Due facce di Lione

Come la squadra di Lacazette e Fekir, un tempo vincente e incensata, sta cercando di trovare una nuova definitiva identità.

È il 15 giugno del 1987 quando Jean-Michel Aulas, informatico figlio di insegnanti, nato e cresciuto a L’Arbresle, qualche chilometro fuori Lione, decide di investire nel club cittadino parte dei provenienti ricavati dalla cessione della sua Cegi alla Cegos, una grossa casa parigina che si occupa di produrre software di gestione. Uomo di sinistra e di principi liberali, Aulas ha partecipato al ’68 ed è diventato ricco grazie alla vendita della sua prima start-up. Tornato a Lione, prima fonda Cegid, una società da 143 milioni di euro di fatturato che fa di Aulas uno degli uomini più ricchi di Francia, poi entra per caso nel calcio. Arrivato al Lione come semplice socio si ritrova presidente.

Nel 1987 prende un club mediocre che alterna stagioni in Ligue 1 con altre in Ligue 2 e lo rende una delle squadre più competitive del Paese. Sceglie Raymond Domenech come nuovo tecnico e ottiene la promozione in massima serie nel 1989. Quella dei Les Gones è una lenta e costante salita ai vertici del calcio francese. La svolta arriva agli albori del ventunesimo secolo: vanno di pari passo le fortune di Aulas imprenditore e quelle del club membro del G-14. Dalla stagione 2000/01 comincia l’epoca aurea del calcio a Lione: vinta la Coppa di Lega, la squadra arriva seconda a quattro punti dal Nantes, nonostante la miglior differenza reti e un Sonny Anderson in versione supereroe.

Il meglio di Sonny Anderson in maglia Lione

Dal 2001/02 la storia del Lione si trasforma in culto. Un culto profano ma che sfiora i termini della religiosità in diversi punti. Dal primo scudetto datato 2002 comincia una striscia record di sette titoli consecutivi. Un dominio casalingo costruito grazie a giocatori che entreranno nell’immaginario dei tifosi di quegli anni: Govou, le punizioni di Juninho Pernambucano, Caçapa, Cris, Dhorasoo, Essien, Malouda, Elber e Abidal (lista comunque parzialissima e incompleta). In Champions League viene eliminato tre volte ai quarti – dal Porto di Mourinho nel 2003/04, dal Psv e l’ultima dal Milan nel 2005/06; una agli ottavi, imbambolato dal doppio passo ankle breaker di Amantino Mancini, e in semifinale 2009/10 da un Bayern Monaco rutilante ma incompleto. È il fuoco fatuo di un ciclo che si sta chiudendo, a Parigi stanno arrivando gli investimenti dei quatarioti e, dopo un ultimo campionato vinto da un ingenuo e nostalgico Montpellier comincerà il dominio dei Les Parisiens.

Le ultime stagioni del Lione sono state annate da comprimario. Aulas non prende bene l’impossibilità di competere con le finanze del Psg, attacca più volte i quatarioti definendo la loro gestione «un dumping fiscale che abbassa la competitività dell’intera Lega», salvo poi studiarne i metodi di irroramento per il miglioramento del proprio club. Per un Presidente abituato a una decade di risultati vincenti, l’arrivo di competitor come Nasser Al-Khelaïfi rappresenta un downgrade di aspettative non digeribile. Aulas comincia a capire che un passaggio decisivo per il Lione è rappresentato da un progressivo allontanamento dalla vecchia conduzione padronale, appartenente a un calcio che va scomparendo, e apre a investimenti provenienti dall’Oriente. Lo scorso agosto il fondo d’investimento cinese Idg Capital Partners acquista il 20% del club, versando nelle casse dell’Ol Groupe 100 milioni, rilevandone una quota di minoranza. La maggior parte del capitale investito dal fondo è utilizzato per ridurre il debito della società.

POUR ILLUSTRER LE PAPIER DE NICOLAS GAUDICHET : "C1 - MANCHESTER CRAINT QUE BENZEMA LUI TOMBE SUR LA TETE" - Lyon's French forward Karim Benzema (R) celebrates with his teammate Sidney Govou after scoring a goal during the Champion's league football match Lyon vs Manchester United on February 20, 2008 at the Gerland Stadium in Lyon. AFP PHOTO / FRED DUFOUR (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP/Getty Images)
Karim Benzema festeggia con Sidney Govou dopo una rete realizzata in una gara di Champions League tra Lione e Manchester United (Fred Dufour/Afp/Getty Images)

A fare da trait d’union tra l’epoca della vittorie e l’attuale gestione c’è lo sfruttamento dei talenti provenienti dall’academy. Lacazette, Grenier, Loic Remy, Fekir, Gonalons, Umtiti, Ghezzal, Alassane Pléa (oggi al Nizza), sono solo alcuni dei nomi cresciuti negli ultimi anni in un settore giovanile che aveva già prodotto giocatori come Benzema, Giuly, Ben Arfa e Kanouté. Dal 2012/13 a oggi sono arrivati due secondi, un terzo e un quinto posto. Sulla panchina si sono alternati prima Rémi Garde e poi Hubert Fournier (entrambi ex calciatori rosso-azzurri), quando quest’ultimo viene licenziato da Aulas la naturale prosecuzione del cammino porta a Bruno Génésio. Tecnico nato e cresciuto, tanto umanamente quanto calcisticamente, a Lione, Génésio è stato vice allenatore dal 2011 sia di Garde che di Fournier, è un uomo di famiglia. La squadra che l’attuale tecnico si trova a gestire presenta in rosa un numero impressionante di atleti provenienti dal settore giovanile. Quando le possibilità di spesa si riducono, si punta giocoforza alla valorizzazione del materiale (di qualità) prodotto al Centre Tola Vologe. Il segreto, secondo Laurent Courtois, capo allenatore dell’Olympique Lyonnais U15, sta nella prolificità di una regione, quella del Rodano-Alpi, in cui cresce la maggior quantità di giocatori di livello di tutto il Paese. Un pezzo di Francia da sei milioni di abitanti di cui il club si nutre costantemente. Nessuno schema tattico predefinito ma la possibilità di variare i moduli delle diverse selezioni a seconda delle caratteristiche dei calciatori a disposizione. 

Il primo gol del Lione in Ligue 1 lo segna Génésio. È la stagione 1989/90.

L’ultima stagione del Lione ha rischiato di rasentare il disastro, ma la squadra presa da Génésio al nono posto è risalita fino alla seconda posizione grazie a un cambio di gestione oltre che tattico. Altra intuizione di Aulas come per Fournier, Génésio ha riportato fiducia in un ambiente depresso, ha collezionato 14 vittorie in 23 gare riannodando le fila di una squadra priva d’identità. Come visto lo scorso anno nella vittoria interna contro il Psg, il tecnico del Lione ha inizialmente impostato la squadra secondo un 4-3-3 capace di esaltare la portata offensiva degli uomini a disposizione. Un modulo fluido in cui i tre d’avanti sono i primi a far partire il pressing sui portatori di palla avversari in fase di non possesso, con gli esterni offensivi deputati contemporaneamente alla creazione di spazio per i terzini sulle fasce in fase di costruzione. Il 4-3-3 permetteva al Lione di virare verso un 4-5-1 in copertura, con un alto grado di intercambiabilità degli uomini di centrocampo e attacco, capaci di non dare alcun punto di riferimento ai difensori avversari. Génésio si era mostrato attento osservatore del calcio pro-attivo giocato nel resto d’Europa.

Lyon's French forward Alexandre Lacazette celebrates after scoring a goal during the French Ligue 1 football match Olympique Lyonnais (OL) against Caen (SMC) on August 19, 2016, at the Parc Olympique Lyonnais stadium in Decines-Charpieu near Lyon, southeastern France. / AFP / PHILIPPE DESMAZES (Photo credit should read PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images)
Alexandre Lacazette festeggia dopo un gol contro il Caen (Philippe Desmazes/Afp/Getty Images)

Ma il calcio creativo giocato dal Lione nella fase finale della scorsa stagione sembra essere improvvisamente evaporato. Nonostante i dati riguardanti quantità di possesso palla e qualità dei passaggi siano ancora tra i migliori della Ligue 1, qualcosa non sta funzionando nel nuovo sistema. Al momento i punti sono 13, 10 meno del Nizza capolista con cui è stato perso lo scontro diretto dell’ultima giornata. Già nella gara di Supercoppa contro il Psg persa per 4 a 1, si erano visti tutti i limiti di una squadra convita di aver superato il momento peggiore e invece ancora affetta da una schizofrenia di fondo, incapace di costruire con continuità.

Dopo le sorprendenti e rumorose sconfitte in campionato contro Digione e Bordeaux, il tecnico del Lione ha optato per un cambio di modulo. Dal 4-3-3 dello scorso anno, e iniziale punto di partenza per questa stagione, a un 3-5-1-1 più prudente con l’ex United Rafael (o Gaspar) e Rybus sugli esterni a disegnare un impianto di gioco più passivo e coperto, anche a causa del contemporaneo infortunio di Valbuena, Lacazette e Fekir, gli uomini di maggior talento in organico insieme a Tolisso, rimasto a Lione nonostante l’offerta estiva del Napoli. La squadra sembra pagare tra le altre cose l’addio di Umtiti, passato al Barcellona questa estate per 25 milioni di euro. Il difensore cresciuto nell’academy ha lasciato un vuoto che non è stato colmato: la squadra, che può contare in difesa sull’eterna promessa N’Koulou, l’ex Roma Yanga-Mbiwa e il promettente ma ancora acerbo Mammana, ha difficoltà nella fase di uscita del pallone dalla difesa in maniera pulita, con un flusso di gioco increspato e poco fluido.

L’ultima sconfitta dell’Ol in trasferta contro il Nizza.

Per la Champions League sono stati recuperati Lacazette e Fekir. Nonostante le settimane di riposo forzato il primo ha già messo insieme sei reti in nove gare di Ligue 1, con una media di tre tiri a partita e un’influenza innegabile sui risultati dei suoi. Sia nel 4-3-3 che nel nuovo modulo a una sola punta Lacazette è la variabile dalla giocata conclusiva. Senza di lui si produce poco e manca un riferimento verticale. Anche l’assenza di Fekir ha influito parzialmente sui risultati deludenti di queste prime giornate: l’attaccante di origini algerine è uno degli uomini di maggiore imprevedibilità: 2 dribbling a partita, 2,4 passaggi chiave, 2 reti e due assist sono i numeri di un giocatore in lenta e costante ripresa dopo l’infortunio al ginocchio che lo ha tenuto lontano dai campi per 6 mesi. In una squadra ancora alla ricerca di un’identità tattica definita le giocate il talento dei singoli rappresentano l’eccezionalità.