Zeroes to heroes

Il Leicester racconta più di una vittoria sportiva: viaggio anche mediatico nella stagione delle Foxes, dallo scetticismo all'esaltazione collettiva.

Nessuno impazzisce all’improvviso. Ci sono sintomi, crisi e segni evidenti di peggioramento. Lo spiegano bene i manuali di psichiatria, anche se Freud a dire la verità se la cavava meglio con i complessi che con gli schemi di gioco. Se qualcuno sta perdendo la ragione, te ne accorgi prima. E ora, mentre 330mila tifosi di una cittadina delle East Midlands danno ufficialmente di matto per la gioia, è utile provare a risalire indietro nel tempo, per capire come la febbre sia salita fino a diventare incurabile, fino a portare al titolo.

5000:1

È il 13 luglio quando – tra una dozzina di pretendenti – spunta il nome di Claudio Ranieri come sostituto di Nigel Pearson sulla panchina del Leicester City. «Ranieri? Really?» commenta su Twitter una leggenda come Gary Lineker. Ha esperienza, ma è una scelta poco ispirata. Sono i soliti vecchi nomi». «Il suo ritorno in Premier dopo quel che è accaduto in Grecia mi sorprende molto», lo punzecchia Harry Redknapp.

La Bbc pronostica la retrocessione evitata quasi per miracolo l’anno prima; il Daily Star sottolinea come spesso le sue gestioni non siano durate che qualche mese (Parma, Valencia, Inter). «Nobody expected», nessuno lo aspettava.  Ranieri è accolto da uno scetticismo pressoché totale anche tra i tifosi, ancora riconoscenti a Pearson per la salvezza e affascinati dal possibile ritorno in panchina di Martin O’Neill, il ct dell’Eire e vecchio mister delle Foxes. Per di più l’unico obiettivo immediato, ovvero convincere Esteban Cambiasso a restare, fallisce miseramente: il Cuchu vola all’Olympiacos e il malumore monta. Ranieri, che ancora sanguina per la sconfitta inflitta dalle Far Oer alla sua nazionale greca, non replica: tace e firma il suo contratto da 1,5 milioni di sterline alla faccia di chi dà il suo Leicester vincente 5000 a 1, meno probabile dell’apparizione di un redivivo Elvis o del mostro di Loch Ness. Ma al titolo chi ci pensa? Di sicuro non lui, il Tinkerman che ai tempi del Chelsea rabberciava di continuo la formazione: «Il nostro obiettivo sono i 40 punti».

MANCHESTER, UNITED KINGDOM - MAY 01: A flare is let off by Leicester fans during the Barclays Premier League match between Manchester United and Leicester City at Old Trafford on May 1, 2016 in Manchester, England. (Photo by Laurence Griffiths/Getty Images)

Fuori dal coro

La «great gamble», la grande scommessa di cui parla la stampa inglese, inizia al King Power Stadium l’8 agosto con un 4-2 sul Sunderland che spiazza un po’ tutti. Per il Daily Mail «una prestazione ancor più impressionante del risultato: sembra di vedere il Chelsea di 11 anni fa». E a fine partita, quei buontemponi della tribuna cantano il più classico dei cori ironici: «We are top of the League». Salutate la capolista, grossomodo. E in quel bel pomeriggio d’estate, Ranieri inocula il primo germe di follia nella sua gente: «Ho detto ai miei giocatori di ascoltare la canzone che si intitola “Fire” (dei Kasabian, ndr), perché la gente vuole dei guerrieri in campo». Detto, fatto. Vittoria ad Upton Park, pari in rimonta col Tottenham, altri due pareggi e una vittoria: i guerrieri si battono bene, trascinati da un Riyad Mahrez sontuoso che solo pochi anni prima era arrivato a Leicester ammettendo candidamente di non aver mai sentito nominare prima il club: «Pensavo fosse una squadra di rugby».

La prima vittoria, il 4-2 al Sunderland

La trincea della pizza

Il Leicester si comporta bene, ma tra le potenziali sorprese impressiona molto di più il West Ham di Bilic, che ha battuto in trasferta Arsenal, Liverpool e Manchester City. Le lineette di febbre nella tifoseria di Leicester sono sparite grazie a una medicina tanto infallibile quanto amara: il realismo. Troppi gol subiti, nelle prime nove giornate nemmeno una volta la porta di Schmeichel è rimasta inviolata. Così Ranieri si inventa il patto della pizza: «Ho detto ai ragazzi che offrirò  la pizza se non prenderemo gol. Se succederà con l’Arsenal, ci faremo mettere anche dei funghi extra». Ecco, forse ai giocatori i funghi fanno schifo, perché i Gunners ne fanno cinque e li sbattono al sesto posto. Ma basta garantire che nessun porcino intaccherà la loro pizza che – voilà – grazie alla cucina mediterranea e a più attenzione, col Crystal Palace il 24 ottobre finisce 1-0. Sarà la prima di 7 vittorie di misura, prima di 15 partite senza subire reti, di sicuro la più gustosa. Anche se alla fine a Vardy e soci tocca pure impastarsela la pizza, nella Peter’s Pizzeria di Leicester: «Giusto così», commenta il mister, «devono lavorare per ottenere i risultati, quindi devono lavorare anche per la pizza».

Le undici fatiche di Vardy

Mentre la difesa ha avuto bisogno di un aiutino per registrarsi, c’è qualcuno che funziona meglio di un cronografo. È Jamie Vardy, il bomber operaio che monopolizza le cronache sportive dei giornali d’Europa. Undici partite di fila nel tabellino marcatori, dagli ultimi caldi del 29 agosto alla pioggia gelida del 28 novembre. Ha battuto il record di Van Nistelrooy, ha conquistato la Nazionale a furor di popolo, il suo nome è scritto nella storia della Premier. «Jamie’s having a party», titola il Leicester Mercury. Sono cose che lasciano il segno nell’ego di un tifoso. Non puoi avere in squadra un centravanti più preciso di un cecchino a Stalingrado e rimanere coi piedi per terra. Non puoi soprattutto se la squadra vola con i suoi gol, come fa il Leicester, che il 21 novembre dopo il 3-0 a Newcastle è di nuovo primo in classifica. Si scherza anche in conferenza stampa e Ranieri fa la faccia cattiva a chi gli chiede se vuole vendicarsi di Quique Sanchez Flores, oggi al Watford, che lo sostituì al Valencia: «Sì, vendetta! Voglio ucciderlo!». Ridono. Si respira una strana atmosfera, come quando il gas esilarante pervade l’aria. «Ci stiamo solo divertendo», spiega Fuchs. Ogni giornata sembra una festa, ma alla fine tutti sono convinti: prima o poi torneremo coi piedi per terra.

I tredici gol in undici partite di Vardy

A Christmas Carol

Dicembre però non è il mese adatto a riprendere confidenza con la forza di gravità. Drinkwater corre, King corre, Kantè corre più di tutti, tanto che Ranieri si convince che abbia una batteria nascosta da qualche parte: «Il Leicester è come Forrest Gump: perché non può continuare a correre, correre, correre?». E correndo si vince. Vittoria a Swansea, vittoria a Goodison Park, ma soprattutto un 2-1 al Chelsea che funziona da Viagra dell’autostima. Perché costa l’esonero all’arcinemico storico di Ranieri, quel Mourinho che gli aveva sgarbatamente dato del settantenne; e perché fa dire al tecnico portoghese: «Sul Leicester mi sono sbagliato, può vincere il titolo». Forse è vero, forse è Natale e persino l’ex Special One è più buono. Fatto sta che Santa Klaus arriva e porta in dono alle Foxes un nuovo record: primo club della Premier a essere ultimo in classifica nel Natale precedente e primo quello successivo. Cinque punti sull’Arsenal con una partita in meno bastano per festeggiare e Ranieri regala a tutti un campanello: «Fin dall’inizio, quando qualcosa andava male ho sempre detto ai ragazzi: “Dilly-ding dilly-dong, sveglia!” Ecco perché ho regalato loro un campanello». Un racconto di Natale tutto campanelle, buoni sentimenti, generosità e operosità che forse sarebbe piaciuto a Dickens: chi ha scritto Oliver Twist difficilmente avrebbe tifato per il Chelsea.

 Jamie Vardy festeggia il gol contro il Chelsea, l'ultima partita di Mourinho (Laurence Griffiths/Getty Images)
Jamie Vardy festeggia il gol contro il Chelsea, l’ultima partita di Mourinho (Laurence Griffiths/Getty Images)

I gufi di Capodanno

Eppure il cappone non fa bene ai ragazzi di Ranieri. Né tantomeno i campanelli li svegliano. Al Boxing Day il Liverpool vince 1-0, il 29 dicembre col City finisce 0-0 e il 2 gennaio ancora a secco col Bournemouth. Il «magnifico cavallo» Vardy non segna più, Mahrez sbaglia i rigori e l’Arsenal torna primo. L’infatuazione collettiva si attenua: ecco che arriva l’inevitabile flessione, grazie comunque, che bel girone di andata, i 40 punti promessi li abbiamo già messi in cascina ma ora è tempo di prendere coscienza che le favole non esistono, i cavalli non giocano centravanti e le lepri corrono veloci ma poi i cani alla fine le prendono.

Una su tre

E in effetti le lepri – anzi, le Foxes – vengono azzannati dal Tottenham. Fortunatamente non accade in Premier, bensì in Fa Cup, dove gli Spurs si aggiudicano la ripetizione del match finito 2-2. Però in campionato, dove conta, il Leicester non sbaglia e il 13 gennaio con un colpo di testa di Huth all’83° sbanca White Hart Lane in quella che col senno di poi sarà la gara decisiva della stagione. Tra le tre sfide, si vince quella che conta davvero. Eliminati dalle altre competizioni e dunque concentrati sulla Premier, i ragazzi di Ranieri possono provare a mettersi alle spalle il mese più complicato dell’anno.

Il gol di Huth contro il Tottenham (Olly Grenwood/Afp/Getty Images)
Il gol di Huth contro il Tottenham (Olly Grenwood/Afp/Getty Images)

«Hope for everybody»

Il calendario è tremendo ma la risposta della squadra è devastante: 3-0 allo Stoke, 2-0 al Liverpool e 3-1 al Citizen Stadium di Manchester. Ed è all’indomani di quella dimostrazione di forza, dopo che perfino Wenger li ha dati per favoriti, che Ranieri parla per la prima volta di titolo: «È quest’anno o mai più. In un’era in cui il denaro conta per tutto, noi diamo speranza a chiunque. Ho detto ai miei ragazzi: cercate il fuoco dentro di voi, una chance come questa non capiterà un’altra volta». L’incendio delle aspettative è divampato, l’euforia comincia a diventare di difficile gestione. Il tecnico spiega che alla squadra concede due giorni liberi a settimana, parla poco di tattica e permette ai giocatori di mangiare quel che vogliono. I giornali italiani cominciano a dedicare paginate al tecnico romano, si parla di “fenomeno Leicester”. La curiosità per la favola di Cenerentola diventa morbosa voglia di vedere come andrà a finire.

I giorni più freddi

Dato che le favole hanno sempre un colpo di scena, oltre che una morale, febbraio porta in dote al Leicester un bel po’ di guai. A San Valentino perde all’Emirates Stadium, il 27 batte il Norwich solo all’ultimo istante con un gol di Ulloa, e il primo marzo non va oltre il 2-2 con il modesto Wba. Il 2 marzo il Tottenham gioca per l’aggancio. In tanti ora tremano, perché tutti sanno che l’adrenalina è un elemento instabile e le energie nervose della partenza a razzo e di una stagione vissuta da “underdog”, da outsider assoluto, possono svanire in un attimo. Ranieri inizia a fare il pompiere, dispensa complimenti a tutti, sottolinea l’incredibile annata. Poi Antonio del West Ham decide che non è tempo di far rinsavire i tifosi del Leicester: gli Hammers vincono il derby 1-0 e il Tottenham resta a 3 punti dalle Foxes. È la svolta mentale, l’innesco della dinamite, lo scampato pericolo che infonde coraggio. Inizia la primavera, la stagione del delirio.

Santo subito

Dal 5 marzo al 10 aprile Ranieri non sbaglia un colpo. Cinque vittorie (quattro per 1-0) e zero gol subiti. Alex Ferguson, che di calcio qualcosa capisce, non ha dubbi: «Il Leicester vincerà il titolo con tre giornate di anticipo, lo merita: gli 1-0 significano che non hanno paura e sono uniti». E nessuno oserebbe dire il contrario, se si esclude il mesto Gokhan Inler relegato stabilmente in tribuna. Dopo il 2-0 al Sunderland Ranieri piange di emozione in campo quando vede una vecchia signora giunta in trasferta per aiutare la squadra. La Gazzetta titola «Italian style», Newsweek elogia i «Game changers». La speranza ormai è un maremoto e un contagio e nemmeno Ranieri riesce più a convincere nessuno a non volare di fantasia: «Lasciamoli sognare, noi continuiamo a lavorare». Come se fosse facile lavorare in una città dove il sindaco ha promesso di dedicare una strada al mister, dove la premiata macelleria W. Archer & Son ha creato la “Ranieri sausage” con finocchietto, peperoncino e aglio, dove i tifosi chiamano i figli Claudio, dove Rob Tanner ha già scritto il libro 5000-1 e aspetta solo un fischio finale per pubblicarlo.

Il gol di Jamie Vardycontro il Liverpool (Ben Stansall/Afp/Getty Images)
Il gol di Jamie Vardy contro il Liverpool (Ben Stansall/Afp/Getty Images)

From zeroes to heroes

Il clima idilliaco rischia di infrangersi ad Upton Park, sotto le martellate del West Ham e i colpi di fischietto stonati dell’arbitro, che prima espelle Vardy per una simulazione inesistente, poi al 96° – sul 2-1 per gli Hammers – concede al Leicester un rigore ancor più fantomatico. Ulloa non sbaglia, fa 2-2 e l’esultanza sembra da finale di Champions League. Non servono gli aruspici per interpretare certi segni, basta l’istinto del tifoso, per quanto scaramantico possa essere. Così quello che nelle intenzioni di Ranieri doveva essere un discorso per smorzare gli entusiasmi diventa il simbolo di una epopea: «Voi parlate di titolo, bla bla, ma dimenticate che siamo in Champions League! Dilly-ding dilly-dong, è fantastico, grande risultato!». Il risultato? Un video da brividi in cui la gente comune lo ringrazia come se fosse un padre, un fratello, un benefattore: il simbolo concreto di come lo scetticismo trasformato in speranza sia diventato prima euforia collettiva e infine amore e infinita gratitudine.

Concentrato, contro il Manchester United (Oli Scarff/Afp/Getty Images)
Concentrato, contro il Manchester United (Oli Scarff/Afp/Getty Images)

Il resto sono storie di pareggi, punti fatti e punti persi; gli scommettitori che si apprestano a pagare il maggior esborso per un singolo evento sportivo (per William Hill solo 25 persone avevano puntato sul Leicester: totale delle scommesse 68 sterline e 50 pence) e il Sun che dopo l’1-1 dell’Old Trafford titola «So near and sofa»: così vicini e sul sofà, a gufare i rivali. Così vicini e pure così italiani, come Ranieri, che il giorno del match decisivo lo ha passato dalla mamma 96enne, facendo venir voglia di abbracciarlo a una città intera. Il Daily Mirror titola «History makers», la Gazzetta «King Claudio». Ma è «Zeroes to heroes» lo slogan più gettonato il giorno dopo il trionfo.