Diversi possono essere i modi con cui una squadra riesce a fare la differenza. Spesso nell’immaginario collettivo il principale merito viene dato alla fase offensiva, ponendo l’enfasi sui giocatori di maggior talento. Altrettanto sovente l’attenzione può essere data alla difesa o al centrocampo, sempre focalizzandosi sui giocatori migliori (rispettivamente sono i casi delle accoppiate Juventus-Bonucci e Real Madrid-Kroos). Si tende perciò a dare i principali meriti alla “spina dorsale” di una formazione. Capita quindi che il ruolo dell’esterno basso, o terzino, passi fin troppo in secondo piano, quando in realtà il suo compito è fondamentale: garantire equilibrio e ampiezza a uno stile di gioco.
Il ruolo stesso di terzino, come tutte le altre posizioni, ha vissuto dei cambiamenti col passare degli anni. Negli anni ‘70, la tattica del “calcio totale” olandese di Michels e Cruijff non prevedeva delle abilità specifiche per coprire il ruolo di terzino: al fine di coprire tutti gli spazi nella maniera più immediata possibile, dopo un’ avanzata del terzino il sistema di gioco prevedeva una serie di scalate che coinvolgevano prevalentemente il mediano di riferimento (che andava a fare il terzino) e il terzino stesso (che occupava lo spazio lasciato libero dal mediano). Il ruolo poteva perciò essere coperto da giocatori diversi, a prova di un basso grado di specializzazione richiesto.
A partire dagli anni ‘80 (ma anche prima per qualche eccezione come Facchetti e i brasiliani Carlos Alberto e i due Santos, Djalma e Nilton), l’idea del terzino inteso come “ruolo di fascia totale” prende sempre più corpo, per poi consolidarsi negli anni ‘90 e 2000. In questi decenni agli esterni bassi inizia a venir richiesta una maggior abilità nei fondamentali del ruolo, come il saper fare le diagonali difensive e l’aver capacità di spinta e resistenza fisica per tutti e 90 i minuti. Giocatori come Cafu e Roberto Carlos hanno rivoluzionato il ruolo grazie alla loro capacità di spinta e interpretazione del ruolo. Così facendo, si è arrivati a una concezione piuttosto stabile del ruolo di esterno basso che è possibile distinguere in tre macrocategorie:
☞ Terzini di spinta: non si risparmiano quando si tratta di offrire un appoggio o una sovrapposizione in zona offensiva, possiedono ottimi tempi di inserimento e sono dotati di un atletismo importante. Il classico esempio odierno è rappresentato dal milanista Conti, ma un altro caso recente è il Lichtsteiner visto ai tempi del 3-5-2 di Conte;
☞ Terzini di contenimento: detti anche “bloccati”, si occupano prevalentemente della fase difensiva e sono dotati di una fisicità simile a quella dei difensori centrali. Spesso vengono utilizzati per marcare un’ala talentuosa e per mascherare un modulo flessibile. Il caso più noto è Barzagli, spesso usato come terzino da Allegri;
☞ Terzini di impostazione: si tratta di esterni bassi che sono in grado di offrire maggiori soluzioni in fase di creazione del gioco. Perciò, sono caratterizzati da un maggiore livello tecnico rispetto alle due categorie sopracitate. Un esempio è il milanista Rodriguez, il quale usa spesso accentrarsi per alimentare direttamente il gioco.
Rapportando questa classificazione all’interno di un sistema tattico possiamo anche rilevare che ci sono sostanziali differenze nell’impiego di queste categorie a seconda che la difesa si posizioni a 3 o a 4. Nelle difese a 4 più moderne si tende a preferire un terzino di spinta e un terzino bloccato in modo tale da avere sempre un apporto stabile in entrambe le fasi di gioco e non costringere i centrocampisti ad arretrare eccessivamente in copertura. La difesa a 3, invece, richiede terzini abili nella fase di impostazione e di spinta per permettere ai centrali di avere soluzioni meno complicate rispetto al lancio lungo verso la prima punta o al laser pass. Ma vediamo di analizzare nel dettaglio quanto detto.
In una difesa a 4 possiamo trovarci davanti alla classica situazione con due terzini bloccati che supportano la manovra fino a metà campo, spesso togliendo uomini dalla marcatura, offrendo sovrapposizioni agli esterni alti e dando nuove linee di passaggio, arrivando però raramente sul fondo. È il caso dell’Inter, dove una volta superata la prima linea di pressing avversaria la manovra viene affidata ai soli Perisic e Candreva che, senza il sovraffollamento dei terzini, hanno lo spazio e la libertà per provare sia la soluzione personale sia di crossare. Interessante è l’evoluzione apportata da Allegri che, per non modificare drasticamente i meccanismi oliati del 3-5-2 di Conte, ha lavorato sull’attuazione di una difesa a 4 asimmetrica con un terzino completamente bloccato – Barzagli – e un terzino “straordinario” (nel senso che sfugge alle categorizzazioni di cui sopra) in grado di impostare e finalizzare come Alex Sandro. Questo fa sì che per larghi tratti la Juventus si trovi a lavorare sostanzialmente con una difesa a 3, ma le doti fisiche di Alex Sandro gli permettono di avere la stabilità di una difesa a 4 e riuscire a mantenere squadra equilibrata e baricentro alto senza dover dare carichi eccessivamente difensivi ai due centrocampisti che sono liberi di spaziare e manovrare.
Pur avendo la possibilità di offrire una linea di passaggio a Dybala, Barzagli preferisce rimanere indietro lasciando libertà ad Alex Sandro di sovrapporsi a Mandzukic, a Pjanic di restare alto e a Dani Alves di riallargarsi
In una difesa a 3 il ruolo degli esterni bassi è importante per poter mantenere ampiezza e baricentro e non schiacciare eccessivamente il centrocampo sotto la prima linea di pressione e permettere così una costruzione fluida sia sulle fasce che per vie centrali. Anche in Serie A infatti, come sta già succedendo negli altri principali campionati esteri da un paio d’anni, molte squadre stanno concentrando la preparazione tattica nel cercare di sviluppare la manovra offensiva partendo dal basso. La linea difensiva, portiere compreso, ha quindi il compito di far ricevere il pallone al regista/mediano in posizione avanzata e libero da strette marcature, e il posizionamento dei terzini diventa fondamentale.
Il posizionamento di Conti è fondamentale per permettere di creare tre triangoli e far saltare tutte le linee di pressione avversarie senza dover ricorrere a lanci lunghi o passaggi complicati
La Juve di Conte in questo senso è stata esemplare, così come l’egregio lavoro di Ventura ai – bei – vecchi tempi del Torino e di Gasperini all’Atalanta. Basti pensare all’evoluzione che hanno avuto giocatori come Darmian o Lichsteiner, che in quel determinato contesto tattico sono riusciti a diventare tra i migliori interpreti europei del ruolo. La specialità che li contraddistingue maggiormente è la capacità di lettura dei tempi di inserimento, ripiego e contenimento. Questo permette all’allenatore di schierare un esterno alto nell’altra fascia sapendo di poter effettuare una rapida transizione a una difesa a 4 in caso di ripartenza avversaria. Non solo, la loro abilità di cogliere il tempo esatto per la sovrapposizione permette di attaccare con più uomini lasciando minimo il rischio di buchi difensivi; poco importa se tecnicamente non sono sempre in grado di offrire una soluzione affidabile, il solo fatto di essere presenti in quel momento dell’azione rompe le linee di marcatura avversarie e lascia libertà di manovra non indifferenti per i movimenti dei centrocampisti e della seconda punta o delle ali a seconda del modulo.
È con queste premesse sul ruolo del terzino nella difesa a tre che ci apprestiamo a parlare del caso potenzialmente più interessante nella Seria A: ossia l’accoppiata milanista Riccardo Rodríguez / Andrea Conti. Nel 3-5-2 di Montella Rodríguez funge da terzino di impostazione a cui viene richiesto di arrivare spesso sul fondo o di accentrarsi per dialogare con la mezzala larga. Conti invece copre il ruolo del terzino di spinta e, vista la sua velocità, gli è richiesta una spinta continua. Come abbiamo capito non è previsto un terzino che abbia ottime competenze di contenimento. Vero, Rodríguez in passato ha fatto il centrale, ma le sue caratteristiche gli permettono di essere efficace in difesa solo se si trova già schierato, mai in ripiegamento. E infatti Montella preferisce fare uscire Romagnoli, che fa dell’anticipo uno dei suoi marchi di fabbrica, a coprire, accorciando Musacchio a Bonucci e lasciando l’altra fascia visibilmente scoperta. Lo stesso accade a parti invertite. Ed è proprio qui che è interessante soffermarci: favorito dall’avere in rosa due difensori come Musacchio e Romagnoli, bravi ad anticipare e discreti nel gioco aereo, Montella si permette di correre il rischio di lasciare completamente scoperto il lato debole preferendo salvaguardare il centro.
A questo punto sorge la domanda: quanto è necessario coprire le fasce? O meglio, è possibile nel corso di una partita correre il rischio di trovare il lato debole sguarnito in cambio di una spinta offensiva straripante e una buona copertura del centro del campo? Proprio in questi giorni abbiamo appreso la notizia dell’infortunio di Conti, e Montella in conferenza stampa ha commentato con una battuta: «Chi al posto di Conti? Anche un attaccante». E se fosse davvero così? Suso potrebbe essere un esperimento importante per delineare un futuro poi così non utopico per il ruolo del terzino. Il miglior argomento per supportare questa tesi è Gareth Bale.
Era uno scherzo. A supportare questa tesi potrebbe aiutarci il ruolo che ha ricoperto Dani Alves nell’ultimo periodo alla Juventus. Vero, il modulo prevedeva la difesa 4, ma come sappiamo Allegri gioca in maniera asimmetrica, e quando sale Dani Alves Alex Sandro resta basso e viceversa, quindi da qui in avanti, solo come esempio per rapportarci alla difesa a 3, consideriamo Alex Sandro come centrale aggiunto. Vero anche che Dani Alves e Suso non sono comparabili per caratteristiche tecniche e tattiche, ma ci concentreremo qui solo sulla fase difensiva in loro assenza. Con queste premesse bene a mente prendiamo a esempio la partita Udinese-Juventus del marzo scorso, che vedeva la coppia Dani Alves – Cuadrado agire nella stessa fascia, con il brasiliano che si spingeva in avanti a sovrapporsi senza preoccuparsi dei dettami tattici del tecnico livornese, sfornando una valanga di cross e lasciando Cuadrado libero di provare la conclusione in diverse occasioni a discapito però di un fascia completamente sguarnita. Questo ha portato a due situazioni esemplari: una in cui Bonucci esce lasciando al centro Chiellini e Alex Sandro per cercare l’uno contro uno e bloccare la ripartenza sul nascere; una in cui Chiellini preferisce perdere metri sulla fascia, aspettare e chiudere il centro serrandosi con Bonucci. Nella prima situazione l’Udinese sfonda e segna, nella seconda no.
Bonucci esce per coprire la fascia lasciata scoperta dall’avanzamento di Dani Alves ma perde il duello nell’uno contro uno e non c’è possibilità in quel momento per Chiellini di intervenire. 1 a 0 Udinese
La Juve sbilanciata in avanti subisce una ripartenza. In questo caso Chiellini non cerca di intervenire sull’avversario lasciato in fascia ma lo lascia correre e ripiega verso il centro. Lo stesso fa Alex Sandro che in un primo momento sembra intenzionato a rincorrerlo salvo poi virare a coprire il limite del’area di rigore. Con Mandzukic che arriva l’esterno dell’udinese si trova costretto tra il proseguire in solitaria con tre uomini pronti a chiuderlo non appena si accentri, oppure crossare in area dove l’attaccante è facilmente controllabile.
Come abbiamo visto non è poi così utopico pensare di vedere un esterno alto partire da dietro e sovrapporsi noncurante dei ripiegamenti, lasciando la fascia scoperta, se si ripensa il modo di difendere dalle ripartenze avversarie. Sarebbe un rischio, certo, ma un rischio calcolato. La cosiddetta variabile impazzita che, se azzeccata, può dare a una squadra quella superiorità offensiva per sbloccare tante partite complicate. Insomma, Montella: se il sostituto di Conti fosse proprio un attaccante?