Mateo Kovacic arriva a Milano con la faccia del pugile bambino che entra per la prima volta nella palestra dei grandi dietro casa. Ha la qualità innata dei nati pronti, ma è vittima di una domanda che lo intrappola: “Dove lo metto?”. Nell’ormai lontano 2014, Emanuele Atturo su Crampi Sportivi si chiedeva dove fosse l’equivoco della mancata inclusione di una cellula importante e promettente come quella del talento croato al centro del progetto interista. Arrivato dopo le cessioni di Coutinho e Sneijder, Kovacic è chiamato a prendersi delle responsabilità importanti a soli 18 anni. È possibile che un ragazzo appena maggiorenne possa accollarsi il peso della rinascita dell’Inter ancora monca dal post Triplete? Nessuno sembra sapere ancora esattamente dove Kovacic debba stare in campo: l’equivoco è tattico innanzitutto.
Nonostante quattro anni in più, l’ex Inter sembra aver ancora a che fare con lo stesso problema. Dove mettere Mateo? Cosa è esattamente? I tifosi dell’Inter, dando uno sguardo ai social, sembrano rimpiangerlo seriamente, secondo in una classifica della tristezza alla sola cessione di Coutinho. Ma quello che stanno rimpiangendo è forse più l’immagine di un giocatore vincente che il reale impatto che Kovacic potrebbe avere nell’Inter attuale. Lo scorso anno il croato, nonostante i risultati di squadra, è stato uno dei giocatori con il minor profitto in fatto di prestazione media del Real Madrid: soltanto diciottesimo per minutaggio, soli 0,7 passaggi chiave per gara e 0,4 tiri di media a partita. L’unico dato in cui eccelle veramente Kovacic – e continua a farlo in questa prima parte di stagione – è quello relativo ai dribbling riusciti.
Dai e vai, accelerazione al nitrogeno, avversario affossato e destro di precisione unica
Kovacic è certamente un calciatore appariscente, anche se conserva una certa dose di concretezza. Ma è la bellezza dei suoi movimenti, il modo in cui muove il corpo e il pallone per annullare l’intervento dell’avversario a renderlo così affascinate, appagante per noi che siamo davanti allo schermo. È ciò che riesce a donare all’occhio a farcelo sembrare più prezioso di quanto è davvero? Al momento il croato è un ottimo “supersub”, un giocatore che può tornare utile a Zidane in più versioni. Può spaccare partite bloccate con la sua progressione e la qualità della tecnica, può aiutare a consolidare il palleggio e il possesso palla nelle partite in cui i Blancos sono già in vantaggio (la percentuale dei passaggi riusciti è sempre oltre il 90%), è capace di aiutare la squadra a creare superiorità posizionale facendosi trovare alle spalle dei centrocampisti avversari, ma è anche il tipo di giocatore che crea ripartenze favorevoli saltando uomini come foglie che cadono.
Kovacic può partire al fianco di Modric nelle gare in cui Kroos deve rifiatare. Zidane lo ha provato quest’anno anche al fianco di un centrocampista dal maggiore impatto difensivo come Caseimiro, nel ritorno della Supercoppa di Spagna contro il Barcellona, una gara in cui il croato ha mostrato intelligenza e astuzia difensiva, così come vigore nel ripartire palla al piede. In ogni gara Kovacic sembra confermare il suo status di “prospetto imprescindibile”, con un futuro brillante che però pare non realizzarsi mai pienamente.
Non fotti con Kov: puoi provare a scappare ma ti riprende sempre
A questo punto bisognerebbe chiedersi – e chiedergli – cosa vuol diventare Kovacic da grande, perché un giocatore di talento purissimo come il croato deve sapere se vuole in futuro continuare a partecipare alle vittorie di una squadra in cui non è centrale (così com’era stato al tempo dell’Inter in fatto di importanza nel progetto) o diventare cardine di una nuova realtà dove poter duplicare il proprio minutaggio medio (lo scorso anno di poco superiore ai 2000). In questo momento sembra che Kovacic si accontenti della sua condizione di fenomeno in divenire, che accetta di sacrificare qualche ora di gioco in nome di una condizione di star di riflesso. Nel Real che da Ancelotti a Zidane passando per Benítez ha fatto della molteplicità delle rotazioni il proprio plus – inserendo i più giovani Asensio, Isco, Kovacic e Ceballos nel novero delle alternative primarie ai grandi nomi –, Mateo rappresenta poco più che una delle variabili, tenendo ancora una volta nascoste la totalità delle proprie abilità.
E allora cosa rimpiangono esattamente i tifosi interisti? Viene da pensare che ancora una volta sia l’aura da arrivato, il luccicare di certe giocate e del prezzo del cartellino gonfiato da un calciomercato fuori scala ad avere acuito quel senso di perdita. A Milano, sponda nerazzura, si teme che come per Coutinho, Pirlo in un passato più lontano e “si spera ma non troppo” per Gabigol, ci si ritrovi a guardare a Kovacic come a uno splendido dipinto di cui non si è stati capaci di aspettare la conclusione. In quel processo fagocitante che è diventata la realizzazione rapida del successo, l’Inter ha sacrificato e continua a farlo alcuni dei talenti più promettenti passati in Italia negli ultimi anni. La valutazione da 75 milioni circolata in estate per il suo eventuale passaggio alla rivale bianconera, non ha fatto che accrescere il risentimento per ciò che poteva essere e invece non è stato.
Quanti giocatori sono in grado di trovare un compagno con un lancio di prima senza guardare?
Ma ad oggi Kovacic è solo l’ombra sfocata di un rimpianto troppo frettoloso. Nonostante i trofei e i titoli, nonostante la stima (incondizionata?) di Zidane, il croato è ancora alla ricerca di una maturazione completa. La ricerca di sé passa dalla presa di coscienza che non ci si può nascondere per sempre, che alle spalle dei grandi talenti, ad un certo punto, arriverà il momento in cui decidere se diventare o meno un top player e per farlo bisognerà prendersi carico di responsabilità che al momento il Real non gli chiede di prendere. Quando Mateo avrà trovato l’equilibrio giusto tra bellezza e necessità avremo a che fare con un giocatore definitivo, non soltanto nel concedere all’occhio lo spazio per momenti di puro splendore che già adesso concede, ma anche un ingranaggio di cui la propria squadra non può più privarsi. Con l’arrivo di Ceballos lo spazio potrebbe ancora ridursi: in Italia lo rimpiangono all’Inter mentre lo desiderano a Torino. Prima di un possibile ritorno, però, sarebbe bello vedere Kovacic finalmente consapevole di ciò che può essere.