Cos’è la reputazione dei club di Serie A

È stata mostrata da uno studio del Reputation Institute: gli italiani sono critici verso le squadre e danno maggior credito alle piccole, Sassuolo in testa.

Il Reputation Institute è una società internazionale specializzata nei servizi di misurazione e consulenza sulla reputazione che dal 2006 analizza la reputazione di circa 7000 aziende sparse in quaranta paesi nel mondo. Dallo scorso anno le analisi hanno preso in considerazione anche le società calcistiche di Serie A: è emerso che gli italiani sono in larga parte critici verso le squadre, la cui reputazione complessiva ha ottenuto un punteggio di 61,2 (scala 0-100), classificabile nella fascia medio-bassa. Il risultato è stato ottenuto attraverso più di 2500 interviste condotte sulla popolazione italiana, le cui risposte hanno fornito un quadro chiaro di quanto successo negli ultimi dieci anni nel movimento calcistico nazionale, passato da una gestione più familiare a una prettamente manageriale.

Il campione prevedeva persone tra i 18 e i 65 anni, rappresentative per genere, età, demografia e reddito. Dopo il quesito filtro “Sei familiare con queste squadre?” mirato a includere solo gli italiani a conoscenza, ma non necessariamente tifosi o appassionati, dei 20 club di Serie A, gli intervistati hanno risposto a un set di domande inerenti la stima, l’ammirazione, la fiducia e il feeling positivo che hanno determinato il grado di reputazione delle società, racchiuso all’interno di un grafico chiamato Rep Trak Pulse (acronimo americano di reputation tracker). Oltre a questi quattro fattori che compongono l’indice di reputazione, esistono inoltre sette dimensioni che influiscono sulla reputazione, ciascuna delle quali viene adottata più o meno consapevolmente dalle varie aziende e, in questo caso, dalle squadre: tre sono quelle driver, che hanno un’influenza del 50% e variano ogni anno in base a quello che accade nell’ambiente esterno. La governance misura trasparenza, eticità e correttezza, il citizenship guarda il ruolo attivo a sostegno della comunità e il workplace la valorizzazione dei giovani. Le altre quattro dimensioni sono il “prodotto”, l’innovazione, la leadership e la performance.

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La squadra con la reputazione migliore è risultata essere il Sassuolo con un punteggio di 70,6 punti, seguita da Chievo Verona (69,8) ed Empoli (67,1). I nero-verdi rappresentano un caso eccellente di azienda che si dimostra capace di lavorare sulle sette dimensioni della reputazione. Nello specifico, la dirigenza ha intrapreso un percorso incentrato sul “progetto italianità”, una politica a sostegno dello sviluppo e della crescita dei giovani talenti made in Italy, che nella stagione 2015-16 costituivano quasi il 90% della rosa. Gli italiani riconoscono nel Sassuolo un “incubatore” di eccellenza, mentre la proprietà Squinzi e le sponsorizzazioni hanno dato sostegno alle attività anche da un punto di vista manageriale. I clivensi, invece, vengono premiati per il piacevole ricordo che hanno lasciato sul finire degli anni Novanta, quando erano diventati il modello di un modo nuovo di fare calcio tutto all’italiana.

Ci sono tre medio-piccole sul podio, così come quelle presenti tra la quarta e la sesta posizione che rispondono ai nomi di Udinese, Fiorentina e Carpi. Come spiegato da Michele Tesoro -Tess, amministratore delegato di Reputation Institute Italia, Svizzera & Medio Oriente «negli ultimi tre anni le questioni Calciopoli e dei diritti tv sulla Champions League tra Sky e Mediaset hanno penalizzato i maggiori club del nostro calcio, creando un effetto alone che ha intaccato anche quelli non direttamente interessati». Le big, infatti, sono tutte posizionate al centro della classifica: la prima è il Milan al settimo posto (61,6), mentre bisogna andare qualche gradino più giù per trovare Juventus, Roma, Napoli, Inter e arrivare alla Lazio all’ultimo posto con un indice di reputazione di 45. I biancocelesti pagano soprattutto la scarsa trasparenza della gestione del presidente Lotito, mentre i bianconeri rappresentano un’eccezione: una società capace di ripulirsi dopo lo scandalo Calciopoli grazie alla brillante gestione della famiglia Agnelli intrapresa a partire dal 2011.

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Guardando l’intera classifica, si nota come la differenza di punteggio dal sesto posto occupato dal Carpi al diciannovesimo della Sampdoria sia di appena 3,7 punti, segno della somiglianza con cui gli italiani percepiscono le squadre. Tendono a dare maggiore credito alle piccole perché meno coinvolte negli affari extra calcio degli ultimi anni; un discorso a parte meritano tuttavia Fiorentina e Milan: «I viola, tra tutte le grandi, sono un po’ il bastian contrario per il modo di fare dei Della Valle, mentre i rossoneri sono la big con la miglior reputazione per via di quello che hanno fatto in passato e di quello che potrebbero fare in futuro. La reputazione, infatti, è un capitale che si costruisce a lungo termine e che si mantiene a meno che non subentrino fatti straordinari», conclude Tesoro -Tess.

In generale, gli italiani sono poco favorevoli nei confronti delle squadre di calcio e, analizzando i comportamenti, emerge una vasta porzione di indecisi nel dare fiducia, acquistare prodotti e servizi, investire e lavorare nei club. Il dato rappresenta comunque un elemento che, alla lunga, lascia ben sperare: le persone sono disposte ad ascoltare ed essere convinti della bontà dei progetti, che le squadre possono incrementare solamente lavorando sulle sette dimensioni della reputazione.

 

Nell’immagine in evidenza, i giocatori del Sassuolo mentre festeggiano un gol (Filippo Monteforte/AFP/Getty Images)