Al 67′ di Tottenham-Juventus Gonzalo Higuaín era già sulla buona strada per diventare l’eroe di serata. La sua zampata nel cuore dell’area aveva battuto Lloris una manciata di minuti prima, e si respirava la solita aria da cliché che si diffonde quando l’argentino emerge da un assopimento. Quindi il raddoppio, a firma di Dybala, pochi istanti più tardi.
Il gol del sorpasso a Wembley
Partiamo da un presupposto, ossia che la giocata di Higuaín ha una durata compresa tra i due e i tre secondi. Il suo movimento principale consiste banalmente nel venire incontro al portatore di palla, che è Pjanic; così facendo attira verso di sé Davinson Sanchez, costretto a seguirlo. Il difensore colombiano avrebbe poi il compito (arduo) di tenerlo spalle alla porta, e puntualmente fallisce: in quel fallimento emerge la prima qualità da sottolineare nel gioco del Pipita, ossia la mobilità. Higuaín è conciso nel controllare il pallone, nel prendere il metro di distanza dal marcatore, nel girare su se stesso senza perdere neanche un tempo di gioco. O meglio, guadagnandone uno.
Quindi il servizio a Dybala, che una frazione di secondo prima della ricezione del compagno si era lanciato alle sue spalle. Quando Higuaín ha completato la rotazione non deve alzare la testa per sapere in che direzione si sta muovendo il compagno – e infatti non lo fa. In questo momento, nella capacità di lettura dei movimenti, risiede la seconda grande qualità. Riesce in sostanza a fare tre cose complicatissime – la ricezione, lo smarcamento e la visualizzazione del passaggio – in combine, come se fossero una soltanto.
Quattro giorni dopo aver dato quel saggio, il Pipita si è ripetuto nella gara interna della Juventus contro l’Udinese. Anche per quell’occasione le premesse al momento clou sono doverose, perché nel finale di primo tempo l’unica nota della sua partita era stato il rigore sbagliato.
Il 2-0 all’Udinese
Rispetto alla giocata di Wembley però l’azione origina da una posizione diversa e con le due squadre disposte in maniera diversa. Innanzitutto è Asamoah, e non Pjanic, a servirlo. C’è poi da considerare la zona di campo in cui avviene la ricezione, che è il limite dell’area, e il fatto che il marcatore, Angella, non perda neanche per un attimo il contatto con il corpo di Higuaín. Il succo della questione è in ogni caso molto simile: anche qui l’argentino è magistrale nel proteggere il pallone in attesa del momento più propizio per servire il compagno – di cui stavolta segue per intero l’inserimento. È un assist meno spettacolare ma altrettanto significativo, perché illustra un aspetto del gioco di Higuaín che non sempre viene celebrato quanto meriterebbe. Oggi ad esempio il Pipita è l’unico tra gli attaccanti centrali della Serie A a sfiorare l’80% nella precisione dei passaggi: più di Immobile e anche più di Mertens, tra i tanti.
Eppure i dati riferiti ad assist e passaggi chiave degli ultimi anni stonano sia con le sue qualità che soprattutto con il passato. Quello di Madrid e del primo biennio napoletano era un attaccante da doppia cifra assicurata anche nei passaggi vincenti, oltre che nelle segnature. Dall’ultimo anno al San Paolo, quello del record di reti, ha registrato invece un passo indietro: nelle ultime due stagioni ne ha messi insieme appena sette. In quella attualmente in corso è a quota cinque, e probabilmente a maggio saranno di più. Ma a prescindere dai numeri resta il fatto che il piede dell’argentino e le sue qualità cerebrali (si legga: doti associative) hanno potenziale per essere sfruttati anche da questo punto di vista.