A Wimbledon anche i boxer devono essere bianchi

Dal primo torneo di Wimbledon, che si svolse nel 1877, fino a oggi, c’è una regola che è rimasta immutata: l’obbligo per i tennisti di vestirsi di bianco. All’inizio, nei primi anni di esistenza della competizione, la scelta fu fatta perché gli indumenti di colori accesi rivelavano più facilmente le tracce di sudore, cosa giudicata sconveniente. Oggi l’all-white dress code è qualcosa che ormai appartiene all’immaginario del torneo, come le fragole e panna o come l’estrema cura dei campi. Non si tratta però di una semplice tradizione, bensì di un obbligo rigido e inderogabile che viene anche fissato nel regolamento del torneo che i partecipanti devono osservare: «Il bianco non comprende bianco sporco o crema; è consentita una striscia colorata nella zona del collo o delle maniche che non sia più grande di un centimetro, anche per i loghi degli sponsor. Anche le scarpe devono essere interamente bianche, incluse le suole. Ogni indumento intimo colorato che sia visibile o possa essere visibile non è consentito».

Può sembrare un’esagerazione, invece, negli ultimi giorni, le ferree regole di Wimbledon sono state applicate per alcuni giocatori partecipanti ai tornei juniores: è successo al diciottenne Jurij Rodionov e ai due doppisti Zsombor Piros e Yibing Wu. Non gli è stato permesso di giocare perché, hanno rilevato i supervisor, i tennisti indossavano mutande nere: gli è stato perciò imposto di andare negli spogliatoi e cambiarsele con intimo di colore bianco.

Anche Roger Federer, il tennista che ha vinto più titoli a livello maschile insieme a Sampras e Renshaw (sette, ma occhio: sta lottando per l’ottavo), è incappato nell’infrazione del regolamento nel 2013: aveva ai piedi scarpe sì bianche, ma con le suole color arancione.