In un Milan che torna in Europa dopo tre, lunghissimi, anni, bisogna ragionare sul peso specifico del suo allenatore. Vincenzo Montella è stato spesso considerato un miglioratore ma non un vincente: un tecnico capace di alzare il livello delle proprie squadre ma ancora privo dell’esperienza per far diventare i club allenati delle realtà grandi. Ma il primo pezzo da cui ripartire è proprio il lavoro fatto dal tecnico durante quest’anno. Non succedeva dalla stagione 2010/11 che il Milan fosse secondo in classifica dopo le prime otto giornate di Serie A. Era una squadra diversa, con Allegri in panchina e diversi campioni in campo. Arrivò uno scudetto che oggi appare un miraggio, ma già il solo fatto di aver ritrovato l’Europa ci permette di iniziare a pensare a un futuro diverso da quello degli ultimi anni. Non ci sono fuoriclasse, se consideriamo Donnarumma un fenomeno che sta cercando di formarsi, ma si può ragionare su un futuro meno schizofrenico.
Si può portare in festa un tecnico soltanto per aver aver centrato un obbiettivo minimo come il sesto posto? Evidentemente sì, può succedere se il tecnico in questione ha portato con sé, oltre le idee di gioco, anche una buona dose di serenità. Spesso ha dovuto fare di necessità virtù, ma la crescita del Milan dal punto di vista dei risultati è chiara. Montella ha ricordato ai tifosi rossoneri cosa significa vincere – pur trattandosi soltanto di una Supercoppa italiana – e ha permesso che i giovedì sera profumino un po’ più di Europa e meno di nulla. Con il Milan probabile testa di serie nei sorteggi, i due turni di eliminazione potrebbero essere meno duri del previsto. Tra i tifosi non tutti vedono di buon occhio la riconferma del tecnico di Pomigliano d’Arco, l’annata dice però il contrario: al netto di un gioco non sempre spettacolare, il solo fatto di aver provato a proporre un calcio di possesso con la rosa a disposizione è già qualcosa di assolutamente positivo. È stato un Milan forse scolastico, con poche idee ma sempre ben attuate, un’opera di normalizzazione di un ambiente nevrotico riuscita a pieno.
Donnarumma, Romagnoli, Suso, Bonaventura e Locatelli sono i primi 5 nomi da cui ripartire. Paletta è una soluzione alternativa alla probabile coppia Romagnoli/Musacchio, mentre di Bertolacci bisognerà capire le possibilità di inserimento all’interno del 4-3-3 dell’allenatore rossonero (che potrebbe diventare un 4-2-3-1 se i centrocampisti in arrivo saranno 2). Il Milan dovrà intervenire sulle fasce, dove il pieno rientro di Abate è ancora incerto e De Sciglio potrebbe essere, con Bacca, uno dei nomi da sacrificare per fare cassa e aiutare la definitiva crescita del terzino, apparso mai pienamente convincente in maglia rossonera. Con Antonelli a lungo infortunato e Calabria non ancora considerato pienamente affidabile da Montella, bisogna evitare gare come quella persa a Genoa in cui è stato Poli a sacrificarsi da esterno basso di difesa.
Il Milan dovrà lavorare per far convivere la crescita del talento fatto in casa – anche se era un prerogativa principalmente del Milan di Berlusconi – con la nuova euforia portata dai miliardi cinesi. Aubameyang, Kessié, Papu Gomez, Biglia, Ricardo Rodriguez, Keita e Vrsaljko (già in passato obiettivo rossonero) sono al momento soltanto nomi sul taccuino di Mirabelli e Fassone: da cosa e chi si riparte? Dai 5 citati poco più su. Se i grandi cicli si fondano su un numero consistente di uomini che lavorano insieme per un certo numero di anni, Donnarumma è il giocatore a cui legarsi a vita, immediatamente. Non è solo perché è primo per numero di parate effettuate (128) e tra i primi tre per rendimento globale; confermare Donnarumma significherebbe lanciare un messaggio chiaro “siamo in una fase nuova, non abbiamo paura di spendere e i migliori restano dove sono”. Sogno un futuro Milan con lui capitano.
Romagnoli potrebbe fare il definitivo salto di qualità. Quest’anno la discrepanza tra il rendimento del Milan con lui e senza di lui in campo è stato notevole, tanto che abbiamo parlato di “necessità”. Quando le sue prestazioni sono calate, conseguentemente si sono affievolite anche quelle della squadra. L’arrivo di Musacchio gli darebbe la possibilità di crescere ulteriormente vicino a un centrale con esperienza internazionale, ottime capacità aeree e la possibilità di prendersi sulle spalle parte della prima impostazione lasciando al difensore ex Roma i compiti da marcatore puro – anche qui può ancora migliorare ma la strada sembra quella giusta.
In attesa di sapere quale sarà il nome del nuovo numero 9 rossonero, Suso e Bonaventura rappresentano le variabili a cui affidare l’accensione del meccanismo offensivo. Lo spagnolo, con 7 reti e 9 assist, è il giocatore che ha inciso maggiormente nella portata offensiva dei rossoneri. La capacità di generare superiorità numerica rende Suso il tipo di calciatore che serve a Montella nelle gare bloccate ma in generale a sparigliare le carte di difese troppo coperte. Sia lui che Bonaventura eccellono nella rosa rossonera sia per numero di passaggi chiave che in fatto di tiri a partita. Jack è “il jolly” che può fungere sia da esterno alto tra i tre d’attacco che da mezz’ala, fino all’esterno di centrocampo in caso di necessità. Come per Romagnoli, anche in concomitanza con il suo infortunio le prestazioni del Milan hanno perso una variabile importante in fatto di tempi d’inserimento, capacità di cambiare passo partendo da dietro e dando quegli strappi in fasi offensiva che arrivano immediatamente dopo la fase di consolidamento del possesso. Di lui scriveva Simone Donati: «La sua ricercata versatilità ci permette di capire completamente l’auto-narrazione del Bonaventura giocatore modesto nel corpo di una persona modesta. Ha la sfortuna di essere un esterno naturale del 4-4-2 nell’era dell’estinzione del 4-4-2, e reagisce a questa apparente incompatibilità con il contemporaneo scegliendo l’adattamento al posto della reazione», ma al netto delle sfortune e della normalità, il nuovo Milan lo aspetta come la più bella delle nuove sorprese.