Calhanoglu, un trequartista nuovo

Il suo inserimento sarà uno dei compiti più affascinanti che toccano a Montella: l'apporto che può dare il turco al Milan, in quale posizione.

Sono arrivati difensori (Musacchio, Rodríguez), un aspirante box-to-box (Kessié) e due attaccanti (André Silva e Borini); da qualche giorno al Milan è arrivata anche la creatività di Hakan Çalhanoğlu: giocatore che consentirà a Montella di poter contare su un set di alternative da un punto di vista tattico, grazie alla sua versatilità. Anche se – ed è interessante osservarlo – è proprio il discorso sulla posizione in campo che dà forma ai sempreverdi dubbi della questione. La sensazione post-analisi, in ogni caso, è che il Milan abbia scelto Çalhanoğlu per rispondere alle necessità imposte da un identikit piuttosto chiaro: c’era bisogno di un elemento di qualità allo stato puro, che ispirasse ed accompagnasse una squadra idealmente vivace; un dieci in grado di rifinire e di far rifinire. Adesso che è arrivato diventa lecito domandarsi come potrà impattare sul nuovo Milan, e soprattutto quanto peso eserciterà la sua influenza.

Inserire l’ex giocatore del Bayer Leverkusen nel proprio sistema sarà una mission centrale nel precampionato di Montella, ma non l’unica. A complicare il puzzle (o ad arricchirlo, dipende dai punti di vista) ci sono infatti tutti gli altri casi relativi ai nuovi arrivati, e più in generale una rosa per la maggior parte inedita e stracolma di scommesse in cui nessuno ha ancora ben capito su chi convenga puntare i riflettori. In tutto questo a Çalhanoğlu spetta soltanto un titolo, ossia quello di ultimo arrivato. Tradotto: non è detto che al 31 agosto sarà ancora considerato il fiore ad occhiello della campagna acquisti, pertanto il suo processo di inserimento dovrà avvenire in simbiosi con quello degli altri senza passare da corsie preferenziali. Non che ne abbia bisogno, ma il concetto generale è tanto rilevante quanto sottovalutato: una ricostruzione attraverso investimenti di media portata può essere efficace solo se ciascuna pedina è in grado di auto-regolarsi per semplificare il compito dello staff; in particolare se la maggior parte di chi arriva da fuori (Çalhanoğlu è solo l’ultimo esempio) non conosce né Paese né campionato di destinazione. Al di là di questo (e sorvolando sul fatto che ha saltato la seconda metà della scorsa stagione per squalifica), l’operazione che ha portato il turco alla corte di Montella non può che essere considerata positiva: i 23 anni e le oltre 230 presenze nel calcio professionistico in archivio contribuiscono ad offrire una visione decisamente apprezzabile del profilo di Çalhanoğlu.

C’è un dato più di tutti gli altri che si rende eloquente nell’evidenziare le sue qualità, e consiste nelle 29 occasioni da rete create nell’arco di 15 presenze nella Bundesliga 2016/17, per una media aritmetica di quasi 2 per gara. Una cifra enorme, la cui rilevanza è consolidata da questa tabella di Squawka: pur essendo stato impiegato per una minima parte della stagione, Çalhanoğlu è stato il recordman del Bayer Leverkusen in termini di pericolosità offensiva. Nel sistema di valutazione adoperato il suo punteggio era pari a 589; Chicharito, secondo in graduatoria, non è andato oltre i 474. Per il Milan di Montella, particolarmente arido nelle giornate no di Suso e Bonaventura, un centrocampista offensivo con l’innata creatività propria del turco era uno dei tasselli mancanti. Posto che di dubbi sul compito che Çalhanoğlu è solito svolgere sul campo non ce ne sono, ciò che incuriosisce sono piuttosto le ipotesi sulla sua futura collocazione: saranno le sfumature, e quindi le disposizioni tattiche di squadra, che ne limiteranno o ne acuiranno le caratteristiche.

Impiegarlo da ala sinistra nel 4-3-3 che Montella ha dimostrato di prediligere durante la scorsa stagione potrebbe giovargli nel lungo termine (imparerebbe a destreggiarsi in una zona di campo non esattamente sua), ma c’è il rischio che scivolamenti in arretramento e incarichi in ampiezza finiscano per metterlo in difficoltà nell’immediato. Possiamo trarre alcuni spunti interessanti in tal senso da una serie di dichiarazioni di Fatih Terim, intervistato pochi giorni fa. Il Ct della Turchia è tra i suoi più profondi conoscitori (ed estimatori), e lo descrive come «un vero lottatore, un centrocampista offensivo abile a giocare anche sull’ala». Aggiunge anche che «è un vero e proprio team player», sostanzialmente riconoscendone le doti associative che incarna all’interno del suo stile di gioco. Çalhanoğlu ha sempre segnato con grande continuità nelle quattro stagioni in cui si è confrontato con i massimi livelli del calcio tedesco, ma non è propriamente un rifinitore. Non è un caso che la maggior parte delle sue reti siano scaturite da calci piazzati (nella disciplina è un portento: basti pensare che nel video celebrativo con cui la Bundesliga lo ha salutato su Facebook poco dopo l’ufficialità comunicata dal Milan si susseguivano in serie soltanto esecuzioni di free-kick).

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Numeri alla mano, se considerassimo soltanto le reti segnate con la palla in movimento queste sarebbero all’incirca la metà rispetto agli assist serviti (53 totali in carriera). Inoltre, la sua percentuale in finalizzazione si assesta sul 17%, mentre quella legata agli assist è pari al 28%: una spaccatura utile a distinguere struttura e sovrastruttura nel set di giocate del turco. Da un punto di vista posizionale le sue heatmap rivelano la spiccata tendenza a muoversi lungo l’intero corridoio centrale del campo (in carriera è stato impiegato più o meno ovunque), con una leggera predilezione per il centro-sinistra dovuta ad una determinata consapevolezza: pochi centrocampisti possono vantare la precisione del destro di Çalhanoğlu, che è peraltro particolarmente efficace quando scoccato ad effetto. È questo il motivo per cui, nel caso in cui Montella dovesse decidere di schierarlo come mezzala di un centrocampo a tre interpreti, la sua posizione sarebbe già delineata in partenza. Per caratteristiche è naturalmente impensabile vederlo come mediano o box-to-box in una linea a due: non è fisicamente adeguato, non ha ancora sufficiente continuità e, nonostante la buona volontà, pecca in fase di interdizione.

Altro evidente punto debole (forse il più grave parlando di competenze tecniche) sta nell’eccessiva lentezza con cui capita talvolta di vederlo condurre la fase di rifinitura: se non trova lo sbocco immediato si rifugia in conduzioni orizzontali lasciandosi andare a serie di tocchi futili che consentono agli avversari di compattarsi. Giustificabile, se si pensa che le sue responsabilità nell’ultimo terzo di campo sono consistenti, ma è sicuramente un aspetto del suo gioco che dovrà migliorare. Tutto questo senza tener conto del fatto che costringerlo ad arretrare il proprio raggio d’azione di 15/20 metri equivarrebbe a ridurne clamorosamente il potenziale offensivo, che resta pur sempre la sua peculiarità. Dato per scontato che l’iper-offensivo 4-1-4-1 con il doppio trequartista non verrà neppure preso in considerazione come organizzazione di base, ne deriva che l’unica casella che il turco potrebbe occupare senza rimetterci in termini di rendimento è quella di centrocampista avanzato di un 4-2-3-1, o 4-2-1-3 che dir si voglia. È in quella posizione, centrale e accentrante, che Montella potrà trarne i maggiori dividendi.

Una classifica delle sue migliori punizioni

Un ribaltamento del triangolo in mediana è dunque l’ipotesi più accreditata, nonostante un’incognita consistente sia ancora rappresentata dal mediano che dovrebbe eventualmente affiancare Kessié. Con tutta probabilità sarà proprio quella scelta a determinare il futuro collocamento dell’ex Bayer: nel caso in cui dovesse arrivare un centrocampista di sostanza, volto maggiormente al contenimento, allora Çalhanoğlu rappresenterà il vertice alto, qualitativo del centrocampo; altrimenti i dubbi relativi ad un eccessivo sbilanciamento potrebbero portare Montella a confermare una linea a tre formata dal regista e da due mezzali. Negli anni di Firenze l’Areoplanino non ha mai fatto uso di trequartisti stampo-Çalhanoğlu, ma semplicemente perché non ne ha mai avuti: la sua idea di calcio offensivo, armonico e ricco di trame ma rapido al contempo, ha in realtà sempre previsto un tassello qualitativamente superiore in grado di amministrarlo standone al centro. Va da sé che anche da questi presupposti immaginare il turco in quella posizione del nuovo Milan risulta quasi immediato.