Un’altra conferma del fatto che il football fa male

di Redazione Undici
26 Luglio 2017

La dottoressa Ann McKee, neuropatologista ed esperta in malattie neurodegenerative alla Boston University School of Medicine, ha esaminato i cervelli di circa 202 giocatori di football deceduti. Un ampio studio sulle sue ricerche è stato pubblicato dal Journal of the American Medical Association: dei 202 giocatori presi in esame, 111 dei quali ex giocatori di Nfl, ben 110 presentavano problematiche causate da C.T.E., encefalopatia traumatica cronica, o altri disturbi degenerativi che sembrano legati ai continui colpi alla testa. La Cte può presentare sintomi come perdita di memoria, confusione, depressione e demenza; tutte queste problematiche possono insorgere anni dopo la fine dell’attività sportiva. I cervelli presi in esame provenivano da atleti morti tra i 23 e gli 89 anni, con uno spettro di ruoli che copre praticamente ogni tipo di posizione in campo: quarterback, running back e linebacker, e anche place-kicker e punter.

Sono sia giocatori sconosciuti che membri della Hall of Fame come Ken Stabler. Tra gli atleti analizzati c’è anche Ollie Matson, 14 stagioni in Nfl, e 2 medaglie olimpiche nei 400 metri piani ai Giochi di Helsinki 1952. Nonostante secondo McKee ci sia «ancora un’enorme parzialità dei dati», 110 giocatori risultati positivi rimangono un’evidenza scientifica importante, testimonianza di quanto sia alto il rischio di sviluppo dell’encefalopatia traumatica cronica, malattia diagnosticabile soltanto dopo la morte. Sono circa 1300 i giocatori morti da quando la Boston University ha cominciato le proprie ricerche, e dopo un iniziale scetticismo la Lega statunitense sta iniziando ad accettare i risultati medici, promuovendo il flag football e invitando i bambini a non giocare in tenera età.

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