Alta fedeltà

Darijo Srna, bandiera dello Shakhtar Donetsk e uno tra i talenti più sottovalutati d'Europa.

Al minuto 97 di Shakhtar Donetsk-Werder Brema, finale della Coppa Uefa 2008/09, Darijo Srna corre sulla fascia destra. La sua fascia destra. È difficile risalire alle statistiche di una partita così lontana del tempo, ma bastano alcune sintesi che si trovano su Youtube per capire – e quindi poter scrivere – che quella è una delle tante, tantissime volte che Srna attacca il fondo dal suo lato. Il lancio che premia la sua discesa è abbastanza preciso, Srna stoppa la palla a seguire col petto. Poi fa una giocata fantastica, o meglio non-fa-una-cosa ed è questa la giocata fantastica: non tocca più il pallone, lascia che scorra e prosegua la sua corsa, da solo. Lo domina senza controllarlo ancora, non gli rivolge nemmeno gli occhi. Lo sguardo è a centro area, lo capisci dalla posizione della testa. Siamo al settimo del primo tempo supplementare, eppure tenuta fisica, concentrazione e lucidità della lettura situazionale, in quest’ordine, sono ancora straordinarie. Questa azione è un racconto perfetto di Darijo Srna, è un suo ritratto, sono anni condensati in pochi secondi di gioco. È la compiutezza del suo talento: la costanza dell’ennesima fuga sull’esterno, conservazione e gestione dell’energia, l’intuizione nella scelta del movimento giusto, la tecnica nella ricezione del pallone, nella sua gestione e in quello che avviene subito dopo.

La linea difensiva del Werder è piatta, Jadson ha seguito l’azione partendo da dietro e ha spazio e tempo per entrare in area. Srna lo vede, lo cerca. Lo trova. Per lo slancio dovuto al movimento complesso del cross arretrato, o forse solo per la stanchezza, cade a terra. Il tiro di prima non è proprio eccezionale, ma la palla entra in porta nonostante il tocco di Wiese: è il gol del 2-1. L’ultima Coppa Uefa della storia, prima della trasformazione in Europa League, è il primo trofeo internazionale di una squadra ucraina dell’era post-sovietica. La alzerà al cielo di Istanbul proprio Darijo Srna, il 27enne capitano croato dello Shakhtar Donetsk.

Con l’urlo quasi infantile del telecronista ucraino

Nel viaggio su Youtube per scoprire quella partita, ci si imbatte in quello che ha tutta l’aria di essere uno speciale di un telegiornale ucraino. Si parla dello Shakhtar, della vittoria in Coppa Uefa, e ci sono alcune immagini del ritorno in aereo. Darijo Srna è in primo piano, tiene tra le braccia il trofeo, sorride. Tutti i giocatori sono felici, e rossi in faccia. Il tasso alcolico non deve essere proprio bassissimo, lo capisci quando cantano tutti insieme. Il repertorio è vasto, da Besame Mucho fino a Katjuša, canzone popolare russa risalente alla Seconda Guerra Mondiale. Nel servizio, poco dopo, ci sono alcune inquadrature di Mircea Lucescu. Che è il tecnico artefice di questo successo, ed è arrivato a Donetsk nel 2004, un anno dopo Darijo Srna. L’ex allenatore di Inter e Brescia ha lasciato lo Shakhtar al termine della stagione 2015/2016, dopo dodici anni e un totale di 22 trofei. All’ufficializzazione del suo addio, Srna ha detto che Lucescu, per lo Shakhtar e per se stesso, «non è stato solo un maestro di calcio, ma anche di vita». Tra poco, probabilmente, toccherà anche a Darijo Srna lasciare il club. Lo cerca il Barcellona, e pare proprio che lui voglia giocarsi quest’occasione. Forse non potrebbe esistere epilogo più giusto, bello, letterario e circolare di questa storia di calcio e fedeltà.

Italy v Croatia - EURO 2016 Qualifier

È molto difficile trovare in rete testimonianze video del periodo di Srna all’Hajduk, quasi come se internet volesse suggellare l’unicità e l’indissolubilità del legame con lo Shakhtar. Eppure, l’esperienza a Spalato è importante: quattro stagioni in prima squadra, dall’esordio del 1999 fino all’addio del 2003, con un successo in campionato e due in Coppa di Croazia. Anche il prologo è significativo, soprattutto in relazione a quello che succede intorno al calcio e finisce per sfiorarlo, con i Balcani sconvolti dalla crisi politico-militare a cavallo del nuovo millennio. Jonathan Wilson, in un pezzo pubblicato sul Telegraph, racconta delle resistenze fatte dalla dirigenza dell’Hajduk per acquistare Srna perché «era sconveniente tesserare un musulmano durante la guerra». Srna, però, ha mostrato e rappresentato un’idea di cocciutaggine: voler basare la costruzione della propria carriera sul valore del talento, sulla sola forza del gioco. «I dubbi dei manager dell’Hajduk sparirono quando lo videro in campo: era talmente bravo da convincere tutti, subito, a farlo rimanere nel club», racconta Uzeir Srna, padre di Darijo ed ex calciatore. Il racconto del primissimo Srna su Youtube si limita a qualche splendido tiro da fermo, inscatolato in montaggi che raccolgono anche momenti della successiva esperienza in Ucraina e della sua carriera in nazionale.

I calci di punizione di Srna meritano una digressione, un piccolo racconto parallelo. Anche perché, col tempo, hanno sviluppato un carattere di proverbialità. Sono sempre belli da vedere e pericolosi per gli avversari, che si tratti di conclusioni dirette verso la porta o di cross verso l’area di rigore. E poi, sono battuti in maniera similare, riprodotta e riproducibile. Rincorsa a mezzaluna, passi brevi e veloci; spalle inarcate, la postura perfetta per caricare tutta la forza nel calcio e per imprimere al cuoio una traiettoria che sia forte e insieme carica d’effetto; e poi l’interno collo destro, una specie di timbro immodificabile con cui colpire la palla, sempre uguale ma comunque in grado di disegnare percorsi differenti e imprevedibili, una volta a scavalcare e l’altra ad aggirare la barriera. Il sito Squawka, specializzato in statistiche calcistiche, ha inserito Srna nella sua “Set-piece specialists XI” dell’ottobre del 2014. Accanto a lui, “giocano” Beckham, Pirlo, Juninho Pernambucano. Sul sito dello Shakhtar Donetsk, c’è un video che raccoglie tutti i suoi gol su calcio di punizione. È aggiornato al 2013, e dura 7 minuti.

Darijo Srna ha il piede caldo

Le difficoltà per entrare nell’Hajduk Spalato sono solo una parte, minima, della storia tormentata della famiglia Srna. Darijo e i suoi parenti più stretti sembrano essere vittime di una condanna: tutto ciò che fanno e che vivono ha un’incredibile forza narrativa, tutto ciò che sono esprime significati che vanno ben al di là del campo di gioco. Quasi come se la dimensione di calciatore e basta, rappresentata e tanto inseguita da Srna, non fosse abbastanza. Come se dovesse esserci necessariamente dell’altro. In un pezzo di preview a Euro 2012 pubblicato dal Guardian, ci sono diverse citazioni di Darijo, e alcune di queste chiariscono tante cose: «Sono emotivo per natura e a volte prendo le cose troppo a cuore, perché ho vissuto tanti periodi di stress e di disagio nella mia vita. Questo mi ha certamente aiutato a rafforzare il mio carattere, ma mi ha anche causato grandi sofferenze. […] Quando sono stato nominato capitano della Croazia, i media dubitavano che io potessi essere l’uomo giusto. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentito come un vero imputato, rinviato a giudizio per l’omicidio di sei persone. Non mi vergogno ad ammettere che vedo uno psichiatra, lo faccio per alleggerire la pressione. Ne ho bisogno».

La cronistoria dettagliata della vita di papà Srna, Uzeir, è stata raccontata da Jonathan Wilson in un lungo articolo pubblicato alla vigilia di Euro 2008. È la vicenda di un uomo che ha conosciuto l’orrore della guerra e della morte, l’angoscia della povertà, ed è una lettura dolce e straziante allo stesso tempo. Il pezzo si conclude con un’altra frase significativa di Darijo: «Mio padre e la mia famiglia sono tutto per me, non posso dimenticare quanto hanno sofferto mentre cercavano di sbarcare il lunario durante i miei primi giorni a Spalato». Uzeir è morto durante gli ultimi Europei. Darijo l’ha saputo subito dopo la fine del match tra Croazia e Turchia, in cui è stato uno dei migliori in campo. Durante l’inno di Croazia-Repubblica Ceca, la seconda partita del torneo, Darijo scioglie nel pianto la sua tensione. È un’immagine che fa il giro di internet, ed è uno dei pochissimi momenti in cui una delle quotes più famose su Darijo Srna non trova riscontro nella realtà. L’ha pronunciata Slaven Bilić, compagno di Srna ai tempi dell’Hajduk e poi suo allenatore in nazionale tra il 2006 e il 2012: «Lo abbattono e sembra distrutto, disteso a terra per il dolore. Ma poi si scuote e riprende a funzionare, come se fosse Robocop».

SEVILLE, SPAIN - MAY 05: Darijo Srna of FC Shakhtar Donetsk leads the group during the warm up before the kick off during the UEFA Europa League Semi Final second leg match between Sevilla and Shakhtar Donetsk at Estadio Ramon Sanchez-Pizjuan on May 05, 2016 in Seville, Spain. (Photo by David Ramos/Getty Images)

A fine ottobre, Srna ha rilasciato un’intervista al sito bosniaco Tnt Portal. Nel frattempo, si è ritirato dalla Nazionale con il primato assoluto di presenze (134) e il terzo posto tra i marcatori (22 gol). È una delle prime volte che parla della morte di suo padre: «Se non fosse stato per lui, io non esisterei. Come calciatore, tantomeno come uomo. Pertanto, lui è e resterà la persona più importante della mia vita. Quando ho saputo della sua morte, ho sentito una forza indescrivibile che mi spingeva a partecipare al suo funerale, in Croazia. Dopo, quella stessa forza mi ha aiutato a giocare fino alla fine del Campionato Europeo: so che sarebbe stato un suo desiderio. Solo tre mesi dopo la fine di quell’avventura, sono entrato nella fase della consapevolezza: mio padre non c’era più. Era un grande uomo, amava la Croazia e la Bosnia allo stesso modo, e penso che sarebbe felice di sapere che sto rilasciando quest’intervista». Come Robocop, come ha detto Bilić: il tempo di scuotersi, poi Srna riprende a funzionare.

Croazia-Turchia, highlights personali di Darijo Srna

L’esperienza in Ucraina è bifase, e racconta due facce diverse della stessa fedeltà. La prima dura fino a gennaio del 2014, ed è una bella storia di calcio. La storia di un progetto che cresce, costruito dall’oligarca Rinat Achmetov attraverso grandi investimenti nel parco giocatori e nelle infrastrutture. Darijo Srna è prima di tutto un changer nella storia dello Shakhtar: l’estate del 2003, quella del suo arrivo, è la prima in cui il club si espone in maniera pesante sul mercato, con un esborso superiore ai 20 milioni di euro. Da lì in poi, la politica di reclutamento diventa inclusiva e prospettica, con tanti giovani stranieri – soprattutto brasiliani – e l’acquisto dei migliori calciatori espressi dalle squadre ucraine (che non siano la Dinamo Kiev). Mircea Lucescu, in un’intervista alla Uefa, ha spiegato il modello Shakhtar: «Siamo stati molto attenti allo sviluppo dell’organico, e il fatto che ho avuto praticamente cinque diverse squadre durante la mia avventura in Ucraina è significativo. Quando ho deciso, in accordo con il presidente, di basare lo stile della squadra sul talento dei giocatori brasiliani, in particolare centrocampisti e attaccanti, abbiamo anche preso in considerazione l’idea che sarebbero venuti in Ucraina a 18 o 19 anni, ma poi sarebbero andati via a 24 o 25 anni. In questo modo, abbiamo preparato in anticipo la struttura mentale e di scouting per sostituire i giocatori della squadra. E infatti, lo Shakhtar non ha mai avuto problemi causati dall’addio di giocatori di valore».

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Negli anni, Srna evolve. Era uno di quei giovani destinati ad andare via, decide di diventare l’anello di congiunzione tra i vari aspiranti fuoriclasse che transitano per il Donbas: Fernandinho, Luiz Adriano, Willian, Douglas Costa, Mkhitaryan. Lucescu lo promuove capitano già nel 2008, perché «ha una capacità incredibile di relazionarsi con i giocatori di tutte le nazionalità e ha grande amore e rispetto verso il club». Dal punto di vista puramente tattico, il loro rapporto si basa su un cambio di ruolo pensato dal tecnico romeno. In un’intervista del 2008, è proprio lui a spiegare lo spostamento di Srna sulla linea dei difensori: «C’è voluto tempo perché accettasse questa mia idea, ma poi abbiamo avuto la dimostrazione che in quella posizione è in grado di fare molto bene. I nostri avversari pensano per lo più a difendersi ed è per questo che Srna deve agire in una porzione di campo più arretrata: in questo modo, ha un ampio spazio di fronte a sé, che può sfruttare grazie alle sue caratteristiche. I suoi compiti sono dedicati per l’80 per cento alla fase offensiva».

Il secondo punto di svolta nella crescita del club arriva nel 2009: il trionfo in Coppa Uefa, ma anche l’inaugurazione della Donbas Arena, uno stadio-gioiello da 52mila posti che sostituisce il vecchio Shakhtar Stadium . Due anni dopo l’inaugurazione dell’impianto, Srna parla così: «Se non mi fossi formato qui come calciatore, probabilmente avrei lasciato Donetsk. Ma dove dovrei andare, se gioco in una squadra che due anni fa ha vinto la Coppa Uefa e disputa ogni anno la Champions League? C’è un magnifico stadio, ci sono grandi ambizioni. Lo Shakhtar è uno dei migliori club d’Europa, quindi non ha senso andare da nessuna parte. Lo Shakhtar mi ha dato tantissimo, nella mia carriera e nella mia vita, e io probabilmente chiuderò qui la mia carriera». È la prima faccia della fedeltà di Srrna, quella che il mondo sorride allo Shakhtar e viceversa. Un amore che sarà ulteriormente raccontato dallo stesso calciatore in un’intervista del 2014, quando ammetterà di aver rifiutato offerte provenienti da Bayern e Chelsea. Per chiarire la dimensione raggiunta dal club ucraino e da Srna, due facts risalenti a quel periodo d’oro: l’Iffhs, nel 2011, premia lo Shakhtar come “club più progredito degli ultimi dieci anni”; Niko Kranjčar definisce Srna «il calciatore più sottovalutato dell’intero calcio europeo».

Roma-Shakhtar 2-3, Champions League 2010/2011

«Mi ricordo il mio ultimo giorno a Donetsk, era il 16 maggio 2014. Ci è stato detto che avremmo dovuto lasciare in fretta la città. Non ho preso nulla dalla mia casa, le mie camicie sono ancora appese nel guardaroba. Io ero l’unico che credeva che sarebbe finito tutto in fretta. Ho detto a tutti che sarebbe tornato tutto alla normalità in sei mesi. So che la mia casa è ancora lì, intatta». Questa quote è di Darijo Srna, e apre un pezzo del Guardian sulla terribile situazione che lo Shakhtar sta vivendo da quasi tre anni. Idealmente, racconta il lato B della fedeltà del terzino croato, uno dei pochi grossi nomi dell’organico a di Lucescu disposto ad accettare la condizione di esilio cui è costretto l’intero club. Che si è letteralmente spostato a Lviv, 1269 chilometri più a Ovest di Donetsk. Lontanissimo da quella che, nel frattempo, è diventata la casa di Darijo Srna: «Donetsk era bellissima. Aveva ristoranti, parchi, delle buone scuole. Era una città del futuro. Quando sono andato via ho detto che, nel caso fossimo tornati, mi sarei inginocchiato e avrei baciato la strada».

FBL-EUR-C3-SHAKHTAR-BRAGA

L’attaccamento di Srna per tutto quello che lo Skakhtar e la città di Donetsk rappresentano, a livello sportivo e non solo, rientra in quella serie di significati che vanno oltre il calcio, quelli che hanno in qualche modo influenzato la vita e l’intera esperienza calcistica di Srna. Quella condanna perenne alla forza narrativa. Lo capisci dal volume di interviste su internet e di video su Youtube in cui Srna parla della situazione in Ucraina, della lontananza dello Shakhtar dal proprio territorio. Una delle testimonianze più significative è quella di un’intervista rilasciata alla Bbc prima della sfida di Champions con il Bayern Monaco (febbraio 2015). Darijo si trova in una camera d’albergo, indossa la tuta d’allenamento dello Shakhtar. Parla in inglese, la sua espressione è seria, forse anche triste. Spiega come lui e i suoi compagni giochino «per la gente del Donbas che non può più seguire il club, per la pace in Ucraina», e il fatto che «tutti vogliano un lieto fine».

Nell’ultima stagione, lo Shakhtar ha raggiunto la semifinale di Europa League. La sua seconda, storica semifinale europea. Darijo Srna ha commentato così questo incredibile risultato raggiunto tra mille difficoltà: «Questa squadra è più forte di quella del 2009. È più forte mentalmente, abbiamo un potenziale più grande e sono molto motivato. Abbiamo perso le nostre case, il nostro stadio e i nostri tifosi. Abbiamo perso il campo di allenamento e abbiamo perso la nostra città. Eppure, siamo ad un passo dalla finale: questa squadra merita rispetto. Ho già vissuto una guerra in Croazia, e lo Shakhtar è la mia casa. Dopo tanti anni, non me la sentivo di andare via e lasciarli in questa situazione. Io non sono quel tipo di persona». Darijo Srna non è più solo un calciatore, o un capitano. Si è trasformato in qualcosa di più, in un simbolo romantico, un personaggio quasi letterario. Forse sarebbe stato amato da Goethe, secondo il quale la fedeltà è «lo sforzo di un’anima nobile per eguagliarsi a un’altra anima più grande di lei».

Dinamo Kiev-Shakhtar Donetsk 3-4, quattro giorni fa

Ad oggi, non esistono ancora testimonianze o dichiarazioni sull’esistenza di una reale trattativa tra Srna e il Barcellona. Nel frattempo, Srna continua a essere determinante per la sua squadra, passata ora nelle mani del nuovo allenatore Paulo Fonseca, ex tecnico del Braga. Per il terzino croato, 21 presenze stagionali, 1 gol e 6 assist. Nelle tre apparizioni in Europa League, Srna ha messo insieme 2 key passes a partita, 1,3 cross e 5 palloni lunghi riusciti ogni 90′, una precisione di passaggi che sfiora il 90%. Più 5 eventi difensivi di media per match. Quattro giorni fa, nel derby d’Ucraina contro la Dinamo Kiev, l’ultimo splendido assist decisivo, un perfetto cross dalla destra per l’inserimento di Fred. Stessa dinamica della finale di Coppa Uefa del 2009, identico controllo e palla al centro in due tocchi. Stavolta la traiettoria è diversa, non è arretrata ma tagliata all’interno dell’area. Tutto questo, su un campo reso quantomeno difficile dalla neve. Talento e fedeltà: se esistono, sono cose che fanno fatica a cambiare. Pure nel calcio.

Anche Srna, però, potrebbe riuscire a modificare qualcosa della propria auto-narrazione, e nessuno se la prenderebbe troppo. Il riferimento è una certa visione del Camp Nou, giudicato con termini negativi in un’intervista rilasciata al sito croato Index nel marzo scorso. La domanda riguarda “lo stadio da cui Srna è rimasto più deluso durante la carriera”. La risposta individua l’impianto di Les Corts: «Il Barça ha dei calciatori eccezionali, ma il Camp Nou potrebbe essere meglio di così». È ancora in tempo per cambiare idea, probabilmente.