Tre cose sulla settima giornata di Serie A

Dalla solidità della Roma di Di Francesco alla forma incredibile di Bryan Cristante, mentre a Genoa si soffrirà fino alla fine.

Il momento d’oro di Bryan Cristante

Quando ieri sera Paolo Di Canio ha chiesto a Bryan Cristante se avesse mai visto giocare Nicola Berti, il giocatore dell’Atalanta ha risposto con sincerità che lo ha visto troppo poco per poterne condividere l’idea di un’impostazione di gioco comune. Quest’anno sono già due reti in sette apparizioni tra campionato ed Europa League, una nuova versione del giocatore visto al Milan prima e al Benfica poi. Abbiamo fatto troppo presto a considerarlo un fenomeno dopo le prime gare con i rossoneri, e altrettanto in fretta lo abbiamo etichettato dopo le prime difficoltà al suo ritorno in Italia. Il demiurgo Gasperini ha fatto in modo di rimetterne in moto il meccanismo dinamico che lo rende uno dei centrocampisti più promettenti del calcio italiano, ma serve che le etichette non si trasformino in fardelli. Il colpo di testa con cui batte Buffon è impressionante per tempo di stacco e torsione del corpo mentre è sospeso in aria. Con un gol che ricorda quello di Messi nella finale di Champions League del 2009 ha regalato alla Dea un altro punto fondamentale, confermando le sue qualità e quelle di un allenatore che lo ha voluto per affidargli la guida del centrocampo di un’Atalanta sempre più formato piccola grande.

Quanta forza in quel colpo di testa

La solidità di una Roma sorprendente

Un gol del solito Dzeko e il tap-in di Florenzi che hanno permesso alla Roma di superare il Milan a San Siro portano i giallorossi al quinto posto in classifica (15 punti), a meno uno dalla Lazio ma con una partita in meno. A inizio stagione, la formazione Di Francesco era considerata quella con più incertezze tra le squadre di vertice, un po’ per la prima esperienza in un grande club del tecnico ex Sassuolo, un po’ per i tanti cambiamenti alla rosa apportati da Monchi. Nelle prime partite della stagione la Roma non è stata brillante, ma dopo sette turni di campionato ha dimostrato di avere forza mentale, una rosa sufficientemente lunga per affrontare i tanti impegni e, soprattutto, di aver assimilato i dettami del nuovo allenatore. Lo 0-2 al Milan è il quarto successo consecutivo in campionato, il più importante fin qui, a maggior ragione perché arriva al termine di una settimana in cui l’impegno europeo ha rischiato di prosciugare tante energie con la lunghissima trasferta in Azerbaijan.

Da Dzeko a Florenzi in cinque minuti

Genoa, we have a problem

Il Genoa ci ha abituato a campionati dove le prime due parti della stagione non sembrano mai poter combaciare. Con un mercato sempre vorticoso, le voci di una presunta cessione che non è mai arrivata, a Genova sponda rossoblù l’aria comincia a farsi pesante. Sono arrivati giocatori promettenti dalla B, ma certo non salvatori di una piazza che ha bisogno di altri scenari per poter essere accesa. I due punti conquistati fin ora inguaiano il povero Juric che, da allievo di Gasperini, è condannato alla costruzione di qualcosa di unico e importante pur senza il materiale per riuscirvi. La A a 20 squadre ha portato a un livellamento verso il basso della parte destra della classifica, alcune realtà si sono cullate della possibilità di salvarsi facendo poco più del necessario, ma questa situazione sembra ora esplodere tra le mani di alcune realtà imborghesitesi troppo rapidamente: Genoa e Sassuolo pagano colpe diverse ma dal risultato molto simile. In Emilia si piange la dipartita di Di Francesco, mentre in Liguria si aspetta, come manna dal cielo, il cambio di qualcosa che allontani una piazza importante dai bassifondi della classifica. Eppure, rispetto alle altre compagne di sventura, il Genoa sembra la squadra meglio messa in campo, e con più grinta, come dimostrato contro l’Inter, il 24 settembre. Per salvarsi ricostruendo, però, non bisogna perdere la testa, altra cosa capitata a Milano, con le espulsioni di Omeonga e Taarabt.

La partita contro l’Inter: una gara solida e giocata a testa alta, fino (quasi) alla fine

 

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