Gioiello viola

A Federico Bernardeschi è bastata una nuova posizione, più offensiva, per fare il salto di qualità. Ed essere decisivo: sei reti nelle ultime sette gare.

Quando Federico Bernardeschi segna, la Fiorentina non perde mai. Nelle ultime sette gare di Serie A ha segnato sei gol che, aggiunti a quello segnato contro l’Udinese a settembre, portano a sette il bottino stagionale. Più dell doppio di quelli messi a segno nell’ultimo biennio. Se non si tratta di esplosione, poco ci manca. Lo stesso Paulo Sousa, al termine del derby contro l’Empoli, ne ha tessuto le lodi, con poche, ma importanti parole: «Federico è un patrimonio. Non soltanto per la Fiorentina, ma anche per la Nazionale di Ventura». Non ancora un’investitura, visto l’andamento del loro rapporto in questa stagione. Più una dichiarazione da “bastone e carota”, che ben si incastra con le frasi pronunciate al termine della trasferta di Europa League con il Paok Salonicco: «Lo vedo un po’ confuso. Deve essere chiaro in tutto quello che fa, sia dentro che fuori dal campo». Era il 16 settembre 2016, forse il punto più basso del rapporto tra i due.

Un legame vero e sincero, come quello tra padre e figlio, nato fin dai primi giorni della scorsa stagione. Lunghe chiacchierate fatte nel ritiro di Moena per capire insieme come sfruttare al massimo le sue qualità all’interno del nuovo scacchiere tattico della Fiorentina. Alla fine Bernardeschi conclude l’anno con 33 presenze in maglia viola e una fiducia da parte dell’allenatore sempre mancata con Montella. Questa stagione doveva essere quella della definitiva esplosione. Invece, l’arrivo ritardato in ritiro, causa Nazionale, insieme a presunte distrazioni extra campo, avevano incrinato l’idillio dell’anno precedente. Sousa iniziava ad avere i primi dubbi e il numero 10 a mal sopportare il ruolo di giocatore a tutta fascia cucitogli addosso. E le parole dette a fine agosto avevano confermato questo malessere: «Il prossimo anno vorrei giocare trequartista. Segno poco? È vero. Ma oggi non mi si chiede di fare solo l’attaccante. Il mio compito è correre e tenere corta la squadra. Conoscete bomber da prima fascia nella classifica dei cannonieri che fanno le diagonali difensive?». Apriti cielo. Se quelli di Sousa erano solo pensieri, le dichiarazioni rilasciate in Nazionale da Bernardeschi hanno fatto il resto. Dopo la maglia da titolare con la Juventus, per l’attaccante arrivano quattro panchine consecutive: Chievo, Genoa, Paok e Roma. Chiaramente una scelta punitiva. Come se non bastassero le incomprensioni tra i due, l’inizio di stagione della Fiorentina è altalenante. I viola non girano più come lo scorso anno e la produzione offensiva è nulla. Il problema c’è e coinvolge tutta la squadra.

ACF Fiorentina v AC Milan - Serie A

Se a Salonicco il rapporto tra i due sembra definitivamente incrinato, quattro giorni dopo, a Udine, arriva la prova d’appello. Il numero 10 torna titolare e ripaga la fiducia segnando il primo gol in stagione. A fine gara Sousa accantona il “bastone”, riaprendo al talento viola: «Sono contento per lui, questi momenti aiutano la crescita mentale di un giovane». Confusione il giovedì, crescita mentale la domenica. Termini e tempi non casuali. La comunicazione è fondamentale per il portoghese, che fin dal primo giorno in Italia si è presentato alla stampa con un vocabolario e una proprietà di linguaggio non comune tra gli allenatori stranieri. Scandisce ogni parola, utilizzando sempre termini ricercati, pertinenti e mai banali. Sa che Bernardeschi è giovane e può sbagliare, ma vede in lui la volontà di migliorarsi, con atteggiamenti e comportamenti corretti e non lo nasconde. In più è un patrimonio della Fiorentina e non può permettersi di perderlo. Se lo step comportamentale sembra superato, rimane l’ambiguità tattica di un attaccante adattato a tornante. Dopo Udine, la Fiorentina gioca contro il Milan, il Torino e l’Atalanta, raccogliendo due soli punti. Bernardeschi è sempre titolare, ma non incide e non segna. Così come Ilicic e Kalinic. Serve un cambiamento. Sousa lo sa e non perde tempo.

La trasferta di Cagliari è un altro momento cardine. Viene accantonato il 3-4-2-1 per passare al 4-2-3-1. «Per me il modulo non è importante, è la dinamica che i giocatori danno allo schieramento a fare la differenza», ammetterà il portoghese a fine partita. Ma il cambiamento radicale della sua Fiorentina è sotto gli occhi di tutti. Fuori un centrocampista, dentro Tello, con Borja arretrato a centrocampo. Ma il cambiamento più radicale è quello di Bernardeschi. Il portoghese gli cambia fascia, avanzandolo nel ruolo tanto auspicato di trequartista. È la svolta. Il numero 10 viola esplode definitivamente. Due gol contro il Cagliari, uno contro la Sampdoria e altri due in casa dell’Empoli. Facendo sfoggio di tutto il bagaglio tecnico a disposizione: velocità, freddezza, forza e senso del gol. Qualità inconciliabili con il vecchio ruolo di giocatore a tutta fascia, come ammesso da lui stesso ad inizio stagione: «Tutti hanno celebrato il mio gol contro il Valencia in precampionato. Ma l’ho inventato dopo pochi minuti. Dopo 30 minuti di corse su e giù sulla fascia non ci avrei neppure provato». E riguardando le immagini si capisce il perché. L’azione parte dalla sinistra e si sviluppa in verticale tra Kalinic, Borja Valero e Rossi. Ma in basso si nota da dove parta lo scatto di Bernardeschi per arrivare a concludere in porta. 70 metri di corsa senza palla, dopo un ripiegamento difensivo al limite dell’area.

Empoli-Fiorentina 0-4, doppietta di Bernardeschi

Con il Cagliari la differenza è lampante. Liberato dai compiti di corsa, sul primo gol scatta solamente dalla trequarti offensiva, chiamando il passaggio dietro la linea dei difensori. Sul secondo riceve palla ai 25 metri, con l’unico obiettivo di puntare il difensore e segnare. Gol in fotocopia a quello fatto contro l’Empoli. A fare la transizione offensiva ci pensa il terzino, lui balla tra le linee in attesa del passaggio. Solo quando riceve la palla dà sfogo alla sua velocità e tecnica individuale. Una differenza sostanziale rispetto a prima: le qualità vengono sfruttate nel breve e a ridosso della porta avversaria, non più sul lungo. E la finalizzazione ne trae giovamento, non essendo più ingabbiata in un ruolo prettamente difensivo. Perché il succo di tutto è racchiuso nei dettami in fase di non possesso, non sulle qualità tecniche di Bernardeschi. Quelle non sono mai venute meno, solamente erano fiaccate da un lavoro di copertura costante e controproducente.

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La rappresentazione grafica delle heat map contro Juventus e Bologna sono il manifesto più chiaro del cambiamento dei suoi compiti difensivi. Con i bianconeri il pensiero costante è contenere Alex Sandro fino al limite dell’area. A volte con risultati positivi (come si vede qui e qui), altre volte palesando le sue carenze difensive (qui). Con il Bologna invece l’obiettivo è offendere. La forza dell’avversario non è paragonabile, ma sono i dettami difensivi a cambiare. Il ripiegamento senza palla c’è sempre, ma non è più ininterrotto fino al limite dell’area di rigore. Il 4-2-3-1 in fase di non possesso diventa un 4-4-1-1, con Tello e Bernardeschi che scalano sulla linea di centrocampo. Un accompagnamento dell’azione avversaria più che una copertura vera e propria. Contro la Sampdoria, questa marcatura posizionale è chiara. Il numero 10 viola accompagna Quagliarella (qui), segue Sala fino alla trequarti (qui) e ripiega su Bruno Fernandes (qui), ma la vera copertura è sempre e solo di Milic.

Insomma, slegato da compiti di corsa e difesa, la qualità di Bernardeschi è esplosa in maniera fragorosa. Ad oggi è lui il vero gioiello della nuova Fiorentina targata Paulo Sousa, che ha capito come lasciare libero sfogo all’estro e all’attitudine offensiva. E ora ne sta raccogliendo i frutti. Da Paok a Paok, come un cerchio che si chiude. Le parole prima della partita di Europa League contro i greci sono stati l’investitura definitiva: «Per come conosco io il calcio, Federico ha un futuro che, grazie al suo talento ed alle sue qualità, lo porterà in squadre con ambizioni diverse rispetto a quelle della Fiorentina». Parole che hanno fatto storcere il naso a molti tifosi, ma che sono solamente «il riconoscimento di un talento che sta crescendo e che ha tutto per diventare un top player». Numeri da stella mondiale con ambizioni da top club europeo. Per adesso il presente è colorato di viola e probabilmente anche il futuro. Lo ha ripetuto più volte Bernardeschi: «A Firenze a vita? Il pensiero c’è». Lo stesso che hanno i tifosi della Fiorentina, che mai come questa volta si sentono legati a doppio filo ad un giocatore di soli 22 anni. Lui ad Empoli si è battuto la mano sul cuore dopo la doppietta e i tifosi hanno rispolverato un coro che era di Giancarlo Antognoni: «il ragazzo gioca bene».