I nuovi volti della Serie A

Da Bentancur a Musacchio, passando per Eysseric: sei giocatori del campionato italiano da cui è lecito aspettarsi qualcosa.

Come ogni anno il mercato estivo ha arricchito la multietnicità del campionato italiano, portando nei club di A giocatori stranieri di vario genere. Ne abbiamo scelti sei tra quelli meno conosciuti: Castagne, passato all’Atalanta via Genk; Eysseric, oggi alla Fiorentina dopo un mese di estenuanti trattative; Dalbert, che di Eysseric era compagno al Nizza e che è arrivato alla corte di Spalletti; Bentancur, possibile outsider del centrocampo di Allegri alla Juventus; Musacchio, che dal Villarreal è passato al Milan; Cengiz Under, scommessa di Monchi che a 20 anni ha già fatto vedere cose discrete.

Timothy Castagne

Rapid Wien's Austrian defender Thomas Schrammel (L) vies with Genk's Belgian defender Timothy Castagne during the UEFA Europa League football match between KRC Genk and Rapid Wien, on November 24, 2016, in Genk. / AFP / BELGA / YORICK JANSENS / Belgium OUT (Photo credit should read YORICK JANSENS/AFP/Getty Images)

L’Atalanta ha scelto lui per rimpiazzare Conti, passato al Milan. I due sono giocatori estremamente simili sia per posizione occupata che per caratteristiche tecniche, fattore che conferma come l’idea di Gasperini sia quella di portare in Europa il proprio modello tattico tentando di snaturarlo il meno possibile. Il belga, con un passato al Genk fatto di 99 gare ed una prima, concreta esperienza in Europa League, rappresenta il profilo ideale per riproporre pur con qualche modifica nelle individualità il 3-4-3 (o 3-4-2-1) che tanto ha avuto successo a Bergamo durante la scorsa stagione. Classe ’95 del mese di dicembre, e quindi ancora 21enne, Castagne è stato impiegato come terzino destro sia da Peter Maes che da Stuivenberg nella sua ultima annata in Jupiler Pro League. Il modulo di partenza era il 4-2-3-1, ma ai laterali più arretrati era concessa licenza di spingere; ne deriva che la heatmap posizionale di Castagne sia oggi molto simile a quella di Conti, che invece ha trascorso l’ultima stagione e mezzo come esterno a tutto campo. La differenza sostanziale tra i due sta nei numeri legati alla produzione offensiva: appena 2 reti segnate e 1 assist servito da parte del belga, a fronte dell’8+5 messo a referto dal nuovo giocatore del Milan.

Le due heatmap di Conti (dx) e Castagne (sx) a confronto: le differenze sugli spazi occupati mediamente (il belga tende ad entrare leggermente più dentro al campo) sono minime, assolutamente trascurabili.

Esaminandone il confronto da un punto di vista meno cinico, ecco che risaltano invece tutte le loro somiglianze. Si equivalgono sostanzialmente nella lunghezza media dei passaggi, che è pari a poco meno di 17 metri per entrambi e sta a significare una discreta propensione al gioco sul lungo (cross dalla fascia, cambi di gioco, passaggi filtranti per l’inserimento di un attaccante o del proprio dirimpettaio); è uguale anche la precisione dei loro passaggi, un migliorabile ma sufficiente 78% per entrambi, così come c’è davvero poca differenza tra il 47% di duelli vinti da Castagne e il 45% di Conti. Infine i take-ons, dove il divario è viceversa evidente: 60% di vittorie registrate dal belga, contro un più scarno 40 dell’ex nerazzurro. Anche se in questo caso è inevitabile che vada tenuto sotto controllo l’indice di competitività del campionato: trovarsi di fronte Alex Sandro, Emerson o Perisic (giusto per nominarne alcuni) è diverso dal dover affrontare i laterali di sinistra del campionato belga. Risiede in questo ambito dell’analisi, quello della diversità tra i contesti, anche il dubbio più forte, ossia i tempi di ambientamento di cui necessiterà Castagne. È vero che si è trasferito a Bergamo già da un mese abbondante, ma il campionato necessita di una fase di conoscenza. La sensazione a dieci giorni dal rompete le righe, in ogni caso, è che un profilo futuribile ed esperto allo stesso tempo come il suo fosse l’ideale per rimpiazzare la partenza di Conti.

Valentin Eysseric

In un’estate in cui la Fiorentina ha ceduto gran parte dei suoi giocatori migliori, l’addio di Bernardeschi è stato indubbiamente quello più duro da affrontare dal punto di vista della creatività sulla trequarti. Per questo motivo, con i soli Saponara e Chiesa a garantire un minimo di certezze in quella zona di campo, l’arrivo a Firenze di Eysseric rappresenta una enorme boccata d’ossigeno: il francese, prelevato dal Nizza, è ad oggi l’uomo che completerà il trio alle spalle della punta nel 4-2-3-1 di Pioli. Peculiarità fondamentale del francese, 25 anni compiuti lo scorso marzo, è la duttilità: in carriera ha ricoperto indifferentemente il ruolo di trequartista centrale, ala sinistra o ala destra, grazie ad un background tecnico di tutto rispetto e ad una buona dose di imprevedibilità. Durante l’ultimo campionato con il Nizza ha messo insieme 29 presenze con 4 reti e 7 assist registrati all’attivo, mantenendo valori abbastanza soddisfacenti anche negli aspetti non legati alla prolificità come il dribbling (1.4 riusciti a partita) e i passaggi chiave (1.2).

Nel video qua sopra sono riprodotti gli assist confezionati nel corso della stagione 2016/17, la maggior parte dei quali rappresentano lo specchio delle sue abilità tecniche e del grande livello di associatività che gli compete. Tra scavetti, colpi di tacco e cross filtranti di venti metri è evidente che la giocata semplice non sia esattamente quella che predilige, e in questo senso il suo set-up potrebbe aver bisogno di un piccolo accorgimento in termini di priorità; il fatto che a lavorare sul francese sarà un pragmatico come Stefano Pioli, in ogni caso, fa ben sperare. Il grafico della distribuzione qualitativa di Eysseric premia già oggi la predisposizione all’assist, che secondo Wyscout occupa un consistente 32%, ma in generale il suo è il profilo di un giocatore piuttosto equilibrato. Come collocazione tattica, perché se parlassimo di esuberanze che possano portarlo fuori controllo questo video di quattro anni fa è un pessimo biglietto da visita.

Il suo esordio in amichevole ha già portato all’attivo un gol (anche se realizzato su calcio di rigore contro un avversario di livello discutibile), ed è proprio sul fronte prolificità che un incremento del suo apporto è da considerarsi quasi imprescindibile: per una Fiorentina che ha perso Bernardeschi, e la garanzia della sua doppia cifra, scoprire in Eysseric un incursore in grado di portare in cascina 8/9 reti oltre che un assistman sarebbe una piacevolissima sorpresa.

Mateo Musacchio

CAIRATE, ITALY - JULY 05: Mateo Pablo Musacchio of AC Milan looks on during the AC Milan training session at the club's training ground Milanello on July 5, 2017 in Cairate, Italy. (Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

La presenza nella rosa del Milan di uno dei giovani italiani più apprezzati come Romagnoli, e il successivo acquisto di Bonucci dalla Juventus, hanno messo temporaneamente in secondo piano un altro innesto di grande valore: quello di Musacchio, acquistato dal Villarreal per 18 milioni di euro. L’argentino è per distacco il giocatore più affermato tra quelli citati in queste righe: a 26 anni ha giocato 307 gare da professionista, segnando 11 reti in tutte le competizioni. All’inizio della scorsa stagione è partito come punto fermo nel 4-4-2 di Escribà, salvo poi mettere in fila ben sei infortuni tra la fine di settembre e maggio e cedere ripetutamente il posto ad Alvaro Gonzalez, che assieme a Victor Ruiz ha tenuto le redini della difesa in sua assenza. Musacchio è un difensore centrale dalle qualità fisiche piuttosto deficitarie (non supera il metro e ottanta, ed è anche piuttosto leggero), cui affianca però un grande tempismo d’intervento e una velocità nettamente sopra la media che gli consente di tenere il passo della netta maggioranza degli avversari. Le sue statistiche in termini di gestione della sfera sono mediamente inferiori a quelle dei pari ruolo, anche se il Villarreal della scorsa stagione si è distinto per la tendenza a compattare i reparti e per conseguenza a tenere la linea dei difensori molto a ridosso della metà campo; ne deriva che la percentuale delle scelte sicure in quanto a passaggi diminuiva drasticamente (e infatti Musacchio condivide questo leggero deficit sia con Gonzalez che con Ruiz, gli altri difensori centrali della squadra). Una debolezza del suo gioco in senso assoluto consiste invece nel gioco aereo, dove perde il confronto su tutta la linea: sia con gli ex compagni che con quelli nuovi.

Per alcune movenze ricorda molto Gonzalo Rodriguez, in particolare in un caso: la sua finta, il cambio di direzione a disorientare l’attaccante in pressing, non è basata sul cambio di passo, ma sulla tecnica pura. A tal proposito, già nel corso delle prime amichevoli estive con il Milan ci ha dato prova della sua temerarietà. In ogni caso, a differenza del connazionale, Musacchio è molto più veloce. La maggiore incognita sul suo potenziale rendimento, è legata oggi alla posizione del campo in cui Montella deciderà di schierarlo, ovvero al dubbio tra 3-5-2 e 4-3-3. Nel caso in cui l’opzione prescelta dovesse essere la difesa a quattro l’ex Villarreal si siederebbe comodamente in panchina, vista e considerata l’imprescindibilità della coppia Bonucci-Romagnoli. Se invece le cose dovessero andare diversamente per Musacchio potrebbe essere ritagliato il centro-destra al fianco di Bonucci, con Romagnoli che andrebbe ad occupare il versante opposto della difesa a tre. Quest’ultima opzione sarebbe tatticamente la più naturale, se non altro perché permetterebbe al neo capitano del Milan di sfoggiare tutto il suo potenziale come regista arretrato, senza limiti.

Dalbert Henrique

Nice's Brazilian defender Dalbert Henrique (L) vies with Paris Saint-Germain's Ivorian defender Serge Aurier during the French L1 football match between Paris Saint-Germain and Nice at the Parc des Princes stadium in Paris on Deecmber 11, 2016. / AFP / FRANCK FIFE (Photo credit should read FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Uno dei problemi più urgenti da risolvere sul mercato in casa Inter era quello legato al terzino sinistro, ruolo che spesso e volentieri ha creato una falla negli scorsi anni. Così, per una Juventus che gioca con Alex Sandro, una Roma che risponde con Emerson e un Milan che si è affrettato a portare in Italia Rodriguez, Sabatini e Ausilio hanno investito circa 20 milioni di euro sul brasiliano Dalbert, al Nizza durante la scorsa stagione. Le sue caratteristiche, piuttosto simili agli esterni della Roma (Bruno Peres ed Emerson) lasciano pensare che Spalletti abbia intenzione di dare al 4-2-3-1 della sua Inter una parziale sfumatura di difesa a tre proprio come fatto nell’ultimo anno e mezzo con i giallorossi.

Nel Nizza di Favre, che usava alternare un classico 4-3-3 ad un più elaborato 3-5-2, ha giocato 38 partite così suddivise: 25 da terzino sinistro e 13 da esterno a tutto campo, con la tendenza a ricercare la profondità come costante. A scanso di equivoci, Dalbert non è affatto un mostro in quanto a prolificità, e anzi, oltre ad aver messo insieme solo 4 assist nella scorsa stagione, ha segnato appena due reti in carriera. La ragione per cui l’Inter abbia deciso di puntarci è in ogni caso piuttosto evidente, e il video qui sotto lo dimostra efficacemente: le qualità fisiche e l’esuberanza di Dalbert lo rendono quasi inarrestabile sulla fascia, e se Spalletti dovesse riuscire a limarne i difetti (perlopiù di natura tecnica) si troverebbe in casa un vero e proprio craque del ruolo. Anche perché, nonostante alla sua età c’è già chi un’identità definita l’ha trovata, l’ex Nizza dà l’impressione di essere ancora calcisticamente immaturo.

La qualità più evidente del brasiliano consiste nella capacità di coniugare come pochi altri accelerazione e scatto, mantenendo velocità sopra la media per larghi tratti di campo. A tutto questo unisce un fisico elastico e imponente che gli consente di uscire vincitore dal 55% dei contrasti affrontati (ed essendo consapevole di questo ne cerca con spiccata frequenza). Di contro, e qui passiamo al lato negativo di questa sua peculiarità, ha una pessima visione di gioco e un tempismo anch’esso difettoso nel servire i compagni. Ovvero: corre, supera gli avversari in velocità e arriva al cross, ma senza seguire i movimenti di chi dovrebbe servire. Questo aspetto del suo gioco lo avvicina in parte al primo Bruno Peres, quello di Torino, che con il tempo sta mostrando i dovuti passi avanti. Insomma, oggi il maggior problema di Dalbert consiste nel rapporto estremamente basso tra produttività e mole di gioco creata. Sui palloni persi (1.4 a partita) possiamo invece essere più morbidi: la cifra è significativa, ma se presa insieme all’1.5 di dribbling riusciti e all’1.1 di cross per gara, tenendo conto anche di un ottimo 85% di passaggi riusciti, va da sé che il suo impatto sul giudizio del giocatore sia minore.

Rodrigo Bentancur

L’argentino ex Boca Juniors rappresenta una vera e propria eccezione relativamente al mercato della Juventus, che mai in questi anni ha acquistato un giocatore così giovane per inserirlo fin da subito, e in pianta stabile, nelle gerarchie della prima squadra. Allegri si è esposto per lui: nella stagione 2017/18 Bentancur farà parte della rosa di centrocampisti a disposizione. Un dettaglio del suo profilo generale che aiuta a comprendere perché proprio lui abbia rappresentato questa eccezione consiste nella maturità: Bentancur è cresciuto in fretta, sul campo e fuori, è un professionista serio e a dispetto dei suoi venti anni ha già messo in cascina un discreto curriculum.

Parliamo di un centrocampista centrale che qualcuno può aver già adocchiato nel precampionato, ma che ai più è comunque sconosciuto. Il suo è un fisico particolare, si slancia in altezza ma senza irrobustirsi, lasciandolo a metà strada tra il potenziale culturista e il mingherlino della situazione. In un pezzo pubblicato recentemente su L’Ultimo Uomo, Fabrizio Gabrielli lo descriveva così: «Molto alto, molto esile, aggraziato ma anche – a prima vista – lento. Non ha alcuna specifica abilità superomistica, ma nel suo gioco oltre all’eleganza c’è grande coerenza». Per capire perché il termine “coerenza” pare tra i più adatti quando parliamo di Bentancur è necessario fare un passo all’interno del suo stile di gioco, che è pulito ed efficace quando serve e lezioso ed estetico quando può permetterselo.

Bentancur (HEATMAP 2017)

La heatmap posizionale di Bentancur, che ne evidenzia le zone di campo occupate più intensamente. La giovane età e il ridotto numero di gare giocate da professionista sino ad ora fanno sì che il grafico sia ancora acerbo, ma già adesso non è difficile rendersi conto della sua versatilità.

Le doti di visione di gioco di Bentancur sono indiscutibili: vanta una qualità innata che alla sua età lo rende un unicum tra i centrocampisti in Europa. Ed è anche nell’ottica di valorizzare questa dote, volendo azzardare un’ipotesi, che nel corso degli anni la sua versatilità potrebbe essere sacrificata a favore di un posizionamento pressoché fisso in cabina di regia. Nel Boca ha ricoperto tutte le caselle del centrocampo, compresa quella del trequartista, ma la sensazione è che arretrare il suo raggio d’azione di quindici-venti metri possa essere la chiave giusta per aprirgli un ventaglio molto più ampio di opzioni di passaggio.

E per uno come lui, che con le aperture sugli esterni ci sa fare (ne conclude con successo oltre 2 ogni partita), significherebbe aumentare esponenzialmente l’indice di pericolosità. Nell’amichevole contro il Tottenham, ad esempio, da quando è entrato ha dato il la a due delle tre occasioni maggiori per la Juventus (la traversa di Cuadrado e il tiro di poco fuori di Bernardeschi). Allegri ha ammesso di vederlo sia in una linea a due che in una a tre, considerato l’ottimo apporto che in Argentina dava in interdizione (2.5 contrasti riusciti e 2.1 intercetti a partita), ma è naturale che in Serie A potrebbe trovare più difficoltà inizialmente da questo punto di vista. Per quanto le premesse possano essere buone, servirà tutta la capacità di Allegri nel lavorare con i giovani per forgiare Bentancur e farne una colonna della Juventus del futuro.

Cengiz Ünder

Potenziale fiore all’occhiello della campagna acquisti sin qui condotta da Monchi, Under è allo stesso tempo una scommessa rischiosissima. L’ex ds del Siviglia ha investito oltre 13 milioni di euro per prelevarlo dall’İstanbul Başakşehir, squadra di Super Lig dove il turco ha esordito nella massima serie e giocato la prima stagione da professionista. A dispetto dei 20 anni compiuti appena un mese fa, quella che Under si appresta ad iniziare con la Roma è la quarta stagione in una prima squadra (dopo le 101 presenze in Turchia, condite da un bottino di 20 reti segnate e 16 assist).

Under è un giocatore offensivo che predilige la fascia, indistintamente la destra o la sinistra, e che tende ad arrivare al cross con discreta continuità (Whoscored inserisce addirittura questo fondamentale tra i suoi punti di forza). Calcia egregiamente con entrambi i piedi (vedere i primi due gol nel video qua sopra per credere), il suo fisico minuto ne fa un giocatore estremamente agile e come se non bastasse vanta anche una spiccata personalità. È sempre nel vivo del gioco dalla metà campo in su (al di sotto di quella scende difficilmente, e questo potrebbe essere un problema per Di Francesco), sia nel bene che nel male: sono quasi 2 a partita sia i tiri che i palloni persi.

Le maggiori preoccupazioni sul suo conto, naturalmente a priori e quindi del tutto da verificare, riguardano perlopiù la distribuzione delle sue qualità in campo, decisamente poco omogenea. Secondo Wyscout, infatti, ci sono tre categorie di fondamentali in cui Under eccelle (gioco individuale, 27%; assist, 25%; finalizzazione, 21%) e tre in cui pecca fortemente (fase difensiva, 11%; passaggi, 9%; gioco aereo, 7%). Ora, se per quest’ultimo può essere compreso e giustificato se non altro per via delle sue caratteristiche fisiche (è alto appena 173cm), gli altri due deficit rischiano di diventare un problema per il suo futuro a Roma. In Turchia poteva permettersi di isolarsi dalla manovra per larghi tratti di gara, e questo spiega gli appena 22 passaggi di media a partita, ma è soprattutto il 75% di precisione nei passaggi che dovrebbe far preoccupare: Under azzarda spesso la giocata, e in una realtà qualitativamente imparagonabile alla Super Lig come la Serie A le percentuali di successo saranno con tutta probabilità inferiori. E in una piazza come quella di Roma, dove il minimo intoppo è spesso pregiudicante, presentarsi in modo troppo appariscente potrebbe penalizzarlo. Sarà fondamentale, sopra ogni altra cosa, lavorare sulle carenze (fisiche o mentali?) in termini di contribuzione difensiva, dopodiché trovare la aurea mediocritas tra il binomio istinto-fantasia e quello pragmatismo-senso della collettività. Ponendosi come obiettivo un’evoluzione di questo tipo, Under potrebbe diventare per la Roma più prezioso di quanto si possa pensare oggi.