Ci sono sempre più vegani in Nba

di Redazione Undici
23 Novembre 2017

Kyrie Irving, playmaker dei Boston Celtics, ha realizzato il 21 novembre il suo season high di punti: sono stati 47 contro i Dallas Mavericks, e hanno portato la squadra alla sedicesima vittoria consecutiva. Irving, arrivato in Nba nel 2011 come prima scelta dei Cleveland Cavaliers, è alla sua settima stagione da protagonista, la prima a Boston, e si sta dimostrando uno dei giocatori più in forma della lega. Rispetto alle scorse stagioni, è cambiato anche nell’aspetto: è notevolmente più magro, come gli hanno fatto notare al programma Nba Countdown durante la pre-season. È in questa occasione che Irving ha detto che si sente molto più in forma di prima, e che il suo stato di forma è migliore grazie all’adozione di una dieta vegana: «La mia energia è al massimo. Il mio corpo sta benissimo».

Un lungo articolo di Bleacher Report racconta di come le tendenze alimentari, in Nba, stiano cambiando: «Le ali di pollo stanno scomparendo dagli spogliatoi», si legge nel sottotitolo, e non è soltanto Irving ad aver scelto di non mangiare derivati di carne animale o latticini, ma anche Damian Lillard. Come nota Bleacher Report, Lillard è anche l’unico giocatore ad avere totalizzato in questa stagione più clutch points (punti decisivi) di Irving. Dalla pausa estiva a oggi, il giocatore di Portland ha perso circa 5 chili di peso.

I 47 punti di Kyrie contro i Mavs

Altri giocatori Nba che hanno scelto di abbandonare la dieta onnivora sono Wilson Chandler, Al Jefferson, Garrett Temple, Enes Kanter, JaVale McGee e Jahlil Okafor. In passato, un grande sostenitore del veganesimo è stato John Salley, quattro volte campione. Salley ha spiegato a BR come il grande consumo di carne nella comunità afro-americana sia un residuo dello schiavismo: «Ci facevano mangiare gli intestini di maiale perché ci era proibito il bacon. Mangiavamo i piedini dei maiali perché venivano tagliati dopo che camminavano nella loro stessa merda e loro non volevano mangiare quella roba. E noi li prendevamo, li lavavamo e li mettevamo in salamoia, perché non avevamo nient’altro. Un tempo eravamo costretti a mangiare queste cose, e di conseguenza è diventato naturale. E così ci siamo trovati in un grosso problema».

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