Ad inizio stagione l’attenzione nella Liguria calcistica pareva rivolta al promettente Genoa di Juric. I due derby persi stanno lì a dimostrare che il vento a Genova sta spirando, invece, decisamente a favore della Sampdoria. Una doppietta che non avveniva in Serie A da 57 anni mentre, compresa la Serie B, bisogna risalire al 2002/2003, con un tripletta doriana raggiunta grazie alla Coppa Italia. In quella Samp c’era un gruppo di “senatori”, con in testa Volpi, Flachi e Bazzani, e un folto stuolo di giovani che già prometteva bene come Cassani, Gasbarroni e Palombo. Come a quel tempo Novellino, anche oggi Giampaolo ha saputo mixare esperienza e gioventù. Compresi tra il 1994 e il 1996 ci sono 5 promesse (per alcuni è limitativo definirle così), che permetteranno alla Doria di crescere o, in alternativa, monetizzare.
Karol Linetty (1995)
È stato il protagonista silenzioso della stagione doriana. Karol Linetty è consapevole dei propri limiti e punti di forza a tal punto che fin da subito ha saputo collocarsi nel sistema ideato da Giampaolo. In un contesto fatto di grande tecnica individuale, Linetty ha creato con la sua corsa e sacrificio il collante che rende la Samp un’orchestra armonica difficilmente replicabile a livello tattico. È il motore e il recupera palloni della mediana doriana.
Eppure la sua esperienza italiana non era iniziata bene. Giampaolo dopo averlo conosciuto espone in estate subito due problemi: la condizione fisica deficitaria e il problema della lingua. «Non so quando sarà pronto. Ma ha la faccia da giocatore». Non è un caso che la svolta mentale del polacco arrivi durante il Trofeo Gamper quando è costretto a marcare gente come Messi e Suarez; la sua fiducia aumenta come quella di Giampaolo che lo schiera un po’ a sorpresa in campo fin dalle prime giornate. Non è appariscente ma possiede un’intelligenza tattica fuori dalla scala dei normali giocatori; sa gestire gli spazi nella propria metà campo come pochi altri.
Vizi e virtù in una sola azione
È un talento precoce e duttile, che se affinerà anche la capacità di inserimento in fase offensiva e maggiore lucidità nella gestione del pallone, avrà un sicuro futuro nel calcio europeo. Quando un altro polacco è arrivato in blucerchiato, Bartosz Bereszyński, Giampaolo ha saputo trovare solamente un modo per complimentarsi del suo atteggiamento attento e da lavoratore: «ha la faccia come Linetty».
Dennis Praet (1994)
Era il più atteso in relazione alla somma spesa per portarlo a Genova. Si è fatto realmente attendere, facendo solo intravedere nella prima parte di stagione qualche sprazzo del calciatore ammirato in Belgio. Nel campionato belga si era guadagnato già nel 2014 il premio di miglior giocatore del torneo. Praet è un centrocampista offensivo dalle spiccate qualità di inserimento, bravo a muoversi soprattutto tra le linee. Giampaolo lo ha centellinato nel 2016, ma il giocatore ha saputo adattarsi alle richieste del mister, giocando sia come mezz’ala che sulla trequarti. Un ruolo fondamentale per gli inneschi di Giampaolo, con il suo trequartista deputato a stare vicino alle due punte e creare superiorità nello spazio di mezzo tra difesa e centrocampo avversario. Con giocatori tecnici e che amano tenere il pallone tra i piedi come Praet, l’ex allenatore dell’Empoli può permettersi di rinunciare a un po’ di ampiezza, con terzini quasi sempre bloccati, andando a riempiere invece gli spazi centrali alla ricerca della combinazione giusta.
La svolta
La partita della svolta per Praet in blucerchiato è stata la sfida vinta contro la Roma. Lì Giampaolo lo ho confermato sul settore sinistro, dopo l’ottima prestazione con l’Atalanta. L’allenatore ne ha sfruttato le capacità di corsa e sacrificio, utili per limitare le sgroppate di Bruno Peres (non inganni la rete del brasiliano), e al tempo stesso lo ha coinvolto maggiormente nella costruzione dell’azione offensiva. Più importante della rete segnata, ci sono le tre occasioni create. L’impressione attuale è che Praet abbia mostrato solo il 50% delle sue qualità, e ciò fa ben sperare.
Lucas Torreira (1996)
Detesto i paragoni calcistici, ma ogni qualvolta osservo i movimenti di Torreira mi torna alla mente quello stupendo ragionatore di centrocampo che era David Pizarro. La statura non fa che amplificare, se possibile, le enormi qualità che entrambi dimostrano (hanno dimostrato, per quanto riguarda il Pek) nella gestione fisica del pallone, negli spostamenti laterali e nell’intuizione innata tipica dell’interditore. Saper coniugare l’attitudine lucente del regista al lavoro sporco ma fondamentale del ruba palloni, è una qualità rara che Torreira possiede. L’abisso che differenzia ancora i due calciatori è la sicurezza nei propri mezzi, data dall’esperienza: Pizarro rischiava, anche quando apparentemente non c’era bisogno, ma era la sua natura e nessuno poteva opporsi. Torreira ha ancora la “timidezza”, se così si può chiamare, di chi in carriera ha fatto un triplo salto mortale, da Montevideo, alla B a Pescara fino alla Sampdoria.
Giampaolo se n’è ben presto innamorato, ponendolo al centro del suo 4-3-1-2. In fase di non possesso, in particolare, è il calciatore dei tre di centrocampo che accorcia lo spazio tra sé e il portatore di palla alla ricerca della conquista immediata del pallone. Non a caso ha quasi tre recuperi a partita e almeno due falli nei 90 minuti. Accetta il contrasto senza tener conto della sua struttura fisica che anzi, sfrutta a suo favore nella conquista di falli, difendendo semplicemente il pallone. Di tutto il gruppo di giovani doriani è quello di cui Giampaolo non può fare a meno.
Patrick Schick (1996)
Fin dall’inizio sulla bontà dell’acquisto di Patrick Schick non si dovevano avere dubbi: in 44 partite tra club, Nazionale minore e maggiore, i goal sono stati ben 17. A cui va aggiunta la vera e propria infatuazione calcistica che Walter Sabatini ha provato per lui. A maggio 2016 sembrava tutto fatto per il suo approdo a Roma, poi la frenata e l’inserimento della Samp. Le attese iniziali erano comunque rivolte maggiormente verso Praet che non sul giovane ceco, cosa che ha dato modo a Schick di abituarsi al contesto italiano con calma e senza pressioni. Giampaolo lo ha schierato poche volte all’inizio, poi ha cominciato a farlo subentrare accanto a Quagliarella o Muriel. È la metà della mela che manca per completare il pacchetto offensivo doriano: alto, fisico longilineo, gambe lunghe e una buona velocità sul primo passo data in particolare dalla sua capacità di tenere incollato il pallone sul sinistro.
Un senso di onnipotenza calcistica
È il giocatore che Giampaolo utilizza per spezzare le partite o invertirne il corso delle cose grazie ai suoi dribbling. È bravo sia negli spazi brevi che in campo aperto: Schick infatti sa cercare il dialogo stretto nella zona centrale, tanto amato da Giampaolo, ed anche la profondità alle spalle dei difensori (molti suoi goal nascono da quest’ultimo movimento). Assieme a Praet e Muriel è entrato nel club dei contratti con clausola rescissoria. Prima sono bastati 4 milioni per aggiudicarselo, ora ne servono 23 per portarlo lontano da Bogliasco.
Milan Skriniar (1995)
Uno che prossimamente entrerà nel club dei giocatori con clausole rescissorie è Milan Škriniar. Trovare giocatori così giovani in quel ruolo in Serie A è una missione quasi impossibile; si tende in Italia per cultura calcistica a rischiare il meno possibile in difesa, preferendo l’esperienza nel pacchetto centrale e, semmai, la gioventù sulle fasce.
Con Škriniar Giampaolo si è dimostrato paziente e ha atteso la crescita esponenziale dello slovacco. Nel girone d’andata ha inanellato qualche errore di troppo (vedi il contatto con Džeko all’ultimo minuto o lo stop sbagliato che ha portato al goal di Bacca), ma il mister doriano lo ha sempre confermato al centro della difesa.
Negli ultimi mesi però sta emergendo sia per le sue qualità difensive, che per quelle di impostazione. Il motivo è semplice: gli avversari della Doria sono quasi sempre pronti ad aggredire Torreira, per impedire la costruzione centrale e arretrata dell’azione. La soluzione trovata da Giampaolo è stata quella di responsabilizzare ulteriormente Skriniar, costretto a toccare più palloni e a giocarli molto più spesso in verticale. Il rischio si è trasformato in successo: le percentuali di errore in impostazione del giovane difensore centrale sono diminuite e l’alto numeri di palloni giocati lo ha reso di fatto il vertice basso del modulo di Giampaolo.