Lavagnette – Grandezza e limiti di Marco Giampaolo

La Sampdoria sviluppa un gioco bello e offensivo, ma con che rischi?

Tarda primavera del 2009: la Juventus è alla ricerca di un nuovo allenatore dopo l’esonero di Claudio Ranieri. Dopo un nemmeno troppo ricercato sondaggio, la scelta cade sulla conferma di Ciro Ferrara (il quale aveva sostituito Ranieri nelle ultime due partite della stagione precedente). Si narra, tuttavia – e le parti interessate non negano – che Marco Giampaolo sia stato molto vicino ad essere stato assunto al suo posto. Giampaolo all’epoca proveniva da tre esperienze ad Ascoli, Cagliari e Siena (oltre a un’altra manciata di esperienze meno importanti).

Dopo quel giorno, la carriera del nativo di Bellinzona pareva essere destinata alla mediocrità. Ancora nel 2015, d’altra parte, si trovava ad allenare la Cremonese in Serie C. Insomma, fino a qui sembra la classica storia da sliding doors e di occasioni mancate – vuoi per sfortuna, vuoi per minor peso politico. In solo un paio di anni, tuttavia, Giampaolo si trova oggi a essere considerato uno degli allenatori più in voga in Italia, con gli addetti ai lavori che fanno a gara ad esprimere i sensi di colpa di una sottovalutazione nei suoi confronti forse troppo affrettata. Come ha saputo Giampaolo ricrearsi una carriera di alto livello? Ma soprattutto, ha saputo veramente costruire delle trame di gioco efficaci ed innovative come sembra? Cerchiamo di ricostruirlo attraverso le sue ultime tre stagioni in Serie A.

UC Sampdoria v Juventus - Serie A

Empoli

Dopo aver abbandonato a malincuore Sarri, l’Empoli decide di ripartire non senza sorprese da Giampaolo, che come anticipato in precedenza proveniva da qualche stagione trascorsa tra Serie B e Lega Pro. Saggiamente, il nuovo tecnico decide di non modificare la base creata con così tanta dedizione dall’allenatore toscano. Mantiene infatti lo stesso modulo – il 4-3-1-2 con terzini bloccati – facendo leva sull’efficienza del rombo di centrocampo composto da centrocampisti ad alto tasso tecnico. Giampaolo, tuttavia, riesce a cambiare qualche aspetto dell’Empoli di Sarri, riuscendo addirittura a migliorare i punti e la posizione di classifica rispetto all’anno precedente. Per prima cosa ha lavorato nel restringere ulteriormente il perimetro del rombo di centrocampo, aumentando la compattezza interna ma decidendo di esporsi maggiormente nelle zone esterne del campo. Poi ha orchestrato un gioco più diretto e verticale in cercando di giocare sempre passaggi che arrivano nella trequarti, raggiungendo così le punte o il trequartista in zone più pericolose del campo e molto spesso fronte alla porta (Sarri invece prediligeva una via più esterna, e perciò più elaborata e meno pericolosa). Possiamo già da qui stabilire  quella che è la principale caratteristica del gioco di Giampaolo: palla dalla difesa in verticale all’attacco e immediato appoggio dell’attaccante al mediano/trequartista, pronto a impostare fronte alla porta. Due passi avanti, uno indietro.

Sampdoria: atto primo

Il progetto di Empoli dura fin troppo poco: il gioco di Giampaolo già oliato dai meccanismi di Sarri ottiene facilmente apprezzamenti all’interno del circuito italiano, al punto che già nella stagione successiva il presidente Ferrero lo chiama a gestire la complessa fase di transizione della sua Sampdoria. Le cose non vanno come sperato, ma tuttavia gli aspetti positivi sono molti.

La squadra gioca infatti sin da subito in maniera fluida e compatta (almeno dal punto di vista offensivo) e non sembra mai essere fuori partita, ma trova una difficoltà esagerata nel segnare gol. Il principale motivo risiede nelle caratteristiche delle due punte, Quagliarella e Muriel: se nella stagione precedente, infatti, gli attaccanti di Giampaolo erano i più dinamici Maccarone e Pucciarelli, la coppia offensiva della Samp versione 2016/17 è più statica. In particolare, si tratta di una coppia meno associativa e che ama muoversi nel campo al fine di ricevere palla in posizione vantaggiosa: in particolare Muriel in zona esterna e Quagliarella spalle alla porta al limite dell’area. Questo ultimo posizionamento nell’Empoli era svolto dal trequartista Saponara, perciò di fatto la Samp si trova ad attaccare con una soluzione in meno, oltre a perdere quella rapidità e maggior qualità che un trequartista saprebbe offrire in maniera migliore. L’alto numero di tiri da fuori area dimostra la scarsità delle soluzioni del Doria in quel periodo, e i risultati tardano ad arrivare.

Per ovviare a questo problema, Giampaolo prova a sperimentare facendo giocare in quella zona diversi trequartisti acquistati nella sessione estiva, riuscendo a trovare la quadra parziale soltanto nel girone di ritorno, che viene disputato egregiamente e gli vale la riconferma. Una campagna acquisti oculata porta a Genova una selezione di giocatori forse poco altisonante ma perfetta per i parametri stabiliti dal nuovo allenatore.

Sampdoria: atto secondo

Nell’attuale stagione, il motore della Samp sta girando a pieni giri, mostrando coi risultati la bontà del lavoro di Giampaolo. Come abbiamo detto non è un caso il fatto che nella rosa titolare i principali cambiamenti siano avvenuti proprio nella trequarti e nell’attacco, dove sono stati inseriti rispettivamente Ramirez e due giocatori più rapidi e/o associativi come Caprari e Zapata. In particolare, Ramirez risulta essere quell’ottimo collante che Giampaolo ama avere nella trequarti, con l’alto tasso tecnico e l’allungo in velocità che possiede. Così facendo, pare che i problemi offensivi siano stati risolti, come dimostrato dalla media gol del Doria in queste prime giornate di campionato (in 12 partite i gol fatti sono 27, più di 2 a partita). Inoltre, grazie al miglior posizionamento dei giocatori più offensivi descritto precedentemente, la Sampdoria riesce ora a piazzare un maggior numero di giocatori all’interno dell’area di rigore avversaria. Quello che risulta è una chiara inversione di tendenza rispetto all’anno precedente, cioè l’esponenziale aumento del numero di tiri in porta provenienti dall’area piccola (a oggi la Samp è tra i primi tra tutte le squadre di Serie A). Insomma, sembrerebbe una macchina perfetta ma…

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In occasione del goal contro il Milan è stato sempre sottolineato l’errore del difensore rossonero Zapata. Ma nessuno si è soffermato a osservare il posizionamento di attaccanti, trequartista e centrocampisti. In un’azione giunta in un punto morto dove di solito l’unica manovra concessa – e auspicabile se non si vuole perdere il pallone –  è quella di lavorare in orizzontale, la Samp riesce a portare in area ben tre attaccanti, un centrocampista larghissimo completamente libero (qui fuori dall’inquadratura) e gli altri due centrocampisti al limite dell’area. In questo modo la difesa rossonera è costretta a schiacciarsi causando le difficoltà di gestione del pallone, per via della visibilità precaria, del sovraffollamento e della facilità di rimpalli incontrollati. Da un cross morbido e innocuo nasce un goal non così casuale come l’errore di Zapata porta a pensare.

Limiti

Quello che abbiamo raccontato finora è un Giampaolo che da un lato ha ottenuto la prova che la sua originale idea di gioco è valida anche ai piani alti del calcio italiano, e che dall’altro ha saputo muovere le giuste pedine al fine di migliorare le squadre in cui è approdato.

Tuttavia, alcuni limiti nello stile di gioco di Giampaolo sono tutt’ora presenti. Le questioni da affrontare sono le seguenti: quali sono i punti di debolezza che ancora non permettono a Giampaolo di essere un allenatore completo? Possono essere eliminati? È possibile trovare un compromesso che ottimizzi ulteriormente i trade-off che lo stile del tecnico della Sampdoria impone?

Giampaolo, infatti, in questi anni è stato abile a trovare una fase offensiva efficiente, ma le incognite in fase difensiva persistono. Ciò che accomuna le ultime stagioni di Giampaolo è chiaramente l’idea di una difesa tutt’altro che solida, specialmente nelle transizioni difensive. Ed è fondamentale analizzare questo aspetto sopratutto in questo periodo di vittorie, dove la Sampdoria ha sì saputo portare a casa un bottino di punti elevato, ma senza mai dare la sensazione di aver costruito un fortino. Anzi, qui sta il punto. Il problema di lasciare le fasce scoperte può anche essere considerato non così grave, se questo si verificasse solo nella fase di transizione; in questo caso si tratterebbe di una scelta ben ponderata, perfettamente coerente con un particolare stile di gioco come quello di Giampaolo che preferisce perdere un po’ di terreno all’esterno a favore di una densità centrale che gli permetta rapide ripartenze, linee di passaggio più semplici e difficoltà di sfondare per le punte avversarie. Il problema è che spesso un certo disequilibrio persiste anche una volta che la difesa possiede il tempo per riassestarsi, in una seconda fase. Questo potrebbe essere considerato il vero limite di Giampaolo: una fase offensiva progettata talmente bene e massiccia che risulta difficile rinunciarci sotto tutti gli aspetti compromettendo la fase difensiva anche in fase post-transizione di schieramento lasciando agli avversari la possibilità di colpire in più momenti della partita.

A grandi linee, le difficoltà del sistema difensivo di Giampaolo possono essere immaginate seguendo questo ordine:

— Tutto parte con la classica azione diretta: palla dalla difesa (o dal regista) al trequartista, che provvede immediatamente ad appoggiare per il mediano che così si trova ad affrontare la difesa avversaria fronte alla porta;

— Questa manovra solitamente porta a un avanzamento dell’intero centrocampo di Giampaolo, che fa aumentare le distanze con il reparto difensivo, in particolare più volte Torreira si fa trovare ben oltre la metà campo perdendo quindi quella prima barriera difensiva fondamentale a bloccare le ripartenze;

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Guardate la posizione di Torreira – teoricamente collante tra centrocampo e difesa – e in generale del centrocampo della Sampdoria. Sono tutti addossati al limite dell’area, creando una serie di uno contro uno pericolosissimi ma che, in caso di perdita palla, apre autostrade per gli avversari.

— Se la squadra dovesse perdere palla – e se la fase di pressing (spesso non disordinata) non dovesse portare a un recupero della sfera – dato che di regola il centro deve rimanere coperto, i due terzini bloccati devono cercare di coprire tempestivamente lo spazio lasciato libero dall’avanzamento del centrocampo, e così stringono. Così facendo, non riescono più a garantire l’ampiezza necessaria per affrontare correttamente l’esterno offensivo avversario;

— Di conseguenza, per arginare gli esterni offensivi avversari, i difensori esterni si trovano improvvisamente a dover ri-allargarsi, lasciando libero uno spazio di mezzo che viene perennemente attaccato dal mediano (o attaccante) avversario. Ed è proprio questo l’errore più difficile da correggere nella manovra di Giampaolo. Sarebbe tutto giusto se nel momento in cui i terzini si riallargano il centrocampo fosse riuscito a riposizionarsi. Invece spesso i tre centrocampisti si trovano schiacciati al limite dell’area di rigore avversaria, con il trequartista e le due punte tutti dentro l’area. Devono quindi coprire un buco di quasi 50 metri in poche decine di secondi;

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In entrambe le situazioni da goal qui mostrate lo spazio lasciato da recuperare è troppo perché i centrocampisti riescano a tornare per tempo. Nel primo caso, addirittura, il Chievo ha il tempo di provare un cambio gioco orizzontale e ancora la distanza tra Torreira e il più arretrato degli attaccanti avversari è lasciata incolmata. Nel secondo caso la linea difensiva non compare nemmeno nello schermo e l’Inter riesce agevolmente a superare una barriera disordinata e più impegnata a correre all’indietro alla rinfusa piuttosto che a creare una diga, creando una situazione di 5 contro 4.

— In alternativa, quello stesso spazio viene lasciato libero quando l’esterno difensivo di Giampaolo deve stringere al centro per coprire un cambio di gioco della squadra avversaria, condensando i difensori in un fazzoletto di terreno e quindi lasciando la possibilità all’altro esterno, una volta ricevuta e controllata la palla di tirare praticamente indisturbato.

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Nella partita con la Juventus le occasioni per i bianconeri sono state molte durante il corso di tutta la partita. Solo un po’ di negligenza e poca concentrazione Juventina ha più volte tolto le castagne  dal fuoco alla Samp.

In un’ottica a lungo termine – dove conta la stabilità dei risultati più che le prestazioni – con una fase difensiva così rischiosa si rischia di lasciare, appunto, all’aleatorietà degli episodi il destino di una squadra. Ciò può portare senz’altro a un exploit di risultati (anche perché maggiore è l’instabilità di una squadra, maggiore è la difficoltà per gli avversari nell’approcciare le partite contro di essa), ma è una strategia rischiosa, che potrebbe prevedere rischi di contraccolpi, e serie di risultati negativi protratti per più partite. Questo potrebbe creare qualche grattacapo per le prospettive di carriera dell’attuale allenatore della Sampdoria che, nel caso di approdo ad una big nelle prossime stagioni, non avrebbe la libertà costruire un progetto vincente fondato sulla volatilità dei risultati. Ed è un problema non trascurabile, che – come ci insegnano i casi di Montella, Zeman, Mancini – spesso portano questi potenziali grandi allenatori, dal gioco poco legato all’equilibrio, a fallire. La soluzione non è scontata come sembra: l’allenatore dovrebbe rivoluzionare i propri dogmi di gioco in maniera sottile ma sostanziale. Lavoro che abbiamo visto fare a Sarri in maniera decisiva e progressiva stagione dopo stagione, ma difficile da replicare. Riuscirà Giampaolo a migliorare se stesso?