Il 18 giugno è l’inizio del viaggio. L’appuntamento è allo Stadion Cracovii, impianto ricostruito nel 2010 nello stesso punto in cui sorgeva l’omonimo, storico predecessore, a un chilometro dallo splendido centro storico di Cracovia – il primo centro abitato ad essere riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco, nel 1978. Italia-Danimarca si giocherà qui, aprirà l’Europeo della Nazionale Under 21 di Di Biagio, inserita nel gruppo C che comprende anche Germania e Repubblica Ceca. Un esordio molto atteso, soprattutto per definire la reale consistenza di un gruppo dal potenziale riconosciuto, verificato, finalmente anche dai club di Serie A: i 23 convocati per le ultime amichevoli di preparazione, quelle contro Polonia e Spagna (23 e 27 marzo), contavano 749 presenze complessive nel massimo campionato italiano.
Una cifra importante, la testimonianza oggettiva della nuova policy di riferimento del nostro calcio. L’intero movimento ha deciso di andare oltre lo sbarramento anagrafico, di essere ricettivo nei confronti dei talenti più promettenti. Vito Azzone, preparatore atletico degli azzurrini, spiega come questa apertura stia riducendo il gap con le altre selezioni giovanili: «I nostri giocatori andranno a confrontarsi con i top player di categoria. Sarà un banco di prova determinante, fino a ieri pagavamo un grosso scarto di intensità dovuto alla mancanza di partite di un certo livello. Oggi stiamo recuperando. Dopo i 21 anni, la fase di costruzione dell’atleta è quasi completata, ma un miglioramento è ancora possibile. Disputare competizioni vere e di prestigio, possibilmente internazionali, è un passaggio fondamentale in questo senso».
Sono i nomi a fare la differenza rispetto al passato. I nomi dei calciatori a disposizione di Di Biagio, ma soprattutto i nomi dei club che concedono spazio ai possibili campioni di domani: Benassi, il capitano degli azzurrini, indossa la fascia anche nelle partite giocate col Torino; Conti e Caldara sono titolari dell’Atalanta; Locatelli e Calabria sono parte delle rotazioni del Milan di Montella; Federico Chiesa rappresenta la grande rivelazione stagionale della Fiorentina; Berardi e Pellegrini caratterizzano la politica di valorizzazione del talento ormai radicata a Sassuolo; Murru e Barreca sono gli esterni bassi di riferimento per Cagliari e Torino. Gagliardini, Bernardeschi, Donnarumma e Rugani sono stati convocati per l’Europeo Under 21, ma sono già stati inseriti da Ventura in Nazionale A. E giocano con Inter, Milan, Fiorentina, Juventus. Non è proprio un caso che James Horncastle abbia scritto certe parole su Espnfc: «Negli ultimi 18 mesi, pure grazie coraggio degli allenatori di Serie A, il calcio italiano ha lanciato una nuova gold generation». È l’entusiasmo di una nuova fiducia, la promessa e la descrizione di un futuro importante.
Il presente è la preparazione per un torneo breve, senza appello. L’Italia si presenta in Polonia dopo aver disegnato un girone di qualificazione netto, preciso: sette vittorie e tre pareggi in dieci partite, appena tre gol subiti. Nelle ultime amichevoli, i risultati sono stati meno brillanti: la vittoria in Polonia, le sconfitte contro Spagna e Inghilterra, il pareggio di novembre con la Danimarca. La stessa Danimarca che il 18 giugno farà partire un percorso di tre match decisivi in sette giorni. È la strada per i quarti di finale: dopo gli scandinavi, sarà la volta della Repubblica Ceca; poi ci sarà Italia-Germania. Vito Azzone spiega come i ragazzi di Di Biagio approcceranno questa competizione: «Avremo a che fare con un gruppo eterogeneo, composto da atleti reduci da stagioni differenti per minutaggio e impegno nervoso, per tipologia del campionato disputato e obiettivi dei vari club».
Anche per queste difformità, la filosofia del lavoro dell’Under 21 si basa su due concetti fondamentali: l’ottimizzazione del tempo e il primato della tattica. «Nei quindici giorni di ritiro», spiega Azzone, «è quasi impossibile condizionare realmente un calciatore, soprattutto dal punto di vista fisico. Ma soprattutto il calcio è uno sport di squadra, e la strategia è un presupposto fondamentale. Per questo motivo, dovremo cercare di trasmettere al più presto i principi alla base del nostro modello di gioco. Il lavoro sarà caratterizzato da esercitazioni tecnico-tattiche, attraverso cui daremo stimoli di natura fisica». Dopo le partite, invece, la priorità sarà la fase di recovery: «Il nostro lavoro si concentrerà sul recupero, sulla necessità di riportare il calciatore in condizione. Chi invece non ha giocato effettuerà sedute più intense, tenendo sempre conto che si è a ridosso della gara successiva».
Le parole di Vito Azzone sono una rivelazione: permettono di affacciarsi su quello che succederà per la squadra di Gigi Di Biagio, ma anche di decodificare le linee guida di tutto il progetto del Club Italia. L’orientamento alla crescita del calciatore, allo sviluppo del talento del singolo all’interno di un sistema, struttura e sovrastruttura. Lo capisci quando il preparatore atletico dell’Under 21 spiega come cercherà di gestire i carichi di lavoro durante la fase di avvicinamento agli Europei di categoria. E, insieme, sembra volerti convincere che questo è la strada per garantire l’upgrade a una generazione ricca di speranze: «Per aumentare i parametri fisici moduleremo spazi, tempi di lavoro e tempi di recupero attraverso esercizi specifici. Prendiamo il caso di una partitella giocata a campo ridotto o ampliato: nel primo caso aumenterebbero il numero di accelerazioni, nel secondo caso si insisterebbe sulla resistenza. È il nostro obiettivo: gestire e aumentare l’intensità dell’allenamento senza mai dimenticare che tutto passa peri il gioco, per la tattica, per il rapporto con la palla. La crescita tecnica e fisica deve essere finalizzata al raggiungimento dei risultati, ma deve passare dalla qualità dell’espressione collettiva. Uno dei miei esempi preferiti è quello dei chilometri percorsi: si tende a credere che una squadra che corre di più stia meglio fisicamente, ma la necessità di coprire più spazio in campo può anche nascere da un’organizzazione tattica sbagliata. Noi vogliamo insegnare ai nostri ragazzi che correre meglio degli altri è più importante che farlo più degli altri. Proveremo a fare bene in Polonia seguendo questa impostazione, che ci accompagna fin dal primo giorno». Il 18 giugno è l’inizio di un viaggio che in realtà è cominciato da tempo. Ma l’ultimo tratto, quello ancora da percorrere, promette decisamente bene.