Come cambia la Serie A, in attacco

L'analisi dei reparti offensivi di otto squadre del nostro campionato, tra coppie inedite, nuovi moduli e talenti chiamati a esplodere.

Analizziamo otto attacchi di Serie A dopo la sessione di mercato: come si inseriranno i nuovi arrivi, le possibili soluzioni, le alternative.

JUVENTUS

Il colpo Higuaín permette ad Allegri la possibilità di variare tatticamente il proprio reparto offensivo. Higuaín, infatti, è un giocatore diverso da Mandzukic. Anche se con Sarri l’argentino era chiamato a partecipare alla manovra d’attacco, venendo incontro al portatore di palla e scambiando con gli esterni offensivi, il nuovo numero 9 della Juventus è essenzialmente un uomo d’area molto più di quanto non lo sia Mandzukic. Di contro, se al croato Allegri poteva richiedere una buona dose di sacrificio in fase di non possesso, non altrettanto potrà fare con Higuaín. Tuttavia, il nuovo centravanti bianconero garantisce una maggiore pericolosità sotto porta (36 a 10 il computo dei gol segnati rispettivamente da Higuaín e dal croato nella scorsa serie A). Per quanto riguarda la composizione dell’attacco, se Allegri manterrà il 3-5-1-1 come schema base, non dovrebbero cambiare i compiti di Dybala, che continuerà ad agire da trequartista. La differenza sarà però che, in Higuaín, Dybala trova un partner d’attacco di tipo nuovo, in grado cioè di arretrare e dialogare con lui nella zona fra difesa e centrocampo avversario. Di contro, sarà Higuaín a doversi adattare a Dybala, visto che il 4-3-3 di Sarri non prevedeva un uomo sulla trequarti, mentre nel 3-5-1-1 di Allegri l’ex centravanti partenopeo, muovendosi incontro, si troverà in una zona già occupata dal numero 21 bianconero.

Una soluzione alternativa in mano ad Allegri, dovesse il tecnico livornese riproporre Higuaín come punta unica di un tridente, sarebbe quella di schierare un 4-3-3 con Dybala e uno fra Cuadrado e Pjaca sugli esterni. Proprio la varietà di soluzioni offensive a disposizione di Allegri rendono la Juventus 2016/17 ancora più adatta di quella dell’anno scorso all’assalto del Triplete. Con l’ex Real Madrid e Napoli davanti e grazie alla presenza di altre bocche da fuoco come Dybala,  Pjaca, Pjanic con le sue palle inattive e  Khedira con i suoi inserimenti da centrocampo, la Juve potrebbe ulteriormente migliorare il già eccezionale dato statistico delle ultime 28 partite della scorsa stagione, quando i Bianconeri hanno registrato un 16,8% nel tasso di conversione, cioè nella percentuale di tiri divenuti gol.

L’esordio di Higuaín con la Juventus in campionato

NAPOLI

Per aiutare la squadra a digerire la partenza di Higuaín, il Napoli ha investito 25 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni di Arkadiusz Milik, attaccante polacco dalle qualità innate e con un curriculum da goleador nella Eredivisie. A soli 22 anni di età, Milik è arrivato in Italia forte di 61 gol segnati in carriera. Ed il primo impatto con la serie A è stato più che buono visto che, in due partite, il nuovo centravanti napoletano si è reso utile alla causa segnando anche una doppietta contro il Milan. Dal punto di vista tattico non dovrebbero (è ancora presto per giudicare) cambiare le richieste tattiche che Sarri farà al polacco rispetto alle consegne date al suo predecessore. Nel 4-3-3 del Napoli Milik dovrà partecipare alla manovra nella trequarti avversaria ma anche essere pronto per farsi trovare in area di rigore a chiudere gli assist di esterni e centrocampisti. Rispetto a Higuaín, il polacco ha una capacità tattica di leggere le situazioni di gioco ancora inferiore e dovrà quindi migliorare nella sua capacità di scelta della giocata migliore. Anche tecnicamente, in partenza Milik ha qualcosa in meno di Gonzalo, dato che in pratica calcia soltanto di sinistro. Il margine di crescita è ancora ampio, ma bisognerà vedere come il giocatore reggerà la pressione del dover sostituire un attaccante iconico come Higuaín. Il piano del Napoli era probabilmente quello di introdurre con calma Milik nel tessuto della squadra, tanto è vero che erano stati trattati sia Icardi che Kalinic. Questo anche per questioni riguardanti le alternative in rosa per il ruolo di centravanti, visto che Sarri sembra non essere convinto della capacità di Gabbiadini di giocare spalle alla porta.

La prova di Milik contro il Milan, nella quale ha segnato una doppietta

ROMA

Il problema principale dell’attacco a cui dovrà far fronte Luciano Spalletti è quello del tipo di gioco da adottare. Se è vero che Dzeko è un giocatore che sembra dare il meglio di sé muovendosi lungo il fronte offensivo e non dentro l’area e sotto porta (dove ha segnato con una media di 0,28 gol a partita, rigori esclusi) è anche vero che la Roma cambia se il bosniaco è in campo o in panchina. Le caratteristiche dell’ex Manchester City, infatti, sono un unicum nella rosa giallorossa. Questo significa che passare da un attacco con Dzeko centravanti ad uno con Perotti falso nueve potrebbe comportare per la Roma non soltanto un cambio di giocatori, ma anche il doversi abituare ad un diverso tipo di gioco. Vedremo se la squadra riuscirà in questo o se Spalletti chiederà a Dzeko di fare, in qualche modo, il Perotti, privilegiando così un 4-3-3/4-2-3-1 che attacchi con palla a terra e sfrutti gli inserimenti in avanti dell’ex genoano e di Nainggolan in versione trequartista. Resta da vedere, nel caso in cui il tecnico di Certaldo decidesse di utilizzare con continuità Dzeko, che fine farà El Shaarawy, che rischia di essere chiuso proprio da Perotti e da Salah per un posto sull’esterno. Infatti, fermo restando l’egiziano come punto fermo dell’attacco romanista, è difficile che Spalletti rinunci a Perotti sulla sinistra, l’unico giocatore del tridente che garantisce un minimo di copertura in fase difensiva.

Salah, Dzeko e Perotti festeggiano un gol nella partita vinta contro l'Udinese (Filippo Monteforte/AFP/Getty Images)
Salah, Dzeko e Perotti festeggiano un gol nella partita vinta contro l’Udinese (Filippo Monteforte/AFP/Getty Images)

INTER

Il problema dell’attacco è stato uno di quelli che ha maggiormente contribuito alla pessima stagione 2015/16 dell’Inter, con i nerazzurri che hanno segnato appena 50 gol. De Boer ricorrerà probabilmente ad uno schema di base più offensivo di quello utilizzato dai suoi predecessori, vale a dire un 4-3-3 stile Ajax, come visto alla prima in casa contro il Palermo. Se De Boer dovesse persistere su questa strada, la questione da risolvere sarà quella relativa all’impiego di Gabigol. Utilizzato prevalentemente sulla fascia o come trequartista nel club, in Nazionale Gabigol è stato impiegato spesso come punta centrale. Come centravanti atipico, Gabigol offre qualità in sia in termini di mobilità che di assist, ma deve crescere sia fisicamente che nell’attitudine a giocare dentro l’area avversaria (col Santos, soltanto 2,8 tiri di media a partita). Da centravanti in un 4-3-3, Gabigol è chiuso da Icardi. Da esterno, De Boer dovrebbe sacrificare uno fra Perisic e Candreva. In aggiunta, De Boer dovrà ottimizzare l’impiego di Joao Mario. Con Medel e Kondogbia che hanno mostrato dei limiti nell’interpretare il ruolo di interni in un centrocampo a tre, De Boer potrebbe ricorrere all’utilizzo del portoghese e magari di Brozovic ai lati di Banega. In questo modo l’Inter aumenterebbe ulteriormente il proprio potenziale offensivo potendo contare sugli inserimenti in avanti del croato e del fresco campione d’Europa. L’alternativa che si profila potrebbe essere quella di virare verso il 4-2-3-1, modulo non estraneo a Gabigol e nel quale il brasiliano potrebbe trovare collocazione come numero 10 alle spalle di Icardi. Con questo sistema rimarrebbero però due posti per i centrocampisti centrali e Joao Mario in coppia con Banega potrebbe sbilanciare eccessivamente la squadra. Ma De Boer può anche ricorrere a Joao Mario trequartista, spostare Gabigol in fascia (come detto al posto di Perisic o Candreva) e utilizzare Medel nella posizione a lui più consona di secondo centrocampista centrale al fianco di Banega.

Antonio Candreva in azione contro il Palermo (Giuseppe Cacace/AFP/Getty Images)
Antonio Candreva in azione contro il Palermo (Giuseppe Cacace/AFP/Getty Images)

MILAN

L’idea tattica di Montella, lo si è visto fin dalle prime uscite stagionali, è quella di disporre il Milan con un attacco a 3 punte, davanti ad un centrocampo a 3. In questo 4-3-3 Bonaventura trova spazio come interno di sinistra, con il compito di allargarsi e scambiarsi di posizione con Niang, che parte da esterno sinistro d’attacco. In fase difensiva il 4-3-3 si trasforma in un 4-4-1-1, con Niang che rientra centralmente a coprire il playmaker avversario e con Bonaventura pronto a scivolare sulla fascia sinistra del centrocampo. L’idea di gioco di Montella, più offensiva di quella di Mihajlovic, dovrebbe garantire a Bacca più palloni dentro l’area avversaria, ad ovvio beneficio delle capacità realizzative di tutta la squadra. Per favorire la transizione da un calcio più attendistico ad uno più votato al controllo della partita e alla creazione di palle gol, Montella ha voluto con sé, proprio nelle ultime ore di mercato, il cileno Mati Fernández, già da lui allenato alla Fiorentina. Fernández rappresenta più l’uomo in grado di aiutare Montella a trasmettere alla squadra il suo calcio piuttosto che un potenziale titolare, anche se l’ex centrocampista viola risulta una valida alternativa per uno degli esterni (Niang e Suso) ed anche un valido rimpiazzo di Bonaventura nel mezzo, in caso di assenza di quest’ultimo. Non è nemmeno da scartare l’ipotesi che Montella, abituato ad un calcio fluido e non legato a schemi fissi, possa a volte virare verso un 4-2-3-1 o un altro sistema che preveda il trequartista. In questo caso, Mati Fernández sarebbe proprio l’uomo adatto a giocare fra le linee.

TORINO

Lo schema di partenza è il 4-3-3, con Belotti centravanti e con Iago Falque e Ljajic sulle fasce. Proprio il rendimento del giovane esterno serbo sarà decisivo per le sorti del campionato del Torino. L’argentino Boyé, classe ’96, rappresenta una valida alternativa per Ljajic e Iago Falque ma anche per Belotti, potendo anche giocare da centravanti, ruolo da lui già ricoperto nella sua giovane carriera. La fase offensiva granata sarà poi supportata da un centrocampo a 3 ben costruito, con il neoacquisto Valdifiori supportato da due interni come Baselli e Benassi in grado di unire qualità e quantità e anche con le potenzialità per contribuire in fase realizzativa. Una chiave tattica importante per Mihajlovic è rappresentata dalle palle inattive, dove il Torino mette a disposizione del tecnico serbo e dello specialista De Leo (il tattico dello staff, incaricato di lavorare su queste situazioni) le capacità di buoni saltatori come Belotti, Bovo, De Silvestri e Castan, oltre alla maestria di Valdifiori, che calciava angoli e punizioni per Sarri ad Empoli.

Le giocate di Belotti con il Toro

LAZIO

Il probabile schema di partenza sarà il 4-3-3, mentre resta da vedere se il 3-5-2 utilizzato contro la Juventus nell’ultima di campionato sarà stata una eccezione o verrà utilizzato come alternativa alla formazione base. Partito Klose, il peso dell’attacco è tutto sulle spalle di Ciro Immobile. L’ex granata dà il meglio di sé quando può attaccare la profondità fronte alla porta: quindi Inzaghi, per assecondarne le caratteristiche, dovrà costruire una squadra accorta e pronta a colpire in contropiede. Un’altra opzione a disposizione del giovane tecnico biancoceleste è quella di schierare due punte, affiancando Djordjevic a Immobile e potendo così contare su un uomo d’area di rigore da servire anche con palloni alti. In entrambi i casi, 4-3-3- o 4-4-2, sarà importante il lavoro sull’esterno di Felipe Anderson, l’uomo in grado di poter far fare alla Lazio un salto di qualità. Qualora invece Inzaghi dovesse ricorrere al 3-5-2, ecco che Anderson avrebbe il compito (come già visto contro la Juventus), di giocare più avanti, vicino alla prima punta, sempre che l’allenatore non decida, come detto, di tenere fuori l’estroso brasiliano per schierare Djordjevic e Immobile. In caso di 3-5-2 offensivo, Anderson può ricoprire il ruolo di esterno di centrocampo anche se questa soluzione sembra più improbabile di quella che prevede l’utilizzo sulle fasce di giocatori di maggior quantità come Lukaku, Lulic e Basta.

Il repertorio di Felipe Anderson in biancoceleste

FIORENTINA

Intorno a Kalinic, rimasto nonostante la corte del Napoli, Paulo Sousa ha costruito la sua Fiorentina, una squadra che ha nel palleggio prolungato nella propria metà campo e nelle rapide verticalizzazioni le proprie caratteristiche tattiche, all’interno di un sistema di gioco flessibile. Confermato anche Tello, il cui prestito dal Barcellona è stato rinnovato, Sousa dovrà però fare a meno di Alonso, ceduto al Chelsea. Senza lo spagnolo e con Pasqual lasciato andare in scadenza di contratto, la Fiorentina manca di un uomo di fascia sinistra in grado di rifornire Kalinic. Sulla destra poi c’è l’enigma Bernardeschi, uomo chiave nella prima parte della scorsa stagione ma che ha successivamente contribuito al crollo registrato dai viola da febbraio in poi con una serie di prestazioni opache. Il giovane talento di Carrara non vuole più giocare esterno destro del 3-4-2-1 di Sousa. Cosa farà il tecnico portoghese: asseconderà il desiderio di Bernardeschi, spostandolo fra i due trequartisti, virerà più decisamente verso un 4-2-3-1 che potrebbe maggiormente esaltare il giocatore, o continuerà per la sua strada?

 

Nell’immagine in evidenza, Candreva festeggia con Icardi il gol del pareggio contro il Palermo (Tullio M. Puglia/Getty Images)