Padrone ma con classe

Il Giro d'Italia numero 100 visto attraverso l'evoluzione di Tom Dumoulin, tra punti di forza e mancanze degli avversari diretti.

È stato un Giro incerto, come se ne ricordano pochi negli anni recenti. Al termine della crono finale Tom Dumoulin ha dichiarato «Quando ho attraversato la linea di arrivo, tutti si sono congratulati. Stavo festeggiando la mia vittoria, ma nella tenda ho visto che c’erano solo tre secondi di differenza con Nairo Quintana. Mi sono arrabbiato con me stesso e con tutti quelli che si sono congratulati. Ero molto nervoso. Ho vissuto il momento di maggior stress di tutta la mia vita». Parole che nascondono la volontà con cui l’olandese, il primo nella storia ad aggiudicarsi il Giro, ha vissuto la le settimane di gara. Una questione di necessità e voglia che forse è mancata agli avversari, nonostante i tempi ridotti in cui i primi cinque si sono mossi nessuno è sembrato in grado di colpire un Dumoulin granitico e un po’ troppo poco sollecitato. Dumoulin è un cronoman che ha imparato ad amare la montagna e che rifugge ogni paragone con Miguel Indurain e si imbarazza a vedersi inserito in un albo d’oro ricco di campioni, un gigante umile che ha scritto la storia. Seguono 4 motivi per spiegare la vittoria dell’olandese.

 

È migliorato in salita ma non ha perso nulla a cronometro 

 

La chiave principale del successo di Tom Dumoulin al 100° Giro d’Italia è da ricercare lontano da ruote lenticolari e caschi spaziali. È qualche migliaio di metri più vicino alle stelle, decisamente più in alto del punto più elevato dei Paesi Bassi. È sul Teide, il gigantesco vulcano di Tenerife, dove una precisa e dolorosa preparazione ha permesso a Tom il completamento della metamorfosi. Che Tom Doumolin andasse forte a cronometro già si sapeva: nella specialità contro il tempo, un argento olimpico e 4 vittorie nei Grandi Giri. Meno scontato era invece che un corridore nato in un paese che per 2/5 è sotto il livello del mare non fosse condannato a staccarsi in salita. Due chili persi, l’altura, una trasformazione che non è quella da bruco a farfalla, non è naturale conseguenza del ciclo della vita, ma è lavoro lento e costante. Come dice lui, è maggiore abitudine alla fatica. Prova superata: il suo tempo di ascesa a Oropa è stato inferiore solo a quello di Pantani nel ’99. Per il resto, Dumoulin in salita non si è staccato quasi mai, e a cronometro è andato forte come sempre. Chiamarlo solo cronoman ora non si può davvero più. (Riccardo Spinelli)

 

Ha saputo gestire i momenti di solitudine

Netherlands' Tom Dumoulin of team Sunweb rides during the 16th stage of the 100th Giro d'Italia, Tour of Italy, cycling race from Rovetta to Bormio on May 23, 2017. Italy's Vincenzo Nibali pipped Spanish rival Mikel Landa to victory in a dramatic 16th stage of the Giro d'Italia that saw drained race leader Tom Dumoulin struggle to retain the pink jersey. / AFP PHOTO / Luk BENIES (Photo credit should read LUK BENIES/AFP/Getty Images)

Il Giro di Tom Dumoulin è stato un Giro di solitudine. Un Giro da capitano che s’inerpicava solitario sulle montagne e che spesso non aveva compagni che gli portassero le borracce, e doveva andare a prendersele all’ammiraglia, da solo. È stato anche il Giro di chi una volta si è trovato senza gregari che gli passassero da mangiare, e ha fatto indigestione di gel non privi di effetti collaterali, finendo con l’esibire al mondo intero un momento che avrebbe preferito vivere da solo. È stato una discesa dallo Stelvio dove star da soli era meglio, tanto grande l’azzardo corso nel rientrare.

È stato anche, nella tappa di Asiago, una specie di inseguimento a squadre in cui Tom ha avuto la lucidità di far diventare sua squadra provvisoria un gruppetto di avversari cui, parole sue, «non smetterà mai di essere grato». La solitudine di Tom Dumoulin al Giro comincia con l’infortunio di Wilco Keldermann, finito sul portapacchi di una motocicletta fuori posto quando ancora doveva cominciare la prima salita vera. L’impresa del Dumoulin “senza squadra” comincia lì, quando ancora non aveva indosso la maglia rosa. (Filippo Cauz)

 

Ha saputo prendere il meglio dalla sua squadra

Il Giro di Tom Dumoulin è stato però anche un Giro di supporto ricevuto, su e giù dalla bicicletta. Le maglie bianconere della Sunweb sono state in testa al gruppo per otto giorni, a seminare fatica e alzare il ritmo; una volta pure troppo, si era nei pressi di Sappada e il capitano era rimasto in coda al gruppo. Il Giro di Dumoulin sono allora le trenate in pianura di Tom Stamsnijder, che nel 2013, dopo una foratura, corse gli ultimi 20 chilometri della Roubaix sul cerchione posteriore. È la barba di Simon Geschke, che si temeva potesse finire oggetto di qualche scommessa e invece è ancora lì, un po’ imbiancata dalla fatica che sulle pendenze più arcigne l’ha costretto a procedere a zig-zag, e le gambe lunghe di Chad Haga, ingegnere, pianista classico, metallaro e topo di biblioteca. È Georg Preidler, che ogni giorno intratteneva la squadra cercando di rubare il posto ai cuochi, e Sindre Lunke, che del caldo non ne poteva più e allora si metteva in testa al gruppo a tirare per chilometri, almeno lì c’era il conforto del vento. Sono le volate di Phil Bauhaus, mosca bianca della squadra: mentre tutti gli altri dovevano lavorare per Tom lui aveva libertà di salvare la gamba per sprintare, ma poi le volate sono finite, e già dalla 13a tappa è toccato lavorare pure a lui.

Pink Jersey Tom Dumoulin from Netherlands rides in the peloton during the 17th stage of the 100th Giro d'Italia, Tour of Italy, cycling race from Tirano to Canazei on May 24, 2017. / AFP PHOTO / Luk BENIES (Photo credit should read LUK BENIES/AFP/Getty Images)

Ma il Giro di Dumoulin sono soprattutto gli occhi azzurro artico di Laurens Ten Dam, occhi che hanno osservato Tom durante tutti i ritiri invernali sulle montagne di Spagna, quando l’olandese ha imparato a fare ciò che gli ha permesso di vincere il Giro: soffrire. Il Giro di Dumoulin è sembrato a volte quello di un cavaliere solitario, ma a ben vedere era un viaggio forte di una compagnia e di un obiettivo. (Filippo Cauz)

 

Ha trovato avversari farraginosi

La classifica finale è corta, snocciola cinque corridori in fila compatta alle spalle di Dumoulin. Sul palco premiazioni lo accompagnano Quintana e Nibali, sei vittorie e nove podi in due nei grandi giri, alle loro spalle due talenti cristallini come Pinot e Zakarin. Basterebbe questo ad inquadrare la grandezza della vittoria di Dumoulin, ma resta il fatto che il podio è racchiuso in appena 40 secondi; i primi cinque posti, in due minuti. Il Giro 2017 è sembrata una corsa incapace di fare selezione, soprattutto in montagna. A testimoniarlo ci sono i distacchi risicati e un numero quanto mai esiguo di corridori finiti fuori tempo massimo. C’è persino il sole, che ha accompagnato il Giro dal primo all’ultimo giorno, e si sa che il ciclismo è uno sport di fatica e sofferenza, ma che con il maltempo, specie in montagna, raddoppia la sua difficoltà. E dire che, con l’eccezione del solo Quintana e forse di Pinot, tutti i pretendenti alla maglia rosa avevano indicato il Giro come loro principale obiettivo stagionale, sul Giro avevano tarato preparazioni sempre più scientifiche.

Colombia's Nairo Quintana (C) of team Movistar climbs the Blockhaus with France's Thibaut Pinot (R) of team FDJ and Italy's rider of team Bahrain - Merida Vincenzo Nibali the 9th stage of the 100th Giro d'Italia, Tour of Italy, cycling race from Montenero di Bisaccia to Blockhaus on May 14, 2017. Colombia's Nairo Quintana soared to victory on a dramatic ninth stage of the Giro d'Italia on Sunday to claim the race leader's pink jersey. Movistar's Quintana came over the finish line 23secs ahead of Frenchman Thibaut Pinot and Dutchman Tom Dumoulin, to wrest the race lead from Luxembourg's Bob Jungels. / AFP PHOTO / POOL / LUCA BETTINI (Photo credit should read LUCA BETTINI/AFP/Getty Images)

Al termine della tappa del Blockhaus, quando Quintana aveva conquistato la maglia rosa con un’esibizione che sembrava il preludio di un Giro glorioso, Dumoulin aveva sorprendentemente dichiarato alla stampa olandese di essere salito “a sensazione”, senza controllare i dati del suo misuratore di potenza, ma ascoltando soltanto gambe e cuore. Ai suoi avversari sembra essere mancato un po’ di questo atteggiamento garibaldino. Nei rari momenti di crisi, che avrebbero dovuto scioglierne le briglie, gli avversari di Dumoulin hanno preferito punzecchiarsi a vicenda senza concentrarsi sull’affondo. La tappa di Piancavallo, con la maglia rosa staccatasi a inizio salita e Nibali (protagonista di un Giro comunque positivo) e Quintana (a quanto pare non in ottime condizioni nell’ultima settimana) che preferiscono lasciare il pallino in mano ai propri gregari, è lucida fotografia di un Giro che di sicuro è stato vinto dal più forte, ma che finirà per lasciare qualche notte insonne a chi lo ha accompagnato sul podio finale, accontentandosi più o meno soddisfacentemente di un gradino che avrebbe potuto essere più alto.