C’è un momento in cui i suoi amici d’infanzia, le sue compagne di sport, gli allenatori, si sono accorti di avere davanti una campionessa. Quando oggi raccontano che Federica Brignone, sciatrice bronzo olimpico, all’ottavo trionfo in Coppa del Mondo dopo la vittoria di domenica nella combinata a Crans-Montana, in allenamento non vinceva sempre, lo stupore è un obbligo. Al cancelletto, però, Federica si trasformava. «In gara era imbattibile, aveva questa determinazione nel confronto, tirava fuori qualcosa in più che noi non riuscivamo a tirare fuori. E questo è il segreto, il valore aggiunto che ha un’atleta che vince in Coppa del Mondo», ci dice Charlotte Chiste, agente forestale, maestra di sci a Courmayeur, amica d’infanzia della 27enne campionessa olimpica e per anni compagna di allenamento. Con una medaglia di bronzo al gigante nelle recenti Olimpiadi di Pyeongchang, la terza edizione dei Giochi cui partecipa, e le otto vittorie in Coppa del Mondo, Federica Brignone è tra le sciatrici italiane più forti di tutti i tempi. La medaglia di pochi giorni fa nella combinata in Svizzera la porta a raggiungere per numero di trionfi nella competizione internazionale organizzata dalla Federazione Internazionale Sci Karen Putzer, al terzo posto alle spalle di Deborah Compagnoni e Isolde Kostner.
Nata a Milano nel 1990, Federica si è trasferita a sei anni con la famiglia nel villaggio di La Salle, tra i frutteti e vigneti di quella parte di Valle d’Aosta che si restringe verso la sua maestosa fine: il Monte Bianco. Papà Daniele, maestro di sci, e mamma Ninna Quario, ex campionessa di sci della Valanga Rosa degli anni 70 e giornalista sportiva, hanno trasmesso ai figli Federica e Davide la passione per lo sport. Sci, arrampicata, golf, tennis, pattinaggio artistico, atletica, le gite al rifugio Monzino con gli imbraghi d’alpinismo, le passeggiate tra i sentieri della Valdigne… Non hanno però mai forzato la futura campionessa verso la carriera agonistica, anzi: «Piangevo di rabbia quando i miei genitori non mi svegliavano al mattino, durante le vacanze di Natale, perché ritenevano che dovessi riposare o perché magari il tempo era proprio brutto», scrive lei oggi sul suo sito.
L’amore è scoppiato quando a un anno e mezzo ha ricevuto il primo paio di sci, quelli in plastica da bambino: non avrebbe mai voluto toglierli dai piedi, nemmeno a casa, a Milano. È stata nonna Adriana a iscriverla per la prima volta alla scuola di sci, nel 1994, mentre la mamma era a seguire come giornalista le Olimpiadi invernali di Lillehammer. Nel 1996, quando si è trasferita in Valle d’Aosta, lo sci è diventato il suo quotidiano. Un anno dopo, Federica conquistava il suo primo podio: era il 1997 quando ha vinto la gara sociale dello sci club di Courmayeur. Poi, come racconta lei stessa sempre sul suo sito, «la mia prima grande soddisfazione è arrivata nel 2005 con il 4° posto nel gigante del Trofeo Topolino nazionale e la conseguente qualifica per gli internazionali. La conferma di poter essere brava è poi arrivata ai campionati italiani allievi, sempre in quell’anno, con il titolo di superG».
Il resto è la storia degli ultimi anni di successi, ma l’origine, raccontano oggi i suoi amici, sono la determinazione e il perfezionismo di quella bambina che oggi sfoggia su un podio olimpico il suo enorme sorriso sotto il casco che le tiene a bada la massa di capelli ricci neri. «Prima che arrivassimo a scuola, in prima media, sapevo già chi era lei: era quella forte, quella da battere sulla neve, e io non volevo essere in classe con lei, perché era la rivale. Quando hanno fatto l’appello, e hanno letto il suo nome, ho detto: “No, la Brignone no”», racconta oggi ridendo Chantal Ferraris, maestro di sci a La Thuile, a pochi chilometri da La Salle, amica di lunga data di Federica e anche membro del suo fan club. Chantal racconta di una ragazzina che amava lo sport, tutti gli sport, che non si stancava mai, molto competitiva, anche nello studio. A scuola, nonostante le numerose assenze per stare dietro ad allenamenti e trasferte, Federica aveva sempre ottimi voti, e aiutava anche gli altri a studiare. Ricorda inoltre «una condivisione familiare dello sport affascinante». Lo sport però era un “gioco”, non un obbligo, spiega Charlotte Chiste, la compagna di allenamento, che ride pensando a tutti i biscotti mangiati assieme all’amica prima della partenza nelle gare in giro per l’Italia.
Perfezionista nello sci, perfezionista a scuola, perfezionista in cucina – ama cucinare e adora il gelato –, per Laurent Praz, allenatore e direttore tecnico dello sci club di La Thuile, amico e consigliere della campionessa, Federica è «una che ama eccellere in tutto, anche quando gioca a carte». Tuttavia, in passato «tendeva all’esagerazione nella quantità di allenamenti, tradendo forse una mancanza di consapevolezza nelle proprie potenzialità. Questo oggi non accade più». Federica «è cresciuta come atleta» e ha anche imparato dai propri infortuni – il primo al malleolo nel 2012 e la pubalgia dell’anno scorso – anche grazie alla vicinanza del fratello minore Davide, atleta bloccato da un problema a un ginocchio, che l’ha molto aiutata nei momenti più bui. «Ha fatto fatica ad accettare l’infortunio del 2017 – ci dice Laurent – Altri al suo posto però avrebbero utilizzato la situazione come giustificazione per un blocco alle Olimpiadi. Lei invece quando si è presentata in gara ai Giochi si è presentata per vincere». E ha vinto.
Quello che forse spiega meglio Federica Brignone è la sua sciata. E quando sono i suoi amici, anche loro professionisti dello sci, a raccontarla, il risultato è a dir poco armonioso. Le compagne di allenamento dell’adolescenza la chiamano ancora “Gabbianella” – per il suo modo di sciare con le braccia aperte e per la fluidità che riusciva sempre a trovare nello sci – tanto che si era fatta fare un’aerografia sul casco con quel nome. Quando era ancora allo sci club, nello slalom girava attorno ai pali senza “abbatterli”, senza toccarli. Il gesto era considerato una stranezza, ancora più strano era però il fatto che lei riuscisse a creare velocità nonostante il maggior tragitto. Questo era il passato. Oggi, Federica ha una sciata sensibile, sempre veloce, sempre in conduzione: «il gesto tecnico le viene naturale». Se altre atlete sono più impostate e fisiche, la sciata sciolta di Federica va un po’ fuori dagli schemi. Per rubare un paragone al tennis, ci dice Laurent Praz, è la differenza che c’è tra Roger Federer e Rafael Nadal: un gioco naturale e sciolto contro uno più fisico e costruito. Quella di Federica è «una danza al limite, una danza estrema, dove ogni curva che fa hai il cuore in gola, perché si inclina talmente tanto che sembra venir giù. E invece acquista velocità». Una sciata che racconta il motto dell’autore canadese Claude Thomas Bissell che campeggia sul suo sito: «Rischia più di quanto gli altri ritengano sicuro. Sogna più di quanto gli altri ritengano ragionevole. Aspettati più di quanto gli altri ritengano possibile».