La Rio che non splende

Dal terrore attentati alla questione favelas. Con le Olimpiadi alle porte la città di Rio ha ancora delle questioni importanti da risolvere.

Le Olimpiadi più blindate della storia iniziano in un clima di forti timori per la possibilità di attentati terroristici ma anche di apprensione per i tanti, troppi problemi organizzativi. L’epopea della città meravigliosa, questa volta, sembra non bastare per assicurare a Rio de Janeiro di compiere la promessa, tipicamente brasiliana, di ospitare la “più grande festa del mondo”. Violenza, criminalità, terrorismo, nessuno, alla vigilia, dorme sogni tranquilli. Settantamila uomini armati pattuglieranno le strade, gli impianti sportivi, i punti turistici. Il controllo del territorio aspira ad essere capillare, per quanto possa esserlo in una città di sette milioni di abitanti, che si prepara a ricevere non meno di 400mila visitatori. Rio è enorme e assolutamente variegata dal punto di vista geografico, con colline, montagne, selva tropicale e spiagge. Realtà difficile, complessa, città simbolo ed espressione viva della frase celebre del grande Tom Jobim, quando diceva che «il Brasile non è un paese per principianti».

In cima alle preoccupazioni del governo brasiliano e di tutti gli altri paesi è il terrorismo. Il Brasile non è schierato nella lotta contro il terrore, ma i Giochi sono un palcoscenico che può far gola al terrorismo islamico. La polizia federale brasiliana ha arrestato a metà luglio una dozzina di giovani che solo con grandissima immaginazione si potrebbero definire come un avamposto dello Stato Islamico. Quattro di loro avrebbero fatto giuramento on line alla causa del terrorismo. Hanno iniziato in un gruppo Whatsapp e in alcune pagine di Facebook a rallegrarsi per gli attentati di Orlando e Nizza e poi sono passati ad una fase più preparatoria. Uno di loro ha contattato un sito del Paraguay specializzato in vendita di armi. Il Ministro della giustizia De Moraes ha spiegato che non rappresentavano un pericolo reale ma che andavano fermati prima che lo diventassero. Brasilia ripete da tempo che non c’è una probabilità alta di attacchi, ma che nessuno può escludere l’azione isolata di lupi solitari.

TOPSHOT - Waste litters the water as a sailor prepares for a training session at Rio de Janeiro's Guanabara Bay on August 1, 2016 ahead of the 2016 Rio Olympic Games. / AFP / WILLIAM WEST (Photo credit should read WILLIAM WEST/AFP/Getty Images)
I rifiuti con cui hanno a che fare gli atleti che si allenano nella Baia di Guanabara, sede delle gare olimpiche di vela (William West/Afp/Getty Images)

Almeno diecimila richieste di accrediti sono state bloccate, mentre una quarantina di persone sospettate di vicinanza con il terrorismo sono sotto l’attenzione di una task force internazionale. Preoccupa la fragilità delle frontiere e l’alto numero di armi abitualmente in circolazione a Rio e dintorni. Lo schema di sicurezza non è solo il più grande della storia olimpica ma è anche il maggiore mai visto per un evento pubblico in Brasile Ogni struttura avrà dei compiti precisi, sotto la coordinazione di un comando congiunto. I corpi speciali della polizia vigileranno le arene olimpiche, il villaggio degli atleti e il centro stampa, l’esercito gli aeroporti e le vie di accesso alla città; la marina militare sarà sulle spiagge e nei punti turistici come il Cristo Redentore e il Pan di Zucchero. La polizia federale, assieme ai servizi segreti dei singoli paesi, scorterà le delegazioni con i capi di Stato. Da un mese sono in corso una serie di esercitazioni e simulazioni di attacchi a treni, hotel, aeroporti. C’è stato spazio anche per un piccolo giallo. Secondo Liberation i servizi segreti di Parigi avrebbero allertato l’Eliseo su un piano per attaccare la folta delegazione francese presente ai giochi. Brasilia, di questo, non sapeva nulla e questo ha gettato qualche perplessità sull’effettiva collaborazione in corso fra le intelligence. E poi c’è il fattore della violenza e della criminalità in genere. A Rio operano grandi gruppi armati e la polizia è famosa per avere un grilletto fin troppo facile e spesso a danno di civili innocenti, quasi sempre poveri neri delle favelas.

RIO DE JANEIRO, BRAZIL - JULY 31: An aerial view of the Christ the Redeemer statue as Rio prepares for the 2016 Summer Olympic Games on July 31, 2016 in Rio de Janeiro, Brazil. (Photo by Patrick Smith/Getty Images)
Una veduta aerea del Cristo Redentore a Rio de Janeiro (Patrick Smith/Getty Images)

Nei primi sei mesi dell’anno 3.023 persone sono state assassinate nello Stato, il 17% in più rispetto all’anno scorso; sono sedici persone che ogni giorno perdono la vita. Nel solo municipio di Rio la polizia ha ucciso 307 persone nel 2015. Negli ultimi 10 anni la polizia in tutto lo Stato di Rio ha ucciso più di 8.000 persone, uno degli indici più alti al mondo per quel che riguarda le forze dell’ordine. Morti che non conoscono giustizia; solo il 4% dei casi arriva in un tribunale e le sentenze di condanna nei confronti degli agenti sono poche decine. Lo Stato ha iniziato nel 2006 una controversa politica di pacificazione delle favelas, con la creazione di unità di polizia ad hoc, le Upp, che è stata elogiata all’inizio, ma che poi si è sfilacciata su più fronti. Molte favelas sono oggi tornate sotto il controllo dei gruppi di narcos più importanti, Comando Vermelho, Terceiro Comando o Ada, Amigos dos amigos. La pacificazione non è stata un’ idea sbagliata in sé, ma la sensazione è che sia stato fatto il passo più lungo della gamba. Si è voluto attingere un alto numero di favelas per dimostrare al mondo che Rio stava diventando una città sicura capace di ospitare i grandi eventi sportivi che stavano per arrivare. In realtà, i poliziotti venivano spostati da una favela all’altra e quei pochi che rimanevano non sono mai riusciti a conquistare le simpatie degli abitanti delle zone più pericolose. «Lo Stato» – spiega lo specialista in violenza urbana a Rio Ignacio Cano – «ha portato in queste zone la polizia, ma non molto altro. Non c’è stata una politica sociale efficace, con miglioramento delle scuole, le fogne, la salute, la raccolta dei rifiuti o la rete dei trasporti».

RIO DE JANEIRO, BRAZIL - JULY 17: Brazilian soldiers stand on patrol during a security rehearsal of the Rio 2016 Olympic Games opening ceremony outside Maracana stadium on July 17, 2016 in Rio de Janeiro, Brazil. Brazil announced July 15 it was bolstering security for the Rio 2016 Olympic Games following the truck attack in Nice, France, which killed at least 84 people. The Olympics opening ceremony is August 5 at Maracana stadium. (Photo by Mario Tama/Getty Images)
Soldati brasiliani durante un’esercitazione in vista dei Giochi olimpici di Rio 2016 (Mario Tama/Getty Images)

La situazione, oggi, è quasi come dieci anni fa, solo che è cambiata la mappa della violenza; la “pulizia”, delle favelas della Zona Sud, la più cara e turistica della città, ha provocato la migrazione dei narcos nella periferia della zona nord o ad ovest, teatro di gran parte delle gare olimpiche, coinvolgendo anche favelas che fino a pochi anni fa erano relativamente tranquille. In realtà, secondo Cano, la violenza provocata dalla grande criminalità organizzata è destinata a diminuire drasticamente durante i Giochi e non propriamente a causa della massiccia presenza di forze dell’ordine. «I narcos staranno tranquilli perché non hanno nessuna intenzione di “rovinare la festa”. Lo abbiamo visto durante i Mondiali di calcio: sanno che venderanno molta più droga dell’abituale ai turisti che vengono in città, clienti che hanno voglia di divertirsi e consumano la droga che loro distribuiscono dalla periferia più profonda alla festa più vip della città». La violenza, dagli scippi in spiaggia o nel centro agli assalti agli automobilisti fa parte della cita quotidiana. Amnesty International ha lanciato un’applicazione per cellulari chiamata Fuoco Incrociato, attraverso cui gli utenti possono denunciare le sparatorie in corso in città; in un mese è stata scaricata da trentamila persone e ci sono state oltre seicento segnalazioni.

«Se i membri del CIO dovessero scegliere oggi la sede dei giochi», ha ammesso sconsolato il presidente del Comitato organizzatore Carlos Nuzman – «probabilmente Rio non avrebbe vinto». Anche il sindaco di Rio Eduardo Paes, famoso per le sue dichiarazioni polemiche, ha smorzato i toni trionfalistici dei mesi scorsi. «Rio ha moltissimi problemi» – ha sbottato in una recente intervista alla Cnn – «ma voi giornalisti stranieri avete la capacità di esagerare tutto. Certo, sono io il primo ad avvisare i turisti; non aspettatevi New York, Chicago o Londra, qui le cose non funzionano alla perfezione» . Sbarcato in città da pochi giorni, Thomas Bach, capo del Comitato Olimpico Internazionale, cerca di barcamenarsi come può, fra i mille problemi organizzativi. Gli «imprevisti impossibili da prevedere» secondo il sindaco Paes, mettono in evidenza problemi serissimi di mancanza di progettazione, precisione, efficacia delle strutture pubbliche incaricate di controllare l’andamento delle opere. Dagli alloggi del villaggio olimpico consegnati con problemi di gas e installazioni elettriche, alla pedana per le gare di vela crollata per l’alta marea assolutamente prevedibile nei mesi invernali. La nuova metropolitana è stata consegnata in extremis e durante i Giochi funzionerà solo per chi ha un ticket delle gare come credenziale. Il sospetto è che non sia stata collaudata sufficientemente per un flusso normale di passeggeri. Tutto di fretta, come si può, sperando che non succeda nulla di grave. Il Cristo Redentore che dall’alto del Corcovado protegge la cidade maravilhosa, questa volta, dovrà proprio fare del suo meglio.