Il nuovo Milan

I rossoneri e il cambio di proprietà, le prospettive di mercato, umori e sentimenti dei tifosi: esegesi del Milan cinese che verrà.

Una cordata cinese, la presenza del governo di Pechino, un impegno economico per rilanciare il club: il Milan cambia proprietà. Con un comunicato diramato nel pomeriggio di venerdì scorso, Fininvest ha reso noto di aver approvato il preliminare di vendita del 99,93% del club. Gli investitori verseranno 740 milioni di euro, cifra che conteggia anche i 220 milioni di debiti della società. C’è il preliminare – con tanto di penali qualora gli accordi non venissero rispettati -, ora si attende il closing della trattativa, che avverrà entro la fine dell’anno.

«Una scelta dolorosa ma necessaria, nel mercato mondiale è impossibile star dietro a queste cifre», le parole di Silvio Berlusconi dopo la cessione del Milan, di cui potrebbe restare presidente onorario. Dunque, le cifre per far tornare i rossoneri competitivi: l’impegno economico del nuovo gruppo a capo del Milan è stimato in 350 milioni di euro nell’arco di un triennio. 100 milioni saranno stanziati a breve: 15 alla firma e i restanti 85 entro 35 giorni. Il resto, nei successivi due anni. Operazione, perciò, da oltre un miliardo di euro.

L’accordo è stato raggiunto con la Sino-Europe Sports Investment Management Changxing Co. Ltd, società veicolo costituita per investimenti esteri. Chairman della compagnia è Yonghong Li, che dovrebbe entrare nel Cda rossonero, e dovrebbe possedere il 15% delle quote. Un altro 15% sarà detenuto dalla Haixia Capital, fondo di Stato cinese. Come riporta Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport, il fondo statale Haixia Capital «è stato creato nel 2010 con una dotazione di 4,5 miliardi di euro, e finora si è focalizzata negli investimenti in infrastrutture e costruzioni spingendosi anche nell’acquisizione in Francia di aziende di coltivazione». Il restante 70% sarà suddiviso tra altri investitori, tanto privati quanto soggetti pubblici. Come avviene, del resto, per le squadre della Super League cinese, dove pubblico e privato si mescolano secondo la volontà del presidente Xi Jinping, che ha individuato nel calcio «un’opportunità senza precedenti», in quanto «ha un grande impatto sociale ed è amato dalle masse».

GettyImages-2052439

Come cambia, e se cambia, il mercato – di Oscar Cini

Galliani a Ibiza per trattare Menez insieme a Inzaghi, corteggiato come un Ronaldinho d’annata; l’arrivo di Alex a parametro zero; gli anni del Milan dai “sogni impossibili“; i vertici di mercato ad Arcore con la speranza di risollevare il morale di una piazza in cui il sentimento prevalente era la mestizia. Dall’estate 2012, con l’addio in tandem di Ibra e Thiago Silva, i tifosi milanisti si sono abituati a vivere il mercato guardando altrove, consolandosi nei begli acquisti fatti da terzi: una forma di escapismo che ci ha permesso di sopravvivere ad un susseguirsi di stagioni senza lampi. Lo scorso anno Berlusconi ha messo mano al portafogli, forte di un accordo imminente con Mr. Bee che non si è mai concretizzato. Cosa dobbiamo aspettarci allora da una società che sembra finalmente entrata nel panorama obeso del calcio globale?

Con la trattativa che si chiuderà soltanto tra dicembre e gennaio prossimi, il Milan avrebbe soltanto i 15 milioni di caparra disponibili per il mercato estivo. Se questa cifra fosse però considerata come compensazione per gli acquisti già effettuati di Lapadula (9 milioni) e Gustavo Gomez (8), non resterebbe che vendere per poter operare in entrata. Con De Sciglio incedibile dopo l’ultimo Europeo, soltanto la cessione di Bacca potrebbe gonfiare le casse del Milan in vista degli ultimi, indispensabili acquisti richiesti da Montella. Circolano da tempo i nomi di Sosa, Badelj, Zaza e Pavoletti, ma la ricerca è concentrata ancora su un centrale in aggiunta a Romagnoli, Zapata e Gomez, viste le imminenti cessioni di Ely e Vergara. Ma ci serve davvero una prima punta in caso di partenza di Bacca? Montella ha dato spazio a Niang durante le amichevoli estive (non avrebbe potuto fare altrimenti). Ma il Milan ha ancora bisogno di un terzo centrale, per cui si fanno i nomi di Musacchio (troppo costoso) e Cáceres, con l’ex Juve capace di ricoprire il doppio ruolo di esterno destro, eventualmente anche in un centrocampo a cinque; opzione che Montella ha utilizzato a Firenze nelle sue prime apparizioni da tecnico della viola.

Con la chiusura della trattativa che sarà certa soltanto con il closing dei prossimi mesi, e un Berlusconi scottato dagli investimenti dello scorso anno, quello che ci si può realisticamente aspettare è un mercato con un centrocampista (Badelj), un esterno (Cuadrado), un centrale affidabile (Cáceres), in cui l’arrivo di uno tra Pavoletti e Zaza sarebbe un di più gradito ma, probabilmente, meno necessario rispetto all’integrazione in rosa di elementi che possano allungare il range di scelte di Montella. Si è parlato di Kovacic e Isco come delle stelle da cui ripartire per una nuova grandeur rossonera, ma l’arrivo di entrambi rientra in quel marchio registrato dei “sogni impossibili” di cui le pagine di giornali si sono affollate in riferimento al mercato rossonero degli scorsi anni. Per quest’estate ci accontenteremmo volentieri di acquisti funzionali al gioco del tecnico campano; sarebbe già un nuovo rifiorire.

MILAN, ITALY - APRIL 14: A general view of atmosphere during the Primavera Tim Cup between AC Milan and US Citta di Palermo at Stadio Giuseppe Meazza on April 14, 2010 in Milan, Italy. (Photo by Tullio M. Puglia/Getty Images)
San Siro vestito a festa per un match tra Milan e Palermo (Tullio M. Puglia/Getty Images)

Io, milanista confuso (e va bene così) – di Marco Maioli

Su YouTube può controllare chiunque: l’intervento è chiaramente sulla palla, tanto che lo stesso allenatore del Waregem, quel mercoledì 11 dicembre 1985, ammette che l’arbitro Christov non avrebbe dovuto assegnare il calcio di rigore. La svista, accolta dal pubblico con un lancio di arance che stende il difensore belga Decraye, e l’eliminazione dalla Coppa Uefa segnano la fine della presidenza Farina, contestato al grido di “ladro, ladro” nel corso del tentato assalto alla tribuna d’onore, mentre il guardalinee cecoslovacco Krohnak fa i conti con l’oggetto che l’ha colpito in fronte e fuori da San Siro infuria la battaglia conclusa con l’arresto di dodici minorenni: passa qualche giorno e Giussy annuncia le dimissioni. Trent’anni dopo l’era Berlusconi si conclude senza drammi, nella mestizia generale: quei 200 ultras che a fine luglio si sono riuniti a Villa San Martino avevano parole d’ordine talmente generiche da potere essere condivise da tutti e da nessuno («Chi sarebbero questi cinesi?», «Vogliamo un presidente») e facce tranquille dopo aver ricevuto rassicurazioni dal presidente in persona.

I tifosi dai trent’anni d’età in giù non hanno mai visto un Milan senza Berlusconi: faticano a immaginare San Siro senza Galliani, figlio di Galliani e tizio seduto alle loro spalle con polo bianca anche d’inverno. Quando anche le ultime carte per la cessione saranno firmate non avranno problemi a riconoscere, come è stato fatto a ogni presunta data storica degli scorsi mesi, gli innumerevoli trofei conquistati negli ultimi decenni; il fatto che le vittorie passate siano rimaste l’unica arma di difesa di una società a corto di argomenti spiega però perché la cessione a indefiniti cinesi in possesso di indefinite somme di denaro sia ormai da tempo accolta come l’unica soluzione possibile. Negli ultimi anni il Milan è stato un interminabile e tedioso sabato sera in un San Siro spettrale, interrotto qua e là da un gol di qualche trequartista in declino acquistato in prestito con diritto di riscatto; una squadra troppo scarsa per lottare per qualcosa e troppo forte per finire nella parte destra dalla classifica. In poche parole la mediocrità assoluta: e nella mediocrità, più ancora che nelle disgrazie, è difficile trovare qualcosa di esaltante.

Ben venga dunque qualunque possibilità di fuga, anche cinese: Gianni Mura, che trent’anni fa assegnava a Farina un 3 in pagella per non aver voluto condividere con l’Inter le spese per il serpentone protettivo che avrebbe salvato Krohnak, sostiene che il calcio stia diventando un’altra cosa, che a lui piace sempre meno, ma si diceva la stessa cosa all’arrivo di Berlusconi. Gli uomini della Sino-Europe Sports Investment Management Changxing non potranno vantare un’infanzia rossonera e, almeno agli esordi, non troveranno l’equivalente dello striscione «Silvio, Milano ti ama»; ancora è da vedere in quale modo il Milan possa essere usato a vantaggio di un fondo che investe in autostrade cinesi e allevamenti di polli francesi, ma a chi teme che l’identità del club possa uscirne stravolta non si può che rispondere con l’insignificante pallino rosso e nero con cui qualcuno aveva pensato di sostituire lo stemma.