Cosa abbiamo capito di André Silva

Analisi dei primi mesi in rossonero del terzo acquisto più caro nella storia del Milan.

Che il capocannoniere dell’Europa League non abbia ancora segnato in campionato, è un fatto singolare. Che sia successo a entrambi i primatisti di gol della seconda competizione europea, è decisamente curioso. Uno è Emiliano Rigoni dello Zenit, l’altro è André Silva del Milan. Ma solo quest’ultimo ha la benedizione, più volte sottolineata, di Cristiano Ronaldo, che lo ha eletto come suo erede ideale nella Nazionale portoghese. E ancora: André Silva è il terzo acquisto più caro nella storia del Milan – dopo Bonucci e Rui Costa –, il secondo della campagna acquisti estiva che doveva rilanciare il club rossonero, che ora, invece, sta procedendo tra qualche interrogativo di troppo. Un po’ come, potremmo dire, la storia di André Silva in Italia.

Nella dicotomia di rendimento del portoghese tra campionato e coppa c’è, innanzitutto, un diverso impiego in termini di minutaggio. André Silva ha sempre giocato titolare nel girone di Europa League, con sei gol (una tripletta e una doppietta all’Austria Vienna, più una rete al Rijeka). In Serie A, invece, le scelte di Montella – ma anche, poi, quelle di Gattuso – non lo hanno sempre premiato: è partito titolare in appena quattro occasioni, e per ben sette volte è rimasto a guardare il match interamente dalla panchina. Con Gattuso, questo è successo nella trasferta di Benevento, mentre nella gara successiva, contro il Bologna, è entrato in campo per i venti minuti finali. È evidente che alla base ci sia un ragionamento ben preciso: non esporre André Silva, completamente e repentinamente, alla fiamma del calcio italiano – più fisico, più tattico di quello a cui è stato finora abituato. In Europa League, con avversari abbordabili (basti pensare che la media gol del Milan in EL è di 2,1, che si abbassa a 1,4 in Serie A), il test sul portoghese avrebbe dato risposte migliori (e, infatti, le ha date).

Gli ultimi gol segnati in Europa League: doppietta all’Austria Vienna

È pur vero che il Milan ha bisogno di gol soprattutto in campionato, per risalire una classifica al momento molto deludente: il miglior marcatore rossonero in A è Suso, con cinque reti, e solo dopo c’è un centravanti, Kalinic, con quattro. Forse proprio l’ex viola è la scommessa in attacco che, a oggi, il Milan sta perdendo: nel caso di André Silva, fresco 22enne, stabilmente in prima squadra e in Nazionale solo dalla scorsa stagione, l’investimento – certo, molto oneroso, da 38 milioni di euro – è stato effettuato soprattutto in prospettiva. Ma è anche vero che da un giocatore reduce da 21 reti stagionali con il Porto, più 9 nelle qualificazioni mondiali con il Portogallo (quinto in graduatoria, dietro Lewandowski, Ronaldo, Lukaku ed Eriksen) è lecito aspettarsi qualcosa in più anche a livello realizzativo. Gattuso, smentendo una possibile cessione a gennaio, ha detto di lui: «Vedo cosa fa in allenamento, per questo gli chiedo di più, perché è molto forte».

André Silva ha dimostrato, in effetti, di avere grandi qualità tecniche. Ha grande confidenza con il pallone e spesso fa vedere giocate eleganti. Ha un set di movimenti offensivi non indifferenti, si muove molto, difende palla egregiamente. Condizione necessaria per il lavoro di sponda che sta facendo in rossonero: nell’attacco a due, è lui che si abbassa per venire incontro al compagno in possesso e offrire una soluzione di passaggio. Anche quando viene scavalcato il centrocampo, il portoghese è nella maggior parte dei casi il destinatario dei lanci lunghi, forte anche di 1,9 duelli aerei vinti a partita (quarto tra i milanisti, primo tra i non difensori). Dove André Silva, invece, deve molto migliorare è negli ultimi metri. Al di là delle reti in Europa League, realizzate, come abbiamo visto, quasi tutte contro il modesto Austria Vienna, ha dato l’impressione di non essere un gran finalizzatore. Pochissime volte ha saputo crearsi lo spazio per andare al tiro: ha concluso appena 17 volte in campionato (più di lui Suso, Calhanoglu, Kessié), con una bassa shot accuracy (29 per cento). Inoltre, gli capita spesso di fare la scelta sbagliata in area di rigore, o di non trovare il timing giusto per fare quella giusta.

Un saggio delle sue qualità tecniche: roulette per liberarsi di un avversario, che per fermarlo deve ricorrere alle cattive maniere

Quando Gattuso gli chiede di più, lo vuole più cattivo e incisivo. E coraggioso: l’impressione, a volte, è che André Silva non voglia affondare il colpo, quasi per timore di sbagliare. La partita contro il Napoli dello scorso 18 novembre è un esempio calzante: entrato al posto dell’infortunato Suso, alla fine del primo tempo, sul risultato di 1-0 per gli azzurri, ha agito quasi sempre fuori dall’area di rigore, senza la necessaria convinzione di ingaggiare duelli con i difensori avversari. Inoltre, non ha mai provato a giocare palla in avanti, preferendo andare sul sicuro: appoggiandosi sistematicamente all’indietro, ha chiuso – non a caso – con una pass accuracy dell’83 per cento.

A sinistra, la heatmap di André Silva contro il Napoli, a destra la mappa di passaggi: si nota come il portoghese tenda a galleggiare sulla trequarti (un solo tocco di palla in area di rigore) e a servire, quasi sempre, il pallone all’indietro

La contrapposizione tra qualità tecnica e mancanza di incisività a volte viene fuori nella stessa azione: per esempio qui, negli ultimi minuti contro il Bologna. Ha la bravura, mentre chiama palla, di staccarsi dall’avversario ma di non andare in fuorigioco. Stoppa il pallone in maniera deliziosa, come accarezzandolo, ed è già in area di rigore. Potrebbe subito calciare, oppure, più saggiamente, servire Cutrone, che è libero in mezzo all’area. André Silva, però, dopo il primo aggancio, tocca un’altra volta il pallone, poi lo fa rimbalzare una, due volte, e quando finalmente si decide a cercare Cutrone è troppo tardi, perché il difensore del Bologna lo chiude in calcio d’angolo.

Ancora, nel derby contro l’Inter. Un’altra caratteristica positiva del portoghese è la pressione sui portatori di palla avversari: spesso fruttuosa, come in questo caso, visto che porta via palla a Miranda e, con l’Inter pericolosamente scoperta, si configura una potenziale situazione di due contro due. Silva però è poco reattivo nella circostanza, e il gioco di gambe che dovrebbe aiutarlo a eludere l’avversario consente, invece, ai giocatori dell’Inter di riposizionarsi. Finisce per incunearsi in un nugolo di gambe e lascia palla a Kessié, quasi per liberarsi dell’incombenza.

Il dribbling, inteso anche come semplice modo di liberare lo spazio per andare alla conclusione, è qualcosa su cui deve ancora lavorare. Si è visto nell’azione contro l’Inter, si rivede contro il Torino. Pescato dal rilancio di Donnarumma, prima sembra voler puntare N’Koulou, ma alla fine non lo fa per davvero. La serie di finte fa sì che gli avversari, un istante dopo, sono già su di lui, e il successivo scarico palla sarà intercettato da un giocatore del Toro.

Lontano dall’area di rigore, e quando può contare sul sostegno dei compagni di squadra, ha fatto vedere le cose migliori. Mettendo in mostra tutto il suo potenziale tecnico, come in questa occasione. Nella posizione che spesso ricopre in fase di risalita della squadra, cioè tra le linee, riceve la verticalizzazione di Montolivo. Spalle alla porta, sa che il difensore ha accorciato con l’intenzione di bloccarlo, ma “sente” anche la presenza di Kalinic. Così, con una giocata fantastica, anticipa le intenzioni di N’Koulou e lo mette fuori gioco con uno straordinario colpo di tacco di prima intenzione, mandando in porta Kalinic. L'”oooh” di sorpresa del pubblico sottolinea il tasso di spettacolarità del gesto.

In conclusione, sembra che André Silva si senta più a suo agio da seconda punta che da terminale offensivo. Qualcuno, all’interno del Milan, lo vedrebbe addirittura come numero dieci, per qualità tecnica e visione di gioco. Qualcosa che hanno apprezzato anche nella Nazionale portoghese, come si nota dal video sotto – solito movimento a uscire dall’area di rigore, poi imbeccata intelligente per Guedes in mezzo a due avversari (guardate uno dei difensori, rimane talmente sorpreso dal passaggio che barcolla e quasi incespica). Questo non vuol dire che il futuro di André Silva sarà da seconda punta, con tante intuizioni e pochi gol. Significa che il portoghese, con un bagaglio di qualità tecniche enormi, dovrà lavorare per diventare più determinante, soprattutto negli ultimi metri. Se ci riuscirà, imparando ad attaccare con più continuità la profondità, a giocare sugli avversari per procurarsi lo spazio necessario per andare al tiro, a migliorare l’efficacia nelle conclusioni, il Milan si ritroverà in squadra un attaccante formidabile.