Si tende a pensare che le suggestioni narrative costruite intorno ai grandi cicli calcistici, quelli che hanno fatto la storia del gioco, siano destinate a sopravvivere al tempo che passa, in modo da riproporsi anche dopo molti anni, negli stessi luoghi. Il Calcio Totale, il Dream Team e la Masia, la Grande Inter, la Máquina del River Plate. Esempi di racconti radicati che ritornano con scadenze irregolari, appena sopraggiunge qualcosa che li ricordi, anche solo vagamente. Il Real Madrid, in questo senso, è da sempre una fabbrica di genere molto produttiva: i Galácticos degli anni Duemila, in varie edizioni, sono stati un tentativo di rivivere la leggenda trascendente della squadra di fine anni Cinquanta, le cinque Coppe dei Campioni di fila, Di Stéfano e Puskás, Kopa, Gento; trent’anni fa comparve la Quinta del Buitre, espressione idiomatica utilizzata per identificare una fioritura di talenti allevati nella cantera blanca, una Generación Dorada in grado di aggiudicarsi sei campionati spagnoli e due volte la Coppa Uefa. Durante la sua prima presidenza, Florentino Pérez mise a punto la filosofia composita, la Pavones y Zidanes, fondata sull’idea di unire la mistica dei Galácticos allo sviluppo dei prospetti domestici: un acquisto annuale, dal grande peso tecnico, economico e mediatico, e l’inserimento progressivo dei migliori calciatori cresciuti nelle squadre giovanili.
Il nuovo tempo del Real Madrid è un tempo diverso, perché non si realizza attraverso un solo contatto col passato ma si fonda su un pensiero misto, più contemporaneo, più internazionale. La politica di mercato adottata negli ultimi anni allarga gli orizzonti perché abbassa l’età del reclutamento ed espande i confini geografici, rintraccia e abbraccia l’hype, anzi è proprio la forza prospettica che individua e caratterizza e guida le operazioni in entrata. Non è ancora stata trovata un’espressione oppure un motto evocativo che possa definire compiutamente questa nuova era, per il momento al Bernabéu si accontentano degli incredibili risultati raggiunti. Perché il modello funziona, anche senza un titolo. E ha già riscritto, con la forza delle vittorie, la storia del club più titolato d’Europa. Quindi, anche la storia del gioco.
Hype Real Madrid, edizione 2017/1: come gioca Theo Hernández
Florentino Pérez è stato rieletto qualche settimana fa come presidente del Real Madrid, e proprio in occasione di questo evento – intervistato da Marca – ha spiegato il nuovo sistema di concetti e significati che determina il mercato del club: «Ci siamo sempre concentrati sull’acquisto dei calciatori più forti in assoluto e dei migliori prospetti spagnoli, e poi sulla formazione interna. Ora abbiamo perfezionato il nostro approccio, siamo attenti ai giovani provenienti da tutto il mondo. Stiamo portando avanti un grande progetto, che garantirà il nostro domani». Questa rivoluzione del Real è l’affermazione di una cultura del presente, un adattamento d’élite a un’idea recente del calcio in relazione alla costruzione di una squadra. In un articolo pubblicato originariamente su Panenka e “ospitato” anche da Undici (numero 15), Jorge Bustos scrive che «il successo madridista è legato alla sua totale modernità. Non ha mai fatto concessioni all’identità: che fosse etnica, sociologica, ideologica. Il Madrid vince noncurante del deterioramento del tempo, se ne serve per reincarnazioni al limite dell’insensato». In un certo senso, quindi, il Real che riscrive il suo modo di fare calciomercato ha solamente assecondato una tradizione che gli appartiene: rinnovarsi, accogliere il nuovo, per continuare a vincere.
Il nuovo, in questo caso, è un progetto abbozzato durante l’era-Mourinho e poi concretizzatosi nelle sessioni di mercato successive all’addio del portoghese. L’affare turning point è quello di Raphaël Varane, nel 2011: il club investe 10 milioni di euro per un difensore diciottenne del Lens, il tecnico portoghese lo inserisce subito nei meccanismi del turnover, inizia ad alternarlo a Sergio Ramos e Pepe, lo definisce «un calciatore dalle grandi qualità, utile già per il presente e non solo per il futuro» nonostante la sua esperienza professionistica si riduca a 24 presenze totali e una retrocessione in Ligue 2 con una squadra di seconda fascia. Un’operazione del genere descrive i nuovi criteri di costruzione e selezione della rosa, a loro volta già parametrati in maniera diversa rispetto al passato. L’acquisto del centrale francese si accompagna infatti a quelli di Fábio Coentrão e Nuri Sahin e segue di un anno quelli di Khedira, Mesut Özil, Di María. Si tratta di trasferimenti diversi per impatto e per tipologia, ma il tratto comune è rappresentato da un’età media decisamente bassa, soprattutto per gli standard del club. È una trasformazione storica, Marca scrive che Mourinho «sta costruendo una squadra destinata a durare dieci anni».
Raphaël Varane, highlights della stagione 2012/2013: 28 partite da titolare nel Real Madrid, a cavallo tra i 19 e i 20 anni
In realtà – e a dispetto di quanto scritto in precedenza -, le operazioni concluse dal Madrid per la reggenza successiva di Carlo Ancelotti sono state effettivamente inscatolate, da alcuni commentatori, in una definizione che provava a raccogliere l’eredità narrativa della Zidanes i Pavones, la “Bales y Carvajales”. È un espressione che però non basta, è decisamente limitante, ed un articolo di Espnfc spiega perché in maniera chiara: «La nuova policy di Florentino Pérez è esclusiva per quanto riguarda i grandi colpi, perché i calciatori acquistabili per cifre molto alte devono essere di grosso calibro, ad esempio come Bale, oppure tanto vale non comprare nessuno. Il reclutamento diventa però inclusivo per i giovani talenti, il Real cerca di fare jackpot riportando a casa ogni anno un paio di calciatori reduci da esperienze in prestito, e che si sono evoluti molto di più rispetto a quanto avrebbero fatto rimanendo a Madrid. Si può parlare di “Bales y Carvajales”, di “Bales y Casemiros”, di “Bales y Vazquezes”. Tutte le combinazioni hanno un bel suono».
Eppure, nessuna riesce ad appiccicarsi davvero all’immaginario collettivo, perché nessuna è davvero completa. Il discorso è ancora più ampio, più radicato, non riguarda solamente i calciatori di ritorno da uno stage formativo ma finisce per orientare, incidendo direttamente sul mercato, anche la costruzione della prima squadra. Il gruppo storico dei fuoriclasse è stato integrato, anno dopo anno, con giocatori di grande potenziale, provenienti indifferentemente dalla Spagna e dall’estero: Isco, Illarramendi e Casemiro nel 2013, Lucas Silva nel 2014, Asensio, Danilo e Kovačić nel 2015. Il sistema tattico e quello delle rotazioni, da Ancelotti a Zidane passando per Benítez, ha potuto trovare sempre nuovi sbocchi, nuove possibilità, perché la qualità dei prospetti arrivati al Bernabéu è sempre stata altissima e pure modellabile, in base alle idee e alle esigenze. È lo schema Varane che si ripete, è un’organizzazione che permette una valorizzazione accurata, tecnica ed economica, di ogni calciatore. Oggi il Real «non è più un cimitero per giovani talenti», come scritto da Sportskeeda. Anzi, persino persino gli acquisti più importanti – e costosi – sono una crasi tra il concetto del fuoriclasse e quello dell’hype: Bale è arrivato al Bernabéu a 24 anni (2013), James Rodríguez si è unito al Madrid quando ne aveva ancora 23 (2014).
L’esperimento di eugenetica e sostenibilità calcistica del Real Madrid si sta compiendo in maniera definitiva nella sessione di calciomercato in corso, tutte le operazioni in entrata del club campione d’Europa riguardano calciatori sotto i 24 anni. Jesús Vallejo, Marcos Llorente e Borja Mayoral, in campo con la Rojita nella finale dell’Europeo Under 21 contro la Germania, sono rientrati dalle loro esperienze in prestito e sono stati aggregati alla prima squadra. I primi due, come scritto anche da Marca, sono già stati investiti di un ruolo importante nella narrazione del Madrid: succederanno ai vari Varane, Isco, Asensio, Casemiro, punteranno allo sviluppo interno e al posto da titolare partendo dalla condizione di prima alternativa.
Hype Real Madrid, edizione 2017/2: Marcos Llorente contro il Manchester City
Vallejo sostituirà idealmente Pepe nelle gerarchie dei centrali difensivi, pur avendo skills completamente diverse rispetto a quelle del portoghese: l’ex Real Saragozza, 21 anni da compiere a gennaio, è un marcatore dal gioco elegante, dal controllo di palla aristocratico, secondo FourForTwo «può essere considerato l’erede naturale di Piqué per le sue abilità uomo contro uomo e per la capacità di costruire il gioco e gestire il possesso». Il 22enne Llorente occuperà la casella di regista arretrato, lasciata idealmente scoperta dalla traiettoria sbagliata da Asier Illarramendi – uno dei pochi youngster acquistati dal Madrid ad aver deluso le aspettative, oggi è tornato alla Real Sociedad. Durante l’annata in prestito all’Alavés, Llorente si è segnalato come uno dei playmaker più precisi della Liga (87% di precisione nei passaggi a fronte di una media di 55 palloni giocati per match), ha un gioco pulito, lineare, e garantirà a Zidane un’alternativa concettualmente differente rispetto alla geometria elementare, tuttavia preziosissima, di Casemiro. Borja Mayoral, per il momento, è il sostituto di Morata in attesa degli sviluppi del calciomercato: è un attaccante istintivo, bravissimo nella lettura delle occasioni, un anno e mezzo fa Bleacher Report paragonava il suo gioco a quello di Luis Suárez. L’annata al Wolfsburg non è stata positiva (2 gol in 21 presenze totali), e forse anche per questo la dirigenza sta valutando l’ipotesi di acquistare una punta per ovviare all’addio non solo di Morata, ma anche dell’altro canterano Mariano Díaz, passato al Lione.
Theo Hernández e Dani Ceballos sono invece i due investimenti più importanti, arrivano dall’Atlético Madrid e dal Bétis Siviglia per ampliare il parco alternative a disposizione di Zidane. Hernández (20 anni da compiere a ottobre) è un terzino sinistro che interpreta il ruolo in chiave moderna, in grado di abbinare una fisicità importante (185 x 78) a una grande qualità nel trattamento del pallone. Non è un velocista puro, la sua falcata è lunga, il suo incedere è potente, ma possiede la resistenza necessaria per coprire l’intera corsia laterale lungo l’arco dei 90′. Il sito Outsideoftheboot l’ha eletto Best Young Debutant della scorsa stagione – nel 2016 lo stesso titolo andò a Gigio Donnarumma -, per il Guardian ricorda «il primo Bale, è un esterno basso grezzo con grandi doti nella fase d’attacco». Rivedendo i suoi video skills il talento si percepisce in maniera chiara, netta, insieme a un’impressionante facilità di corsa palla al piede, ma in effetti le percussioni in zona offensiva sono molto più numerose rispetto agli intercetti e ai tackle riusciti – non a caso si ferma a 3.9 eventi difensivi per match, 137esimo tra tutti i difensori dell’ultima Liga. Negli slot dell’organico di Zidane, coprirà un buco che il Real si porta dietro da anni, quello alle spalle di Marcelo. Difficile immaginare un contesto tattico e un tutor migliori per la crescita di un terzino con determinate caratteristiche, e con un potenziale così alto. L’obiettivo finale, nel caso di Hernández, è l’equilibratura tattica dell’hype.
Hype Real Madrid, edizione 2017/3: il primo Clásico di Dani Ceballos
Il discorso su Dani Ceballos, che proprio in questi giorni compie 21 anni, è leggermente diverso: l’andaluso va ancora definito dal punto di vista della posizione in campo, ha doti enormi ma ancora liquide, è un talento purissimo in cerca di razionalizzazione. Come Isco e Asensio, Ceballos può giocare come mezzala (è stato provato in questo ruolo durante la preseason), trequartista mobile, esterno di possesso nel tridente asimmetrico costruito intorno a Benzema e Cristiano Ronaldo. La prima interpretazione del calciatore secondo Zidane è un’affascinante sfida di gioco postmoderno: sfruttare nel cuore della manovra il rapporto strettissimo, viscerale, tra Ceballos e il pallone, un amore che prescinde dalla pressione avversaria, che anzi sa esaltarsi soprattutto negli spazi più stretti, più intasati. Proprio come quelli in cui agisce il centrocampo del Real Madrid, sempre alla ricerca del possesso e quindi soggetto a continui tentativi di interdizione. L’idea è suggestiva, è bello immaginare un giocatore con numeri da fantasista (2.7 dribbling riusciti per match, quarta quota dell’ultima Liga, e il 68% dei take-on vinti) in appoggio alla regia cerebrale di Kroos o al dinamismo illuminato di Modrić. Sarà interessante capire come e quando i due uomini di costruzione di Zidane potranno lasciare spazio al progetto di sviluppo di Ceballos, che nel gioco delle coppie entrerà in concorrenza con Kovačić per essere la prima alternativa agli interni titolari.
A circa tre settimane dalla fine del mercato, la narrazione su possibili, ulteriori colpi del Real Madrid non si allontana dal modello ormai implementato da Florentino Pérez. L’eventuale arrivo di Kylian Mbappé rappresenterebbe il cortocircuito definitivo tra hype e tradizione del fuoriclasse, tra impatto immediato e prospettiva di miglioramento. L’acquisto del 18enne wonderkid del Monaco permetterebbe a Zidane di colmare l’unica piccola lacuna del suo organico, ma rappresenterebbe anche un evento segnante, l’inizio di un nuovo ciclo, ora che si approssima – almeno anagraficamente – il tramonto di Cristiano Ronaldo. In realtà, il Madrid ha già avviato questo passaggio storico, attraverso gli affari di cui abbiamo parlato, ma anche con la decisione simbolica, tecnica ed economica di portare al Bernabéu Martin Ødegaard e Vinicius Júnior. Il primo è il più giovane esordiente di sempre nella storia del club, oggi è in prestito all’Heerenven per cercare di riscattare un percorso di formazione più lento del previsto. Il brasiliano è il teenager più pagato nella storia del calcio, ha compiuto 17 anni un mese fa e per il suo cartellino il Real ha investito 45 milioni di euro – praticamente a scatola chiusa.
Si tratta di due operazioni che espandono il racconto sulla nuova legacy del club, completano la descrizione di un progetto che si svolge nel presente ma in realtà si muove in un tempo dilatato, nuovo, proiettato al domani. Un progetto che non avrà ancora una definizione universalmente riconosciuta, ma ha un obiettivo chiaro: prevedere, prevenire, dominare il futuro, costruirlo già nel presente. Ricercare e accogliere il nuovo, per continuare a vincere. Per continuare ad essere il Real Madrid.