Torreira express

Perché Torreira, con Giampaolo, è diventato uno dei centrocampisti più completi e affidabili del campionato.

Il sorprendente sprint in avvio di stagione registrato dalla Sampdoria di Marco Giampaolo può essere spiegato da più lati, complementari fra loro ma scomponibili in processi evolutivi singoli e autosufficienti. La conferma di un sistema di gioco elaborato e assimilato, ad esempio. Oppure la capacità di offrire garanzie propria di un attaccante come Quagliarella, affiancato da compagni di reparto le cui caratteristiche si integrano minuziosamente a vicenda. Poi c’è la centralità di Lucas Torreira, che di questa Sampdoria è il fulcro anche senza esserne il faro: il suo percorso di crescita è stabilmente legato a quello del progetto tecnico del suo allenatore, che un anno fa lo ha preso e ne ha fatto uno dei registi più apprezzati della Serie A. Oggi l’uruguaiano sta vivendo il momento di maggior brillantezza da quando si trova in Italia, e per ciò deve moltissimo al contesto in cui si trova. Che è un contesto che ne esalta i pregi e ne accetta i difetti, e che Torreira è riuscito a fare suo in poco più di un anno.

Lo stereotipo del regista basso, rapido e dal piede caldo è uno dei tratti salienti che lo contraddistinguono. Prima di lui, a poche centinaia di chilometri di distanza dalla sua Genova, un identikit di questo tipo sarebbe appartenuto a David Pizarro. Un giocatore con cui condivide il tipico baricentro basso, la personalità nel rischio (raramente uscendo dalle righe del giustificabile) e in un certo senso la visione di gioco. Anche se su questo aspetto, fondativo nell’ottica di descrivere Torreira nella sua specificità, sarà utile concentrarsi più avanti con maggiore precisione. Come Pizarro in gioventù e come Marco Verratti in tempi più recenti, anche Torreira nasce calcisticamente come giocatore spiccatamente offensivo. «Quando arrivai a Pescara», disse a La Gazzetta dello Sport nel settembre 2016, «venni inserito nella Primavera con Federico Giampaolo (il fratello di Marco, ndr) e giocavamo con il 3-5-2. Facevo l’attaccante: seconda punta, a volte fantasista, era quello il ruolo che mi aveva lanciato in Uruguay». È interessante notare come la trasformazione che lo ha coinvolto sia una delle più frequenti in assoluto in casi di sgrezzamento tattico: lo stesso Pirlo, su intuizione di Carlo Mazzone, passò dalla trequarti offensiva alla cabina di regia all’età di vent’anni.

Il gran gol su punizione contro il Chievo

Il trasferimento in Europa di Torreira è stato particolare nelle sue modalità: nell’inverno del 2014 ha soltanto 17 anni, nessuna presenza con il Santiago Wanderers nel massimo campionato uruguagio e un biglietto da visita davvero scarno. Un salto di categoria dalle proporzioni significative che Torreira ha impattato con successo, dimostrando fin da subito quella maturità che oggi riflette sul campo. Vestire i panni del regista in un Paese che fa dell’attenzione alle distanze uno dei suoi maggiori distinguo richiede grande temperamento, e non è un caso che i più abili siano nettamente più anziani di lui: è il caso di Biglia, di Leiva e De Rossi, ma anche quello di Pjanic e Jorginho. L’esperienza, che tradotta sul campo significa capacità di lettura delle situazioni più sviluppata, è un fattore che incide su qualsiasi piano, e a maggior ragione al centro del gioco, dove gli imprevisti sono più numerosi e agire in ritardo significa spesso mettere in difficoltà la squadra. Dal basso dei suoi 167 centimetri Torreira sta progressivamente abbattendo questo assunto: numeri alla mano è il regista più in forma della Serie A, uno dei più precisi e quello più aggressivo. Oltre a essere naturalmente il più giovane, con 22 anni da compiere a febbraio.

Al suo arrivo a Genova, un anno e qualche mese fa, ha sbaragliato la concorrenza. C’erano Palombo e Cigarini, più navigati e ragionevolmente in vantaggio nei suoi confronti, ma Giampaolo ci ha puntato sin dall’inizio. Un po’ come aveva fatto a Empoli con Paredes, con quel tocco paterno che nella sua carriera lo ha contraddistinto per l’abilità nel valorizzare i centrocampisti centrali dei suoi 4-3-1-2. Il rapporto che lega Torreira al suo allenatore dice molto dell’impennata registrata dal percorso di crescita dell’uruguaiano, così come il sistema di gioco in cui ricopre la casella centrale è determinante per il suo rendimento. Il fatto di avere sempre almeno due linee di passaggio disponibili, sia lateralmente (quelle offerte dalle mezzali e dai terzini) che verticalmente (dettate dagli smarcamenti del trequartista) gli consente di distribuire il pallone in maniera fluida, e di poter muovere il pallone velocemente subito dopo averlo recuperato.

Recupero e distribuzione palla, immediatamente

A questo proposito giova ricordare che nell’interpretazione del ruolo sono evidenti i lasciti di una giovinezza calcistica spesa a ridosso dell’area di rigore, con tempistiche di tutt’altro genere. Quando Torreira si muove, sia per ricevere che per smistare, lo fa con una rapidità di gambe che non ritroviamo nella maggior parte dei suoi pari ruolo. Ed è con ciò che compensa la scarsa propensione a giocare sul lungo, caratteristica che con Jorginho (per motivi diversi) lo rende un vero e proprio unicum in Serie A: gioca appena 2,3 palloni lunghi a partita, che su oltre 66 passaggi di media sono davvero un’inezia. Ed è qui che conviene recuperare il paragone con Pizarro, che viceversa faceva del lancio a lunga gittata una delle peculiarità del suo stile. Stesso discorso vale per Verratti, che Torreira ha più volte indicato come suo modello: il centrocampista del Psg  gioca oltre 6 palloni lunghi a partita, quasi il triplo. Contestualizzando, è importante tenere presente come la Sampdoria si affidi solo sporadicamente a lanci lunghi a scavalcare le linee avversarie, appoggiandosi più frequentemente a combinazioni per vie centrali sfruttando le qualità tecniche delle mezzali e del trequartista, ruolo sin qui svolto perlopiù da Gastón Ramírez. Pertanto il limite di Torreira nel gioco lungo può essere interpretato anche come conseguenza di un impianto tattico che non richiede l’utilizzo di quello specifico fondamentale. Anche se, da un altro punto di vista, il fatto che sia così poco propenso ad allenare il piede alla traiettoria lunga non è di buon auspicio per il futuro; una volta al di fuori del contesto Samp potrebbe trovare difficoltà in questo senso.

ACF Fiorentina v UC Sampdoria - Serie A

Ciò che in assoluto stupisce di più del profilo di Torreira, in ogni caso, è il suo equilibrio. Nonostante un’altezza estremamente penalizzante e un fisico piazzato – ma che da solo non è fatto per resistere agli urti – Torreira sa farsi valere in mezzo al campo come e meglio di molti altri registi. È questo un aspetto in cui ha registrato passi avanti notevoli proprio negli ultimi mesi, anche se già al primo anno di Sampdoria non era andato affatto male nei duelli: i numeri parlano di un 47% di successo nella stagione 2016/17, che si trasforma nel quasi 60% delle prime dieci gare di quella attualmente in corso. Per raggiungere queste cifre è fondamentale la sua abilità nel proteggere il pallone con il corpo, qualità che applica con destrezza a prescindere dalla stazza dell’avversario. Nella gara giocata a Marassi contro il Milan, ad esempio, in più di un’occasione è riuscito a difendere la sfera dall’assalto di Kessié, e in un paio di casi gliel’ha pure portata via. Correlatamente a questa sua abilità, Torreira è anche il giocatore che subisce più falli in assoluto nel campionato italiano: ben 33, di cui questo è un’esemplificazione lampante. Va detto che lui stesso è un regista dall’indole piuttosto aggressiva: non teme i contrasti (ne è protagonista 3 volte ogni 90 minuti) e ha un senso della posizione molto evoluto in fase di schermatura che lo porta ad intercettare due palloni a partita di media, con la propensione a sottrarre il pallone con interventi alle spalle degli avversari – e quindi ad alto tasso di rischio. Nella classifica stilata dalla Lega Serie A risulta al primo posto tra i giocatori con più possessi recuperati all’attivo, 57. Possessi che come in questo caso è perfettamente in grado di conservare.

Le caratteristiche difensive di Torreira sono più evidenti di quelle offensive, ma non si limita all’attività in fase di non possesso. In un’intervista rilasciata a La Repubblica nell’agosto del 2016 disse: «A me piace giocare, avere tanto il pallone fra i piedi, quando non corri tanto e fai correre gli altri. Ma se c’è da combattere non è un problema, lo faccio». Al suo vecchio ruolo da seconda punta è legato e non lo nega, ma allo stesso tempo ribadisce frequentemente la sua gratitudine nei confronti di Oddo, che a Pescara, nell’anno della promozione, fu il primo a spostarlo in cabina di regia. Parlando del suo adattamento è curioso come Torreira, nei suoi primi mesi alla Samp, non fosse ancora del tutto consapevole delle dinamiche legate al suo nuovo ruolo. Nella stessa intervista di cui sopra, ad esempio, si disse stupito del fatto che i tifosi impazzissero per le sue scivolate a centrocampo, quando lui avrebbe preferito di gran lunga servire un assist raffinato. E oggi, a distanza di oltre un anno, lo scenario non è mutato più di tanto: le reazioni ai suoi contrasti vincenti sono sempre le stesse, così come non si è ancora assopita del tutto la sua indole creativa. Indole a cui ogni tanto riesce a dare sfogo: questo realizzato nella gara contro il Crotone sotto la voce assist ci va di diritto.

La gara-tipo di Torreira, a differenza di quelle di altri registi, è fortemente improntata sulla dinamicità. Non è un caso che i 11,2 km che percorre mediamente ogni 90 minuti ne facciano il giocatore che si muove di più in tutta la squadra. Ma un aspetto importante per decifrare Torreira è anche il suo netto incremento nei dribbling riusciti, in cui oggi tocca vette incredibili: nove volte su dieci, quando tenta di superare un avversario, il suo movimento va a buon fine. Un anno fa si fermava a sei dribbling riusciti ogni dieci tentativi, dato di per sé già più che soddisfacente. Ciò significa che, come pochi altri nel suo ruolo, è in grado di creare superiorità posizionale partendo dal centro del campo, e lo fa tradizionalmente servendosi di due fondamentali: l’accelerazione pura o, più frequentemente, la finta con cambio di direzione.

Mantenere il rendimento attuale per tutto il corso della stagione significherebbe per il futuro di Torreira il trasferimento, a giugno, verso una realtà di caratura superiore. È a quel punto, in un contesto meno familiare e in cui il suo ruolo godrebbe giocoforza di una ridotta centralità, che potremo valutare con esattezza le reali possibilità di uno dei giovani più interessanti del campionato italiano.