Trascinatore non protagonista

Juan Mata non è mai stato un giocatore celebrato, pur essendo un uomo chiave in ogni stagione. E in ogni squadra, come nello United di oggi.

Juan Manuel Mata ha una benda nera sugli occhi. Prende la rincorsa e calcia col piede sinistro il pallone, il quale supera lentamente la barriera e si adagia in rete. Il video di presentazione del canale Youtube dello spagnolo inizia così. Il messaggio nei confronti di chi osserva è chiaro e diretto, ed è volto a far comprendere le due caratteristiche principali del repertorio di Mata: la precisione nel tiro, e il modo in cui riesce a percepire ogni angolo del perimetro di gioco, pur senza un supporto visivo. Doti che, purtroppo per Mata, nella generazione dell’ultimo decennio, risultano essere comuni a diversi crack del calcio iberico. Volendo stilare una sorta di gerarchia dei trequartisti spagnoli esplosi negli anni Zero, è evidente come, a detta dell’opinione pubblica, ma in particolar modo secondo gli addetti ai lavori, il nome di Juan Mata non rientri neanche tra i primi cinque di questa speciale classifica.

Il primo riscontro di tale affermazione si ha analizzando il minutaggio di Mata nei cinque tornei internazionali che lo hanno visto protagonista con la selezione spagnola dal 2009 al 2014, ovvero due Confederations Cup, due Mondiali e un Europeo. Viene schierato col contagocce dall’ex ct Del Bosque, il quale gli concede una manciata di minuti nelle gare contro le cosiddette cenerentole, quali Honduras (Sudafrica 2010) e Tahiti (Brasile 2013), o nelle partite di importanza effimera, come quella contro l’Australia, nel terzo incontro di un Mondiale brasiliano già concluso per le Furie Rosse. Giocherà uno scampolo di partita anche ad Euro 2012, esattamente sei minuti in tutta la competizione, sufficienti per siglare, nella finalissima contro l’Italia, il definitivo 4-0 per la Spagna.

La rete del 4 a 0 contro l’Italia.

Quattro anni più tardi, il nome di Mata non figura neanche nella lista dei 25 pre-convocati per Euro 2016. Scelta che Del Bosque motiverà affermando: «Mi è dispiaciuto molto decidere di non convocarlo. Ma dovevamo prendere delle decisioni, anche se possono essere dolorose. Tutte le liste sono difficili da fare e l’ho vissuto personalmente a mie spese». Al trequartista del Manchester United vengono preferiti Nolito e Lucas Vazquez. A questi si aggiungono i sempre presenti Fabregas, Pedro, Thiago Alcantara e David Silva, perennemente avanti rispetto a Mata nelle gerarchie di Del Bosque. Tale tendenza, tuttavia, è percepibile anche nel nuovo corso di Lopetegui, il quale ha convocato Mata solo due volte nei primi quattro match di qualificazione a Russia 2018, non schierandolo, tra l’altro, in nessuna occasione. Il perché di un utilizzo così limitato di Mata nelle Furie Rosse non si può certamente ricondurre ad un discorso anagrafico, tenuto conto sia dei 28 anni dello spagnolo, sia della presenza, ad esempio, del classe ’81 Aduriz, punto fermo della Spagna di Lopetegui.

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È pur vero però che, molto spesso, le convocazioni  in Nazionale non si basano esclusivamente sul rendimento di quel singolo atleta nel rispettivo club di appartenenza, ma anche sull’andamento stagionale del club di appartenenza. In tal senso, l’approdo di Mata al Manchester United, verificatosi nel mercato di gennaio del 2014, arriva indubbiamente nella fase più complicata della storia recente dei Red Devils. Giocare, o meglio, vivere nella parte rossa di Manchester in questi anni non è semplice. A testimoniarlo, è il mancato ambientamento di altri crack come Di Maria o Falcao, oggi nuovamente al top con il Psg e il Monaco. Per Mata, tuttavia, il discorso è leggermente differente. Nei tre anni e mezzo con lo United (contando anche la stagione in corso), lo spagnolo ha lavorato con quattro manager differenti (Moyes, Giggs, Van Gaal e Mourinho). Il peso dell’assenza di un degno erede di Sir Alex è, di fatto, ricaduto sulle spalle di un’intera squadra. Pur mantenendo un buon rendimento individuale, sia dal punto di vista realizzativo (6 reti nelle prime 15 presenze), sia in rapporto alle prestazioni dei propri compagni di squadra, si ha, comunque, la netta sensazione che siano proprio questi gli anni in cui il gap tra Mata e i vari connazionali sia aumentato ulteriormente.

Nel posto sbagliato al momento sbagliato, verrebbe da dire. Con l’arrivo di Mourinho ad Old Trafford, colui che avallò nel 2014 la cessione dello spagnolo dal Chelsea ai Red Devils, i sintomi di una stagione complicata per Mata diventano più che tangibili. In tal senso, il primo episodio controverso si ha nel Community Shield tra il Leicester e il Manchester United dello scorso agosto. La partita termina 2-1 per lo United, grazie al primo timbro in maglia rossa di Ibrahimovic. Tuttavia, dietro le quinte, c’è chi stringe la lente d’ingrandimento sull’utilizzo di Mata da parte di Mou – all’esordio sulla panchina del Manchester United – nella gara di Wembley. Lo spagnolo fa il suo ingresso in campo al 63′ al posto di Lingard, per poi lasciar spazio a Mkhitaryan al minuto 83. Scelta singolare, ma nata «per rinforzare il gioco aereo con un giocatore più alto», come dirà a fine partita lo Special One. Parole che non convincono fino in fondo i più maliziosi, sicuri che il ruolo di Juan Mata nell’imminente stagione consisterà, essenzialmente, nello scaldare la panchina.

La storia si sviluppa in maniera differente, perché Mata diventa sin da subito uno dei punti fermi del nuovo United di Mourinho. Oggi lo spagnolo è il secondo marcatore stagionale dei Diavoli rossi, con 6 reti complessive. Il rapporto con Mou, ad ogni modo, non è certamente idilliaco, ma questo conta relativamente, come ribadito dallo stesso spagnolo ai microfoni di Sky Sports Uk: «L’ho già detto e lo ripeto: con lui c’è un rapporto professionale, ed è tutto». In fin dei conti è giusto così. Mata è quel tipo di calciatore abile nel trovare la concentrazione estraniandosi da ogni tipo di contesto e di rapporto, e non è un caso se ha vinto una Champions e un’Europa League in due stagioni in cui ha cambiato quattro allenatori. Mourinho dirà poi: «La gente credeva che con me Mata era a rischio. Sapevo che non sarebbe stato così, perché una cosa era il modo in cui volevo giocare al Chelsea, un’altra è lo stile che voglio dal Manchester United, e Mata è perfettamente adatto al calcio che giochiamo».

I numeri di Mata in stagione (fonte Squawka)
I numeri di Mata in stagione (fonte Squawka)

In generale però, osservando la carriera di Juan Manuel Mata, la sensazione di incompiutezza permane, al netto di un palmarès stracolmo di trofei internazionali. Alcuni tra questi vinti da trascinatore, ma non da attore protagonista. Su tutti, la già menzionata Champions alzata al cielo nel maggio del 2012 contro il Bayern Monaco, in casa dei tedeschi. A riguardo, vi è un filo conduttore che lega la finale dell’Allianz Arena del 2012 a quella di Europa League disputata l’anno successivo all’Amsterdam Arena contro il Benfica: ovvero, il piede mancino di Mata, in entrambe le finali la chiave di volta per siglare due goal entrati di diritto nella storia dei Blues. Parliamo naturalmente del colpo di testa di Drogba contro il Bayern e dello stacco aereo di Ivanovic contro il Benfica, entrambi abili nel capitalizzare gli splendidi corner calciati dallo spagnolo nelle due finali europee. Giocate determinanti, coronate da prestazioni di altissimo spessore, che hanno permesso a Mata di ottenere il premio di calciatore dell’anno del Chelsea per due anni di fila, ma non (ancora) un posto nell’olimpo del football.