Veretout al massimo

Il calcio proposto da Pioli è l'ideale per nasconderne i punti deboli ed esaltarne i pregi: così Veretout si è imposto nella nuova Fiorentina.

Luglio, il mercato, le nove del mattino. Jordan Veretout è appena arrivato a Firenze dopo una manciata di giorni di trattativa, e come da prassi l’autista della società lo ha accompagnato alla clinica dove sosterrà le visite mediche. Scende dall’auto e fa per entrare nella struttura, si trova i giornalisti davanti. L’addetto stampa che lo segue premette che «Jordan dirà una cosa di sua spontanea volontà». Ha cinque, sei microfoni sotto il mento, sembra imbarazzato, si esibisce giusto in un «Forza Fiorentina». La prima immagine fiorentina di Veretout rispecchia poco il tipo di giocatore che è il francese. Come esempio pratico è sufficiente tornare al suo esordio, in occasione della prima gara di campionato a San Siro contro l’Inter. La Fiorentina esce con un pesante 3-0 sulle spalle, e il francese è uno dei pochissimi a salvarsi dalla scarsa prestazione collettiva. Nel corso degli 80 minuti circa che gli concede, inoltre, Pioli si annota una caratteristica non da poco: Veretout ha il piede giusto per tirare in porta. Quattro giorni dopo la sua Fiorentina è ospite del Real Madrid al Bernabéu. È l’ultima amichevole estiva, e dopo tre minuti Veretout costringe Pioli a ricalcare con il pennarello indelebile l’appunto della domenica precedente: ricezione al limite dell’area, controllo un po’ confuso e sinistro secco che non lascia scampo a Casilla.

Sono trascorsi oltre cinque mesi da quella settimana, e le attese non sono state tradite. Anzi, per Veretout si può parlare senza remore di una vera e propria escalation nel rendimento: è cresciuto con la squadra e per la squadra, in un processo che lo ha portato ad essere considerato – a ragione – uno dei migliori investimenti delle squadre italiane nella scorsa sessione estiva di mercato. Pioli è il primo a riconoscerlo, sia direttamente («è quello che mi ha sorpreso più di tutti», ha detto un mese fa) che soprattutto indirettamente. Considerando le 25 partite stagionali disputate sin qui dalla Fiorentina Veretout è l’unico, assieme ad Astori, ad averne mancata una soltanto, causa squalifica. E in più c’è un altro dato che aggiunge valore alla sua presenza, ossia quello riferito alle sostituzioni: appena cinque, di cui tre nella prima metà del girone d’andata. Per questa Fiorentina è insostituibile per vari motivi, e banalmente uno su tutti: il francese è un centrocampista generoso, non si risparmia mai, e questo piace tanto all’allenatore quanto ai compagni. La sua è inoltre una presenza significativa anche in termini di mole di gioco creata, visto che tra passaggi su varie lunghezze e offerte di appoggi è coinvolto praticamente in ogni momento della partita. In questo la versatilità di fondo maturata nel corso degli anni gli è di grande aiuto: da un lato perché non si trova mai fuori luogo, dall’altro perché consente a Pioli di rendere imprevedibile l’assetto della squadra facendo scorrere verso destra il suo terzetto di centrocampo.

Oltre al dato sui palloni giocati (quasi 60 a partita, cifra piuttosto elevata per una mezzala di un 4-3-3) va evidenziato che è lui, assieme a Badelj e parzialmente ad Astori, a gestire con più influenza il possesso della squadra. Allo stesso tempo i suoi tocchi più votati al rischio denotano forse il maggior punto di debolezza del suo gioco: la difficoltà nel pazientare, nell’attesa del momento clou, quello in cui si libera lo spazio. Complessivamente queste due direzioni contrastanti convergono in una precisione più che discreta, un dettaglio in cui è stato sempre carente e che proprio alla Fiorentina sta curando. Oggi gioca con un 86% medio, mentre nelle ultime tre stagioni – per ragioni diverse – non era mai andato oltre l’83%. Ma il dato più caratteristico di Veretout tra quelli relativi alla gestione della palla riguarda la gittata media, nel suo caso pari a 19 metri. Alcuni esempi tra i centrocampisti del campionato, per avere un metro di paragone: quella di Zielinski è di 14 metri, quelle di Matuidi e Strootman 15, quelle di Milinkovic e Kessié 17. Il discorso si intreccia inevitabilmente con la tendenza al calcio verticale proposto da Pioli, ma ancor prima del contesto attuale va specificato che quella del rischio è una dimensione che a Veretout appartiene da sempre. Questa statistica di Squawka lo dimostra in maniera chiara: a partire da Nantes, passando per Birmingham e Saint-Etienne, il francese ha sempre giocato così, alla ricerca della profondità. Un interrogativo che sorge quindi in maniera naturale è il seguente: come può Veretout, con oltre 3 palloni lunghi a partita di media e un gioco prettamente verticale in fase offensiva, mantenere una pass accuracy così elevata? La risposta sta nell’assenza pressoché totale di passaggi a mezza distanza nel suo repertorio. Veretout tende a giocare o nel lungo, in cerca di Chiesa o di Biraghi sulle fasce, o su distanze corte e sicure, appoggiando a Badelj o ancor più spesso ai centrali di difesa. Si tratta ovviamente di un’estremizzazione, ma in linea di massima è raro vederlo cercare compagni a distanze medie per più di tante volte nel corso di una partita.

Aprendo la parentesi contesto le cose si fanno ancora più interessanti. Appurato che una delle prerogative principali della Fiorentina di Pioli è quella di attaccare in verticale, risulta evidente che le caratteristiche di Veretout vi combaciano alla perfezione. Quello che oggi non è un giocatore riflessivo, a suo agio quando si tratta di ragionare in tempi prolungati con il pallone tra i piedi, si cala viceversa alla grande in un contesto che gli richiede scelte rapide, spesso quantità piuttosto che qualità, e che gli garantisce un’ampia libertà di movimento. A questo proposito è importante parlare di una delle sue doti più preziose in fase di possesso: l’abilità negli inserimenti. Sino ad ora ha messo a segno due reti sfruttando le sue capacità di lettura, ma è probabile che se il centrocampo di Pioli fosse meno sbilanciato dalla parte di Benassi (spesso più che un 4-3-3 quello dei viola in fase offensiva è un vero e proprio 4-2-3-1) vedremmo più spesso il francese protagonista di questo tipo situazioni. Qui sotto sono riprodotti il gol contro la Roma e quello contro il Sassuolo. Se nel primo è evidente la responsabilità difensiva di Gerson, che se lo lascia sfuggire, nel secondo emerge più di ogni altra cosa la tempistica con cui Veretout si avventa sul pallone.

La verticalità, insomma, è caratteristica evidente tanto del francese quanto della Fiorentina, ed è questa la ragione originaria per cui la sua crescita individuale è andata e va di pari passo con quella della squadra. Più il collettivo sale di livello nella sua espressione sul campo, più Veretout tende a migliorare nella sua performance personale. È in sostanza un giocatore estremamente sistematico, ma che riesce a coniugare a questa caratteristica una sicurezza, in parte inattesa, nei propri mezzi. Inattesa per un ragionamento banale: al Mondiale Under 20 del 2013 c’era anche lui in campo per la Francia, al fianco di Pogba e Kondogbia, eppure ha impiegato tre anni in più di loro per emergere. Insomma, non era assurdo ipotizzare che a rallentarlo potesse essere stata una personalità un po’ deficitaria. E invece no, Veretout di personalità ne ha da vendere – anche se a modo suo. Un esempio, il più esplicativo di questi cinque mesi, lo ha dato durante gli ottavi di Coppa Italia contro la Sampdoria calciando (e segnando) entrambi i rigori assegnati ai viola da Abisso.

Le qualità balistiche sono di casa, ma non sono assolutamente tutto. Se chiedeste al fiorentino medio che cosa lo abbia colpito di Veretout, vi sentireste rispondere senz’altro che «non si risparmia mai», che «è ovunque», che «esce sempre dal campo con la maglia più sudata degli altri», o simili. Ed è vero, corre tantissimo. Più che la quantità della sua corsa però ciò che lo fa risaltare all’occhio è la modalità. Badelj, ad esempio, è il quinto giocatore con più chilometri percorsi in Serie A, e sta ai vertici della classifica da anni. Eppure in pochi lo notano: la sua è una corsa silenziosa, quasi trasparente. Veretout invece è molto più passionale, corre come fosse davvero catturato dalla foga. È capace di allungare per quaranta metri, avanti e indietro, per tre volte consecutive e alla stesso ritmo. Una qualità che Pioli apprezza, ma non così eccelsa in quanto tale. Innanzitutto in Serie A ci sono ventuno giocatori – tutti centrocampisti o esterni – che corrono più di Veretout (il francese è poco oltre gli 11 chilometri medi per gara). E inoltre si sa, correre tanto di per sé ha un’utilità molto ridotta. Se allarghiamo il campo d’analisi alle palle recuperate, ad esempio, è evidente come il rendimento di Veretout cali notevolmente: è soltanto 70esimo nella classifica generale, e lo precedono ben quattro compagni di squadra. Anche se in suo favore gli va riconosciuto il primato tra i compagni di centrocampo in quanto a contrasti vinti: il suo 43% è un valore medio/alto, mentre Badelj e Benassi si assestano attorno ad un più anonimo 35%. Se la palla la hanno gli avversari il suo profilo appare ancora un po’ acerbo, contraddittorio in un certo senso, ed è plausibile che sotto la guida di Pioli (e con la naturale maturazione) Veretout finisca per trasformarsi in un giocatore più coerente. In definitiva, se con il pallone tra i piedi ha già dimostrato ampiamente quali sono i limiti e quali i pregi che lo contraddistinguono (anche nei calci piazzati sa il fatto suo), è nella fase di non possesso che ci si aspetta da lui qualche passo in avanti in ottica di una maggiore definizione. Il tutto premettendo che oggi, per la Fiorentina di Pioli, è già così un elemento centrale e indispensabile.