Il suono dell’aurora

Un racconto di aurore boreali e storia islandese, di capitani e Skallagrímur, il licantropo. Da dove nasce la tempra della nazionale di Lagerbäck?

islanda

«Livello 6 a fine marzo è quasi impensabile, non perdere l’occasione». Óskar e Bjartur sedevano di fronte a me nella vasca circolare, quella intermedia, acqua a 38 gradi. Fuori ce n’erano sono 2. Le piscine all’aperto sono il luogo di ritrovo preferito dagli islandesi: ogni cittadina, a prescindere dalle dimensioni, ha il suo impianto, rigorosamente alimentato ad energia geotermica. Sono aperte dalle 6 del mattino alle 10 di sera, funzionano anche quando nevica e sono il modo migliore per incontrare i locali e scambiarci qualche battuta. I miei due interlocutori mi avevano appena consigliato di dedicare quella notte, la mia ultima in Islanda, alle aurore boreali. Il sito dell’ufficio meteorologico nazionale, accanto al monitoraggio di vulcanismo e terremoti, ha anche un’intera sezione dedicata alla previsione delle Northern Lights: un numero da 1 a 9, calcolato in base all’attività solare e alla presenza di nubi, indica la probabilità di assistere al fenomeno. Livello 6 corrisponde a Very High.

«Dove mi consigliate di andare, per vederle meglio?» «Il parco Bjössaróló, vicino al porto, è un ottimo posto. Le luci del centro abitato lì non ti daranno fastidio. Verremmo con te, ma stasera abbiamo gara 2 dei playoff». Óskar e Bjartur giocavano nella squadra di basket di Borgarnes, serie B islandese. Avevano appena finito il loro allenamento nella struttura polifunzionale adiacente alle piscine, un palazzetto da 1000 posti a sedere in un comune di 1700 persone. Nelle partite casalinghe non ci sono posti liberi. Oltre a pallacanestro, lì dentro si gioca a pallamano e badminton. Il campo da calcio, invece, è un po’ fuori dal centro abitato perché è una struttura nuova, coperta, come è molto frequente in Islanda. L’introduzione dei campi indoor ha permesso di trasformare il calcio da divertimento dell’estate a sport praticabile tutto l’anno, anche se la stagione agonistica è tuttora concentrata tra maggio e settembre. Significa che i calciatori del campionato islandese vivono la pre-season più lunga del mondo: ben cinque mesi, da gennaio a maggio, sono dedicati esclusivamente a preparazione atletica e tattica. «Quasi tutti, da bambini, pratichiamo 2 dei 3 sport contemporaneamente, a giorni alterni. Lo Stato paga per noi una buona parte dei costi di iscrizione».

Picture taken on November 8, 2013 shows northern lights or aurora borealis near the village of Vik, in southern Iceland. AFP PHOTO / MARTIN BUREAU (Photo credit should read MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images)
L’ aurora boreale vista nei pressi del villaggio di Vik, nel sud dell’Islanda (Martin Bureau/Afp/Getty Images)

Aron Gunnarsson, simbolo dell’Islanda dei miracoli a Euro 2016, ha giocato a lungo a calcio e pallamano nella sua Akureyri, la “capitale del nord”, famosa per essere dotata di un porto libero dal ghiaccio durante l’inverno. Suo fratello Robert gioca nell’Amburgo di pallamano ed è punto fermo della nazionale, mentre Aron ha optato definitivamente per il prato verde solo a 16 anni. Il retaggio più evidente dell’altro sport amato dal centrocampista del Cardiff sono la precisione e la potenza delle sue rimesse a laterali, che hanno già portato in dote agli uomini di Lagerbäck due gol decisivi nella fase finale di questo Europeo. Entrambi a firma Ragnar Sigurðsson, entrambi a conclusione di schemi eseguiti alla perfezione. I suoi compagni di nazionale, a partire dal complementare Gylfi Sigurðsson, sono sicuri che Aron sarebbe potuto diventare professionista in qualsiasi sport di squadra avesse voluto, perché «in lui il viking element è presente in quantità incontenibili». Lars Lagerbäck l’ha designato capitano già all’inizio della sua gestione, più di quattro anni fa: aveva appena 23 anni. Lui si schernisce: «Che tipo di giocatore sono? Diciamo che non sono esattamente un giocatore tecnico», dice.


Qualche gol realizzato da Gunnarsson

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Seguendo le indicazioni di Óskar e Bjartur, subito dopo cena ho lasciato il mio ostello e mi sono avviato verso il parco Bjössaróló, destinazione aurora. Erano le 23 e il cielo era completamente sgombro da nubi: la penisola di Snæfellsnes, che si protende nell’Atlantico a un paio d’ore di macchina da Reykjavik in direzione Nord-Ovest, è considerata un paradiso dei fotografi, una regione ad altissima frequenza di aurore boreali. A metà strada ho superato il celebre “Settlement Center”, uno dei musei meglio recensiti del Paese. Due esposizioni iper-multimediali raccontavano rispettivamente i primi anni della colonizzazione vichinga dell’antica “terra di Garðar” – presto ribattezzata Ísland, terra del ghiaccio, a causa di una serie di inverni non particolarmente miti – e le vicende salienti della saga di Egill, forse la più nota della ricchissima tradizione letteraria islandese.

A 100 metri dal museo un cartello indicava il luogo esatto in cui Skallagrímur, padre di Egill e presunto licantropo, tentò di uccidere suo figlio durante una partita di un gioco con la palla. Si era intorno all’anno 1000. La balia salvò il ragazzo, ma finì poi per essere giustiziata insieme al miglior amico di Egill. Di lì a breve il giovane avrebbe assecondato la sua indole di ribelle:

“Questo ha consigliato mia madre:
per me dovrebbero essere acquistati
una galea e buoni remi
per procedere vogando.
Così io starò ritto in piedi
a governare una nobile barca
mantenendo la rotta verso l’approdo
e
uccidendo molti nemici”.

 

Teenage boys attend a training on June 28, 2016 at the the football club Afturelding in Mosfellsbaer, outside of Reykjavik, where national Iceland's football player Hannes Haldorsson trained as a teenager. / AFP / Karl Petersson / TO GO WITH AFP STORY BY HUGUES HONORE (Photo credit should read KARL PETERSSON/AFP/Getty Images)
Uno scatto dal campo di Afturelding a Mosfellsbaer, appena fuori Reykjavik. Qui si allenava da ragazzo Hannes Haldorsson, portiere della Nazionale islandese (Karl Petersson/Afp/Getty Images)

Sarebbe impossibile, oltre che scientificamente scorretto, scindere le qualità fisiche e mentali dei calciatori islandesi del 2016 dall’evoluzione demografica della popolazione isolana, visto che i 320mila abitanti attuali sono tutti singolarmente riconducibili al nucleo iniziale di colonizzatori: ricostruire il proprio albero genealogico completo, in Islanda, è operazione piuttosto semplice. Se i capelli chiari e la corporatura robusta sono eredità genetica macroscopica, un po’meno immediata ma altrettanto effettiva è la trasposizione sul piano psicologico. Viðar Halldórsson, sociologo dello sport, ha studiato a lungo l’argomento: «Gli sportivi islandesi sono spinti da un insieme di costumi, valori e fattori ambientali unici che li portano ad eccellere negli sport di squadra».

Lo spirito unitario che rende il 4-4-2 di Lagerbäck così solido e compatto, nonostante una linea difensiva tremendamente arretrata e predisposta alla sofferenza, affonda le sue radici nell’attitudine degli islandesi a collaborare. Ragnar Sigurðsson, autore di due gol finora nella cavalcata europea della nazionale, sintetizza così: «Quando sei in panchina, in genere speri che chi gioca al posto tuo faccia una brutta partita, così la prossima volta tocca di nuovo a te. Tuttavia in questa squadra tutti sperano fortemente di vincere anche quando vengono sostituiti. È la prima volta in carriera che mi accade una cosa del genere».


Gli highlights degli ottavi contro l’Inghilterra

Il nucleo fondamentale del gruppo attuale si è formato nel corso di 10-15 anni, passando attraverso tutta la trafila delle selezioni giovanili: i componenti della generazione d’oro del calcio islandese hanno avuto il tempo di conoscersi a fondo e di stimolarsi a vicenda, di continuo. Arnór Ingvi Traustason, uno dei nuovi innesti, autore dello storico gol del 2-1 contro l’Austria nell’ultima gara del girone, ripete spesso di essere estasiato dall’intensità con cui lavora in allenamento Gylfi Sigurðsson: il giocatore più talentuoso della squadra è anche uno di quelli che corre di più.

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GRUNDARFJORDUR, ICELAND - APRIL 08: Kviabryggja Prison in western Iceland sits between the Atlantic Ocean and lava fields on April 8, 2016 in Grundarfjordur, Iceland. Numerous bankers and executives, after having been convicted of wrong doing after the 2008 banking crisis in Iceland, have been sentenced to the prison which consists of a complex of old farmhouses Icelandic Prime Minister Sigmundur David Gunnlaugsson has stepped down after news broke last Sunday that he had hid his assets in an offshore shell-company whose existence was revealed by the Panama Papers. Numerous leaders around the world as well as wealthy individuals have been caught-up in the developing scandal. The island nation of just 320,000 people had only recently recovered from the global banking collapse in 2008. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)
La prigione di Kviabryggja nell’ovest dell’Islanda (Spencer Platt/Getty Images)

Óskar mi ha confessato di non aver mai visto l’aurora boreale: «Più che altro non sono mai uscito apposta per vederla. Sì, mi capita di tornare a casa in macchina e vedere quei colori nel cielo, ma non ci faccio caso. È come vedere le nuvole, o la neve”. Bjartur, invece, si organizza per godersela ogni volta che può. Su suo consiglio, la mia ultima notte in Islanda mi sono piazzato di fronte all’oceano, su una panchina fiorita di un bar noto per essere apparso in una breve sequenza di I sogni segreti di Walter Mitty, il film di Ben Stiller ambientato quasi interamente in Islanda. Ero solo, con la sciarpa arrotolata fin sul naso, Megas nelle orecchie e gli occhi puntati verso un cielo drammaticamente scuro.

A un certo punto, senza alcun preavviso, un profilo irregolare come un sismogramma ha tranciato l’orizzonte; un tratto fluorescente ha interrotto il blu in direzione sudovest-nordest, e una serie di colonne luminose, di un verde sempre più intenso, ha incominciato la sua danza in un cielo che pareva liquefarsi. Era l’aurora boreale di intensità 6, la mia prima, ed è durata un minuto scarso. Dopo di che è diventata un ricordo, impressa soltanto nella mia rètina e nelle memorie di qualche macchina fotografica molto buona. Da ottobre ad aprile, decine di pullman partono ogni notte da Reykjavík, carichi di turisti quasi tutti orientali, e vagano attraverso l’Islanda a seconda dell’aggiornarsi dell’Aurora Forecast. Tutti gli operator garantiscono la visione del fenomeno al 90% e nel paese il turismo da northern lights è secondo solo a quello legato alle balene.

Teenage boys attend a training on June 28, 2016 at the the football club Afturelding in Mosfellsbaer, outside of Reykjavik, where national Iceland's football player Hannes Haldorsson trained as a teenager. / AFP / Karl Petersson (Photo credit should read KARL PETERSSON/AFP/Getty Images)
Un allenamento nel campo di Afturelding a Mosfellsbaer (Karl Petersson/Afp/Getty Images)

Pochi giorni fa una compagnia di whale watching di Húsavík ha offerto a tutti i componenti della nazionale di calcio francese un tour gratuito, a parziale consolazione dell’ ”inevitabile sconfitta” che attende Griezmann e compagni nell’imminente quarto di finale contro i vichinghi. Gli islandesi, in uno dei loro frequentissimi moti di ottimismo e fiducia cosmica, credono fermamente alla rivincita della finale olimpica del 2008: quella volta si trattava di pallamano, e la Francia di Karabatic superò Robert Gunnarsson e compagni per 28 a 23. Stavolta è diverso, dicono a Reykjavik. La divisa della nazionale, che sta spopolando tra fan e simpatizzanti di ogni risma, viene paragonata in patria a una specie di corazza. Heimir Hallgrímsson, co-allenatore, ha un’idea molto chiare sull’argomento: «La mia nazione non ha un esercito. Siamo troppo pochi, perderemmo ogni guerra a cui ci toccasse partecipare. Questa squadra è il nostro unico, vero esercito».

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Pare che, durante un’aurora di particolare intensità, i giochi luminosi possano essere accompagnati da particolari effetti sonori. Una specie di battito di mani, secondo gli scienziati. In questo periodo, a causa delle 24 ore di luce, è impossibile verificare tutto ciò con i propri sensi. Ma esiste un’approssimazione affidabilissima del suono dell’aurora, e sta facendo il giro della Francia. Comincia dalle braccia di Aron Gunnarsson.

 

Nell’immagine in evidenza, il centrocampista islandese Aron Gunnarsson durante una sessione di allenamento in vista della gara contro la Francia (Tobia Schwarz/Afp/Getty Images)