Energia Alex Sandro

Si pensava fosse bravo solo a spingere, invece il brasiliano sa fare perfettamente le due fasi: così è diventato uno dei punti di forza della Juventus.

«È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio», diceva Albert Einstein. Non sfugge all’aforisma dello scienziato tedesco neppure Alex Sandro Lobo Silva, che da oltre un anno dal suo arrivo alla Juventus, più che con gli avversari, deve combattere con i fantasmi e le leggende metropolitane che lo stanno accompagnando. Quelle secondo cui “non sa difendere”, probabilmente per un pregiudizio legato alle sue origini (terzino brasiliano = terzino di spinta, allegro in difesa), al modello a cui dice di ispirarsi, Roberto Carlos, e alle modalità di utilizzo nella stagione precedente. Nella difesa a cinque, il laterale mancino, prelevato nell’agosto del 2015 dal Porto per 20 milioni più 6 di bonus, è stato impiegato quasi sempre con Lichtsteiner sull’altro lato, in alternanza all’altra coppia, formata da Evra e Cuadrado. Una mossa, quella di schierare sistematicamente un esterno più propositivo con un altro più bloccato, finalizzata a non intaccare gli equilibri in campo secondo i più, che vedevano (o vedono tuttora) Sandro un lusso in fase di non possesso.

Ma il brasiliano ha dimostrato di essere un giocatore pienamente formato già nella sua esperienza dal 2011 al 2015 in Portogallo. Nell’ultima ultima stagione al Porto, il classe ’91 ha interpretato nel 4-3-3 di Lopetegui il ruolo di terzino sinistro in maniera precisa, attento a rispettare le spaziature corrette in fase difensiva, dove ha offerto il meglio di sé. In fase di possesso, a dispetto della facilità di corsa, che lo potrebbe portare a sovrapporsi continuativamente, sale solo quando si trova sul lato palla e l’attaccante esterno di riferimento (Brahimi o Tello) entra dentro il campo, oppure quando viene servito con un cambio di gioco a possesso consolidato. Tra i due terzini, lui e il futuro madridista Danilo, il più coinvolto nella produzione del volume di gioco appare quest’ultimo, autore di più tiri (1,8 ogni 90 minuti contro gli 0,11 dello juventino) e più passaggi eseguiti (59,72, 6,2 in più di Alex Sandro) rispetto al collega di reparto. Alex Sandro invece alla fine di quell’edizione di Champions, che vedrà il Porto spingersi fino ai quarti contro il Bayern, risulterà il giocatore con la somma più elevata di tackle ed intercetti. Uno dei motivi dell’imbarcata subita dai Dragoni nel ritorno di quel quarto contro i tedeschi (1-6, dopo la vittoria per 3-1 dell’andata), va ricercato proprio nell’assenza contemporanea dei due laterali bassi, acuita dagli attacchi martellanti in ampiezza degli uomini di Guardiola.

Dietro di lui, solo centrocampisti
Dietro di lui, solo centrocampisti

Punto di forza confermato a Torino: uno dei suoi pregi consiste proprio nella tattica individuale difensiva, grazie a cui prevale nella maggior parte dei duelli, il 55% al termine del primo campionato in bianconero. In un’ipotetica tesi di laurea sull’uno contro uno senza palla, vanno inserite di diritto le sue partite contro il Milan del 21 novembre 2015 e contro il Bayern Monaco del 16 marzo, in cui ha difeso molto bene contro Cerci prima e Coman poi. Contro i rossoneri subentra all’infortunato Evra al 30’ e annulla l’ex Toro, che in precedenza aveva creato qualche imbarazzo al francese, vincendo 4 contrasti su 6 e completando un intercetto, due anticipi, 3 dribbling su 4 e 3 passaggi chiave.

Poi all’89’ mette giù palla e svernicia il malcapitato Cerci, quasi in nonchalance

A Monaco, in una trasferta in cui la Juve con il passare dei minuti non riesce più a risalire il campo, diventa protagonista di un duello memorabile con Coman, che spesso lo vede vincitore. Finché la stanchezza non prende il sopravvento, argina il francese (11/16 contrasti vinti e 5 falli subiti) mettendo in mostra il suo spessore. Non avendo un lato preferito verso cui indirizzare l’avversario, lo affronta orientando il corpo – il cui baricentro è basso sui quadricipiti, come da manuale del calcio – nella direzione meno pericolosa. Lo sguardo è fisso sul pallone e non si lascia condizionare dalle finte del francese, con cui ingaggia una gara di esplosività degna dei migliori sprinter. Altre due componenti angolari nel suo repertorio, il timing dei suoi interventi e l’uso del fisico per prendere posizione nel momento in cui il numero 29 scopre la palla.

Scontro tra titani

Ciò che eleva Alex Sandro rispetto alla media è il suo approccio alla fase difensiva, finalizzata non a fermare semplicemente l’avversario, bensì al recupero palla. Per trasformare la difesa posizionale in una transizione positiva, sfrutta una struttura fisico-atletica eccezionale. I suoi 179 centimetri di altezza, modellati su un corpo ben strutturato, non gli precludono quella reattività atletica propria di un brevilineo, che si tramuta in una progressione sui 20 metri ancora più importante. Quando affronta il portatore di palla in isolamento in situazione più o meno statica, il suo obiettivo è posizionarsi a 2-3 metri di distanza per approfittare di ogni incertezza nella conduzione ed impadronirsi della sfera. Anticipando cioè sul nascere le velleità del rivale, con cui va a contrasto non appena lo stesso scopre la palla. Letture brutali, eppure spesso e volentieri pulite, che poggiano, come detto, su un timing esemplare per precisione e rapidità d’intervento: nella Serie A 2015/16 ha tentato 2,2 tackle a gara, vincendone 1,8; nel torneo in corso il numero dei contrasti vinti invece sale a 2,5 su 3,2.

Keita prova a superare il numero 12 toccando la palla prima con l’interno e successivamente con l’esterno destro, in modo da sfondare sulla sua destra, il lato coperto dal brasiliano. Il quale sembra credere alla prima mossa del laziale, ma grazie ad un posizionamento del corpo e una copertura dello spazio corretti, vince il contrasto sul secondo tocco dello spagnolo e gli ruba palla

Dal linguaggio del corpo di Alex Sandro, mentre porta palla, non trasudano sofferenza e difficoltà: soltanto naturalezza, quasi scioltezza. Per l’ex Santos puntare l’uomo, superarlo da fermo o in velocità appare come un qualcosa di banale, quasi logico nella sua visione del calcio. Idem un passaggio sotto pressione o una scivolata, la giocata estrema di chi solitamente prova rimediare ad una contingenza disperata. Non per il brasiliano, che la esegue con la consapevolezza e la semplicità di chi sa che si tratta dell’intervento più redditizio per guadagnare un tempo di gioco sull’avversario. Pure nello stretto, marcato da più uomini, non pare scomporsi: basta fermarsi a pensare per trovare una soluzione. Emerge una dimensione di un giocatore sorretto sì da un talento fisico e tecnico straordinario, ma non per questo meno riflessivo. Fondamentale nella conduzione l’utilizzo del corpo, che frappone all’avversario come una corazza per tenerlo a debita distanza. Il contatto fisico gioca a suo favore, considerato che è veramente difficile spostarlo.


Adesso lo sa pure D’Ambrosio

Quando gli viene chiuso il sinistro, anziché spostarla e toccarla con il destro, di cui non sembra fidarsi molto nella conduzione, può eseguire una torsione di 360 gradi con cui si libera dell’uomo accelerando di slancio. Se vogliamo, un po’ come un cestista che mentre palleggia si gira su stesso per divincolarsi dalla marcatura.

Ogni parte del suo sinistro, sensibile nell’intera superficie, pare deputata a compiti specifici: l’esterno per toccarla, il collo-interno per calciarla e la suola per arrestare la corsa e spostare la sfera. Il destro è poco utilizzato, ma pienamente sufficiente e non solo per effettuare giocate scolastiche: pure nei tiri, vedi il gol di interno sul palo lungo contro l’Udinese l’anno scorso, e nei cross.


Qui per poco non manda in gol Sturaro

Quando la Juve ha la palla, il numero 12, scelto in onore del suo amico Hulk, fornisce una linea di passaggio sicura per favorire l’uscita del pallone dalla difesa; su azione consolidata invece si alza sopra la linea della palla per dare ampiezza al 3-5-2 sul lato sinistro, da cui opera per generare superiorità numerica o rifinire l’azione. In che modo? Grazie ai suoi cross, che lo rendono uno dei massimi esponenti in materia a livello continentale, efficaci sia su situazione dinamica che statica. Quando va sul fondo predilige un traversone basso e teso, dalla trequarti invece taglia la palla con un interno collo che imprime una traiettoria più arcuata, senza però intaccarne la potenza. Naturalmente non si tratta di opzioni preimpostate, bensì valutate in base alla presenza negli ultimi 20 metri di compagni ed avversari.


Un Bignami sull’esecuzione del cross

Inoltre, l’influenza di Alex Sandro sul gioco è determinante per risalire il campo. Se vede luce sulla fascia, la punta per far collassare la struttura difensiva avversaria sul suo lato e servire un compagno centralmente, altrimenti cerca il dialogo con un centrocampista. Quando è invece la mezzala di riferimento ad aprirsi, segue una traccia interna. Il sangue latinoamericano lo porta sì a ricercare la giocata propositiva, ma è convogliato in un sistema più “europeo”, che gli sconsiglia preziosismi fini a sé stessi. Paragonando i numeri della passata Champions con quelli fatti registrare nell’ultima edizione in cui vestiva la maglia del Porto, si può notare, complice il maggior dominio come spazi e possesso esercitati dalla Juve, un incremento dei suoi valori offensivi: dalle occasioni create (da 1,22 a 2,85) ai dribbling completati (da 1,44 a 1,76), passando per i tiri effettuati (da 0,11 a 0,68). Conclusioni che rappresentano un aspetto del suo stile perfettibile. Per uno che ha iniziato a giocare a 10 anni da attaccante, dotato per di più di una simile qualità, sei gol realizzati nel corso della carriera, di cui due nel 2015/16, costituiscono un bottino magro. Un altro punto su cui sta lavorando è l’impulsività nel recupero palla, che gli ha fruttato in carriera diversi falli e cartellini. Fidandosi molto dei suoi mezzi e del suo timing, prova ad anticipare l’uomo anche su palla coperta, compiendo talvolta degli interventi irregolari. Dalle 13 ammonizioni del campionato portoghese 2013/14, è sceso alle 8 del 2014/15, fino alle 5 del 2015/16. Identico discorso per i falli: dai 2,7 del 2014 agli 1,45 del 2016. Come tattica collettiva invece, in qualche circostanza non ha coperto bene il lato debole, facendosi pizzicare fuori posizione.

Un paio di situazioni in cui l’ex Porto non difende correttamente il lato debole

Il paradosso di uno dei più forti terzini sinistri in circolazione è che non gioca una partita con la maglia della sua Nazionale dal lontano 2012. Colpa, per così dire, di Marcelo e Filipe Luis, che si alternano in quella posizione da ormai quattro anni. In un’intervista a Massimiliano Allegri realizzata a maggio da Sky, l’allenatore della Juve, pur ammettendo che Alex Sandro è uno dei top 4-5 nel suo ruolo, spiega che mentalmente non è grado di affrontare più gare ravvicinate. Eppure parliamo di un 25enne al culmine della sua maturità, in grado di fare la differenza in entrambe le fasi. Una creatura difficilmente replicabile in un corpo solo per prestanza fisica, esplosività atletica e cifra tecnica, che Colin McGowan di Vice ha definito «un rinoceronte che suona il violoncello magnificamente». E allora lasciate il rinoceronte libero di suonare. E libero dai pregiudizi.

 

Nell’immagine in evidenza, Alex Sandro durante l’amichevole contro il Tottenham, lo scorso 26 luglio (Michael Dodge/Getty Images)