in albergo ad attendere il sabato mentre i suoi compagni lasciano lo stadio in autobus. Dayan ha difeso la scelta di giocare durante lo Shabbat – qualcosa che la maggioranza degli ortodossi si rifiuterebbe di fare perché proibito. Per lui è solo un lavoro che gli permette di provvedere alla sua famiglia, un’evoluzione di qualcosa che è cambiato profondamente rispetto a vent’anni prima, in cui «i calciatori estremamente religiosi avrebbero deciso di smettere con il calcio, o giocato soltanto in club di terza divisione, dove non si gioca durante lo Shabbat». Anche se il numero di ebrei altamente religiosi a prendere parte alle gare pare essere in continua crescita. Dov Lipman, un ex membro del parlamento israeliano che ha lavorato per colmare i divari culturali tra ebrei osservanti e laici, ritiene che questo gruppo stia spingendo per una rivalutazione del concetto stabilito secondo cui gli sport competitivi siano principalmente sotto il dominio degli israeliani laici.

Spalti occupati dai tifosi dell'Hapoel Beer Sheva (David Buimovitch/EuroFootball/Getty Images)
Spalti occupati dai tifosi dell’Hapoel Beer Sheva (David Buimovitch/EuroFootball/Getty Images)

In passato, gli ebrei religiosi hanno spesso scoraggiato i loro figli di partecipare a sport organizzati a causa degli inevitabili conflitti con il sabato. «Ma quel gruppo sta rivalutando la questione, perché vogliono essere coinvolti», ha detto Lipman. Si sta lavorando per pianificare più gare di domenica, una giornata lavorativa e giorno di scuola in Israele, ma significherebbe considerarlo come un secondo giorno di riposo per l’intera società israeliana, una questione tutt’altro che semplice.

Per ora, la discussione continua. Dayan sostiene che i calciatori hanno ricevuto il sostegno delle più grandi squadre del paese, come il Maccabi Tel Aviv, Maccabi Haifa e Beer Sheva, che si sono dette a favore delle proteste contro l’intrusione dei match durante lo Shabbat. Il punto è che non hanno potuto schierarsi pubblicamente per paura di ritorsioni contro il club. Se la questione non verrà risolta questa primavera, Dayan e gli altri calciatori sono pronti a protestare di nuovo, prendendo anche in considerazione uno sciopero all’inizio della prossima stagione. Per molti il professionismo e la religione continuano ad essere elementi inconciliabili. Mentre il sole cala alle spalle degli stadi c’è chi è già fuori dallo stadio, sulla strada di casa e della fede.

 

Nell’immagine in evidenza, un giovane tifoso dell’Hapoel Beer Sheva durante una gara contro l’Hapoel Kiryat Shmona (David Buimovitch/EuroFootball/Getty Images)