Il satellite GOCE è stato lanciato in orbita il 17 marzo 2009 per analizzare le variazioni del campo gravitazionale terrestre. Un compito che si è esaurito l’11 novembre del 2013, quando è rientrato nella nostra atmosfera disintegrandosi in un numero imprecisato di pezzi. Facciamo finta sia ancora in volo, e immaginiamo che serva a un’altra misurazione, meno utile ai fini scientifici ma forse più divertente. Anzi, sicuramente più divertente: individuare i luoghi in cui si concentra, tutto insieme, l’hype calcistico. Una sorta di heatmap degli stadi in cui si esibiscono, contemporaneamente, i giovani più talentuosi. I giocatori dalla narrazione più futuribile.
Sabato 27 agosto, GOCE avrebbe individuato due zone rosse, a rischio sovraccarico: il Signal Iduna Park di Dortmund, dalle 15.30 alle 17.30; il San Paolo di Napoli, dalle 20.30 alle 23.00 o giù di lì. Nel primo luogo era di scena il match tra il Mainz e i padroni di casa del Borussia Dortmund. Che abbiamo definito «un esperimento di eugenetica calcistica». Tra campo e panchina, il tecnico Tuchel poteva contare su Moussa Dembélé, Raphaël Guerreiro, Emre Mor, Julian Weigl, Christian Pulisic. Età media dell’intero organico del Borussia: 25,3 anni. Poche ore dopo, lo stadio di Fuorigrotta ospitava il match tra Napoli e Milan. La doppietta di Milik era solo un lato del quadrato dell’hype. Gli altri tre, curiosamente, erano sparsi tra panchina, tribuna e una comparsata di presentazione a bordocampo prima del match. Zieliński era quello in panchina, Rog quello in tribuna (appena arrivato da Zagabria con un volo privato); Diawara, invece è quello entrato in campo con il cellulare in mano e una polo azzurra e una faccia un po’ stranita per farsi conoscere dal suo nuovo pubblico. A un certo punto il polacco ex Empoli, l’unico che poteva, è entrato in campo. Al posto di Allan. Se il satellite GOCE fosse stato ancora in aria, avrebbe visto e registrato la cosa che vedete sotto. Una di quelle situazioni per cui era giusto rimanere in cielo, a lavorare. La conferma che serviva: ho fatto bene a puntare su Napoli, stasera.
Il calciatore che riceve il tocco al volo di Jorginho, taglia in due il centrocampo del Milan correndo in diagonale, senza mai perdere il controllo della palla, e apre sulla sinistra è Piotr Zieliński. L’azione si concluderà con il gol di Callejon.
L’anno scorso, il triumvirato del centrocampo eletto da Sarri – Allan, Jorginho, Hamsik – è stato schierato dal primo minuto, e sempre uguale a se stesso, per 30 partite di campionato. Una scelta giusta, pure perché inevitabile. Sono un puzzle completo, un perfetto equilibrio triangolare di tutte le skills necessarie a far girare una linea mediana. Allan, in un vecchio articolo su FourFourTwo, veniva definito da Alasdair Mackenzie come «a ball-winning midfielder with superb work-rate and excellent tackling ability»; Jorginho, per James Horncastle di Espn, è «l’interprete di un gioco orizzontale che non corrisponde allo stile verticale dell’Italia di Conte», e quindi l’idealtipo del centromediano perfetto per Maurizio Sarri; Hamsik, invece, è stato descritto da Aleksander Losnegård su These Football Times come «un centrocampista completo, che fa della versatilità tattica la sua arma migliore».
Il nuovo Napoli ha deciso di non modificare troppo, almeno in partenza, l’equilibrio che Sarri ha cucito addosso a questi tre calciatori. Anche perché sarebbe stato complicato trovare qualcuno che potesse assicurare un rendimento tanto positivo, una roba di eccellenza che leggi anche nelle statistiche: Jorginho è stato il numero uno dell’ultima Serie A per passaggi riusciti (3176) e per pass accuracy (91%), Hamsik è stato il terzo calciatore per numero di assist (12) e il primo per numero di key passes a partita (2,5), mentre Allan è risultato essere il quarto centrocampista del campionato per numero di palle recuperate (120). Più che alla difficile impresa di sostituire uno dei tre, si è pensato a come integrare il reparto con dei calciatori affidabili ma al tempo stesso disposti ad accettare pure qualche panchina in più. La strada dei giovani di qualità è stata una scelta che asseconda questa idea. E che le conferisce pure un fascino nuovo, quasi di esperimento culturale in un ambiente da sempre legato alla fantasia del grande calciatore. O meglio, alla retorica del campione di riferimento, del fuoriclasse offensivo. Di quel «messia salvifico di cui Napoli sembra avere perennemente bisogno», come scritto dal sociologo Amedeo Zeni e dallo storico Angelo Frungillo in una serie di articoli di analisi sul rapporto tra la squadra e la città. Il Napoli, che si è trovato a dover sostituire Higuaín, ha voluto farlo nel modo più diverso e diversificante possibile: pagando 41 milioni e mezzo per tre centrocampisti nati dopo il 1994. Una spesa che non sarebbe stata possibile senza l’addio del centravanti argentino. Che, di colpo, ha trasformato la panchina del Napoli in una specie di convention per aspiranti star del pallone. E il centrocampo in un laboratorio perfetto per Sarri.
Alla vigilia del match contro il Pescara, prima di campionato, il tecnico si è espresso così in conferenza stampa: «Stanno arrivando ragazzi giovani, con tecnica e talento. C’è gusto ad allenare una squadra così». Sa che può divertirsi, il tecnico toscano. Allo stesso modo però, rende e si rende conto che «un percorso del genere prevede anche delle bastonate, vorrei che tutti fossimo pronti ad accettare queste eventualità». Sì, perché il talento va razionalizzato, in un contesto tattico e attraverso una crescita reale e armonica dei nuovi arrivati. Che, del resto, hanno bisogno proprio di questo: evolversi, portare la propria narrazione allo step successivo. Il punto di partenza non è proprio male: una ricerca veloce in rete ci dice, ad esempio, che Piotr Zieliński è stato oggetto di tantissimi scouting report legati al mondo del Liverpool, club che attraverso l’apprezzamento di Klopp aveva mostrato un certo interesse per lui. In uno di questi, a firma di Jack Lusby su bleacherreport, leggiamo di come il 22enne polacco venga descritto come «un centrocampista box to box che ha nella corsa verso l’area di rigore l’arma più impressionante del suo gioco». L’animazione di sopra, descritta con qualche mese d’anticipo. Un po’ la stessa sensazione del video che racconta la sua breve apparizione nell’amichevole Napoli-Monaco, prima partita in maglia azzurra: ogni giocata, ogni controllo e ogni passaggio sono rapidi, veloci. A due tocchi. Aprono spazi, liberano perché esplorano corridoi di passaggio. Quello che vuole Sarri. L’alternativa è la progressione palla al piede, sempre orientata verso la porta. Quello che, a volte, serve a Sarri. Come contro il Milan.
Benvenuti nel club, parte 1
Marko Rog viene descritto come «una gioia da guardare» già due anni fa, nel 2014, quando è stato appena acquistato dall’RNK Spalato direttamente dal Varaždin, la squadra dell’omonima cittadina in cui è nato. Agli ultimi Europei, nell’unico match disputato (contro la Spagna), ha formato con Milan Badelj il doble pivote di centrocampo. E ha messo insieme l’86% di passaggi riusciti e 2 interventi difensivi portati a termine (entrambi tackle, per la precisione). L’anima del trequartista in un calciatore che gioca ovunque, a centrocampo: lo leggi nel numero dei gol in carriera, 37 (in 137 match da professionista), nei dati subito sopra. E, in più, possiede un piede niente male da calcio piazzato. Di Amadou Diawara, il terzo del gruppo, si conosce tutto o quasi: la storia del suo arrivo in Italia giovanissimo, del padre insegnante che non voleva giocasse a calcio. Poi il San Marino, il passaggio al Bologna, la querelle per il rinnovo del contratto e la fuga in Guinea fino alla cessione a una grande squadra. In mezzo, tanto calcio. Solo calcio, anzi, a voler leggere l’autonarrazione: in un’intervista, Diawara ha confessato di non aver mai avuto una fidanzata perché per lui «c’è solo il pallone». La stagione a Bologna è da grandi numeri, roba da 137 eventi difensivi (di cui 91 palloni intercettati) e dall’84% di pass accuracy. Cifre che in qualche modo danno più valore al paragone diffuso, condiviso ma un po’ irriverente di Fabrizio Tazzioli, suo allenatore al San Marino: «Diawara è Desailly, meno forza fisica, più qualità nei piedi, ma ha la stessa presenza importante in campo».
Benvenuti nel club, parte 2
Quando prima abbiamo scritto che il Napoli “ha sostituito Higuaín acquistando tre centrocampisti nati dopo il 1994” abbiamo ovviamente e volutamente utilizzato una forzatura. Il mercato del Napoli ha infatti registrato altri quattro acquisti: Tonelli, Giaccherini, Milik e Maksimovic. Un elenco che stilato in ordine cronologico di ufficializzazione, ma che non sarebbe molto diverso rispetto a un ordine di significati. Il Napoli ha infatti deciso di rispondere all’addio del Pipita con una politica di ringiovanimento e potenziamento organico della rosa: alternative ai titolari, possibilmente giovani e di prospettiva. Per questo, non per altro, gli acquisti “diversi” di Tonelli e Giaccherini finiscono in coda. Per questo, Milik e Maksimovic sono più avanti, e contribuiscono ad abbassare l’età media della rosa fino a 26,2 anni: la decima dell’intero panorama della Serie A, la quinta più bassa tra le sedici squadre tra prima e seconda fascia di Champios League. Una scelta politica e strategica, annunciata da De Laurentiis a maggio nell’immediato post-gara di Napoli-Frosinone e poi confermata anche nell’ultima intervista, rilasciata giusto ieri. Con un paio di specificazioni importanti, tipo «Forse in prospettiva siamo la squadra europea che si è rafforzata di più in mezzo al campo»; oppure «Sarri, che è un maestro di calcio, ha in mano materiale esplosivo, può giocare con più moduli e su più fronti. È come se avessimo due squadre, devono giocare i più in forma o i più adatti a incontrare quella squadra avversaria».
I punti focali, ora, sono questi. Il centrocampo, il tecnico e la possibilità di ruotare e variare uomini e schemi di gioco. Una cosa che non è proprio facilissima, considerando la predilezione di Sarri per il concetto di squadra base: nel campionato scorso, lo scarto tra l’undicesimo calciatore più utilizzato in campionato (Insigne) e il dodicesimo (Mertens) è stato di 1540 minuti, 2626′ a 1086′. Tra Mertens e il tredicesimo calciatore, David Lopez, la forbice è stata di altri 358 minuti, quattro partite intere. Un’enormità, che quest’anno sarà in qualche modo scongiurata dalla Champions League: il Napoli, a partire dal 13 settembre, inizierà la fase a gironi. E quindi avrà bisogno di un turnover diverso, più ragionato. In realtà Sarri ha già cominciato, cambiando tre uomini tra la formazione della prima giornata e quella della seconda (Jorginho per Valdifiori, Mertens per Insigne e Milik per Gabbiadini). In più, ha fatto entrare per due volte Zieliński, a Pescara al posto di Hamsik e contro il Milan per Allan. Una scelta decisiva, quest’ultima, che potrebbe spingerlo a cercare nei nuovi acquisti un’alternativa reale ai suoi “titolari”.
Benvenuti nel club, parte 3
La diversità tecnica tra Allan, Jorginho e Hamsik è in qualche modo riproducibile nell’ipotetico terzetto Rog-Diawara-Zieliński, e posizioni e corrispondenze non sono scelte a caso. I tre nuovi centrocampisti del Napoli posseggono qualità e caratteristiche perfette per coesistere, per formare la linea mediana del futuro. Diawara ha il dinamismo e la lettura tattica che gli permetterebbero di impersonare il ruolo di Jorginho, anche se forse manca qualcosa nella gestione dei tempi di gioco; Rog ha già mostrato la giusta attitudine per interpretare la doppia fase, pur con un’impostazione diversa, perché più tecnica e meno fisica, di Allan; Zieliński è un post-Hamsik in divenire, con una prestanza più accentuata ma anche con una minore efficacia negli inserimenti in zona gol. Ci sono similitudini e discrepanze, cose su cui lavorare perché da migliorare e differenze da esaltare, in modo da scrivere una storia nuova. Anche molto lunga, volendo: il più vecchio dei tre nuovi ragazzi del Napoli, Piotr Zieliński, ha compiuto 22 anni neanche quattro mesi fa. Amadou Diawara, per dire, ne compirà 20 tra undici mesi.
Ovviamente, l’ipotesi futuribile, futuristica ma comunque realistica di un ribaltone totale a centrocampo è una possibilità diretta, totale. Lontana nel tempo, perché ci sono delle gerarchie e perché non accetta compromessi o sfumature. In mezzo, tra il centrocampo della scorsa stagione e quello per i prossimi dieci anni, c’è la possibilità di integrare e variare con mille combinazioni diverse. Il primo tentativo di Sarri, in questo senso, è stato quello di inserire Zieliński accanto ad Hamsik, in una rilettura più offensiva della linea a tre, con due mezzali e un regista. Lo stesso tecnico, commentando il pareggio di Pescara, ha raccontato di come un accenno di crampi di Hamsik gli abbia impedito di provare già in Abruzzo la sostituzione Zieliński-Allan. Che poi è risultata decisiva contro il Milan. Un’altra possibilità intermedia sarebbe quella di utilizzare Rog al posto del brasiliano ex Udinese in un centrocampo ad altissimo coefficiente tecnico con Hamsik e Jorginho; oppure, inserire Diawara al posto di Hamsik per un’interpretazione fisica e più difensiva del modulo, con Jorginho a dettare i tempi e Allan e il guineano ai suoi lati.
I tre componenti del centrocampo ideale
Sarri ha un bel giocattolo tra le mani, molti pezzi da smontare e rimontare a piacimento. Ma ha pure un compito culturalmente complicato: trasformare il Napoli, passare da una squadra monocratica a un collettivo che dipende da tutti e insieme da nessuno. Un salto di qualità importante, che riscriverebbe la narrazione storica del club: da Maradona in giù, fino a Higuaín, il Napoli è sempre stato identificato con una sola, grande figura. E le critiche dei tifosi, la loro disaffezione durante questa sessione di trasferimenti, nascono proprio dalla nuova mancanza di un calciatore di riferimento. Sì, proprio la storia del messia salvifico che serve a questa città e quindi anche alla squadra. Sarri ha la possibilità di dare un tocco di realismo ad un ambiente forse ancora troppo romantico e fatalista, pur senza rinunciare alle suggestioni. Come quella dell’hype, soprattutto a centrocampo. Rog, Diawara e Zieliński sono il simbolo di questa scelta inedita, abbracciata dalla società con un calciomercato che è una scommessa sul futuro. Rischiosa, ma bellissima.