Il calcio alla radio

Sono passati 90 anni dalla prima radiocronaca di una partita: la storia del calcio passa anche dai mezzi che lo hanno raccontato.

«Insieme a un numeroso stuolo di amici di circa 80 persone abbiamo ascoltato con entusiasmo e palpitazione lo svolgimento della gara alla quale ci sembrava di assistere per la perfetta e precisa audizione».

Le parole – emozionate e piene di gratitudine – sono quelle contenute in una lettera che un tifoso inviò alla rivista dell’Eiar Radiorario, settimanale nato nel 1925, poco dopo l’inizio delle trasmissioni dell’Unione Radiofonica Italiana. La gara a cui ci si riferisce è la partita Italia-Ungheria 4-3: in assoluto la prima radiocronaca italiana di una partita di calcio, trasmessa alle ore 15 del 25 marzo del 1928 dal Flaminio di Roma. Esattamente 90 anni fa. Era la prima volta che l’Italia batteva l’Ungheria dopo 7 partite. E la partita valeva la coppa internazionale. Costo dell’abbonamento all’Eiar: 75 lire.

Lo “stuolo di amici” vicino ad un apparecchio radiofonico (la radio era quella a galena) è di lì in avanti un’immagine frequente per un decennio ancora: nel 1924, gli abbonati alla radio erano appena 4000. Qualche anno dopo, il boom: soltanto nel 1939 gli abbonati superano il milione. Un successo straordinario, iniziato già dalla metà degli anni Trenta, quando prende piede l’ascolto domestico della radio e la “scatola magica” che restituisce i suoni e le voci a distanza girando una semplice manopola, diventa accessibile anche alle tasche dei meno ricchi (le prime radio costavano più di un’automobile). Il rito dell’ascolto della partita da pubblico si fa – inevitabilmente – anche privato. E le ore di trasmissione crescono costantemente, insieme al pubblico e alle sue esigenze: soltanto dal 1930 al 1931 passano da 17.776 a 29.875.

In questo scenario, a condurre la prima radiocronaca calcistica in diretta da bordo campo – e con pessima visuale – è un giovane giornalista de La Gazzetta dello Sport, Giuseppe Sabelli Fioretti, che anni dopo diventa direttore responsabile al Corriere dello Sport e capo ufficio stampa ai Giochi olimpici di Roma del ’60.

«Mi sistemarono sul gradino più alto della tribuna coperta dello stadio», racconta lo stesso Sabelli Fioretti, «in una specie di cabina e con un microfono appeso a un trespolo»Piazzato lì, azzardò l’imberbe radiocronista in erba, gli parve di sembrare la vedetta di Cristoforo Colombo nel momento della scoperta dell’America. La percezione di essere protagonista di un momento storico – sopra quel trespolo situato all’ultimo anello dello stadio Flaminio – era netta: la radio metteva al centro la parola e il calcio narrato diventa da quel momento in avanti un appuntamento imperdibile per migliaia di italiani. Tanto che a celebrare l’esordio della storia della radiocronaca calcistica è più tardi il Circolo Filatelico “Guglielmo Marconi”, capace di sfornare un francobollo – anno 1999 – che ritraeva, su bozzetto di Pierangelo Brivio, il radiocronista intento a descrivere le diverse fasi di gioco.

Celebrazione dovuta, dopotutto: piazze, caffè e ritrovi sono, nei primi anni della radio, i luoghi dove il calcio parlato trova i suoi felici e popolatissimi luoghi d’elezione.  La voce del radiocronista, da parte sua, riesce a unire, intrattenere, informare, appassionare. Ancora lontano l’inizio delle trasmissioni televisive della Rai – anno 1954 – il cronista radiofonico si impone come il narratore ufficiale delle partite di pallone con uno stile tutto da inventare, coniugando passione e sobrietà. Lo stile più adatto alla radio, va da sé, – lo scriveva Enzo Ferrieri nel Manifesto della Radio (1931) – era «rigorosamente sintetico», fatto tutto di «sostantivi precisi, definizioni esatte, suggestive, pittoresche nella loro sintesi e per la loro fulminea espansione».

E i risultati non tardano a farsi vedere: dopo soli due anni dall’inizio della prima radiocronaca sportiva, esattamente nel novembre del 1930, un referendum svolto dai radioascoltatori sui programmi preferiti consegna al calcio il terzo posto quanto a gradimento, subito dopo musica lirica e trasmissioni religiose. I radioauditori – secondo la testimonianza dei referendum indetti dall’Eiar – mostrarono presto di apprezzare anche il teatro, le lezioni di lingua straniera e l’informazione. Ma il calcio non fece affatto la parte della Cenerentola, grazie anche al secondo radiocronista entrato di diritto nella storia della cronaca sportiva italiana: Nicolò Carosio. O meglio, “Nicolocarosio”, secondo le sue stesse parole, dette al microfono tutte d’un fiato. Palermitano, nato nel 1907, con in tasca una laurea in giurisprudenza, Carosio si propone all’Eiar dopo aver ascoltato le radiocronache della Bbc. E viene subito convocato, via telegramma: «Disposti accettare sua offerta preghiamola confermare telegrafo sua venuta primo maggio Torino, rimborso lire 250 totali. Cordialità».

Per non lasciarsi sfuggire l’occasione, il cronista di belle speranze si inventa dal nulla la cronaca della partita Juventus-Bologna, costellata di gol. Prova superata: viene assunto e inizia una carriera fortunata a partire dal 1933, anno della radiocronaca della partita Italia-Germania (3-1) dal Nuovo Stadio Littorio di Bologna. Diversi i successi giornalistici, da lì in avanti. Sua la radiocronaca dei Mondiali di calcio, anno 1934: «La radio», si leggeva nel Radiocorriere, proprio una settimana prima della finale del Mondiale, «narrando, riferendo, commentando, esalta il vigore dei giovani, ne stimola l’emulazione, compie opera proficua, per la salute collettiva. Sport e radio alleati nell’esaltazione dei valori fisici e morali della razza, servono utilmente la nazione che ne respira, con appassionante entusiasmo, il soffio animatore».

La telecronaca di Carosio della vittoriosa finale nella Rimet del 1938
È in questo clima storico che Carosio conduce tante cronache, poi anche da bordo-campo, a dispetto anche delle intemperie. Fu proprio infatti con la radio che nacque la figura del bordocampista grazie a una idea di Guglielmo Moretti, che negli anni Sessanta e Settanta sperimentò una cronaca a quattro voci per le partite della Nazionale: una voce per la cronaca, una per il commento e due a bordo campo. Innovazione non da poco: è a bordo campo, infatti, che il cronista può respirare in pieno l’aria che tira durante la partita, facendosi acuto osservatore dei momenti più importanti della gara, e cogliendo le sfumature di parole, gesti e volti degli stessi calciatori schierati in campo.

Figura di primo piano per la diffusione dello sport in Italia, Carosio attraversa così – con la sua voce chiara ed efficace, i suoi baffetti da sparviero, e il suo modo tutto personale di rimproverare in maniera bonaria i giocatori che non brillavano quanto a performance– l’intera stagione delle radiocronache sportive nostrane. Come anche le Olimpiadi del ’36 e il Mondiale del ‘38, con la radio ancora reginetta incontrastata del racconto calcistico. Fino a passare alle telecronache, una volta affermatasi la tivvù – anno 1954 – come nuovo luogo d’elezione del calcio giocato.

Eppure, anche dopo l’avvento del tubo catodico, la radio continua comunque a conservare il suo fascino specifico, complice la libertà offerta dalla sua fruizione, poi potenziata dalla comparsa delle radioline portatili. E grazie anche al racconto, tempestivo e asciutto, “nudo e crudo” dello spettacolo sportivo che permetteva. Senza la necessità della ricerca di frasi a effetto, cosa che caratterizza invece il linguaggio delle cronache sportive televisive.

Il 10 gennaio 1960 – ore 15:15 esatte – è la data in cui nasce una fortunata trasmissione radiofonica di Rai Radio1, subito amatissima dal pubblico: Tutto il Calcio Minuto per Minuto. Fra le voci principali, quella di Enrico Ameri, rimasto negli annali calcistici per radiocronache celebri come quella d’Italia-Germania 4-3, Mondiale ’70. L’inventore della trasmissione fu Guglielmo Moretti, all’epoca capo della redazione sportiva, insieme a Roberto Bortoluzzi e Sergio Zavoli. Con Tutto il Calcio Minuto per Minuto il tifoso poteva seguire lo svolgimento di tre partite di serie A ed essere aggiornato sui risultati di tutte le partite. Anche se fino alla stagione 87/88 si trasmettono solo le radiocronache dei secondi tempi. Poi, l’intera partita.

Gli inizi furono a dir poco pionieristici. Era il telefono che permetteva la comunicazione con i campi non collegati e i problemi tecnici erano all’ordine del giorno. «La trasmissione essendo agli inizi, era piuttosto schematica, con tempi fissi (cinque minuti) per ogni collegamento e nei vari intervalli si inseriva Bortoluzzi con gli altri aggiornamenti», parola di Moretti. I continui interventi brevi se non brevissimi per aggiornare istantaneamente lo spettatore circa i risultati erano ancora di là da venire, insieme ad un maggior ritmo e agilità nella conduzione. Eppure, «anche per il dilagante successo dell’iniziativa la formula basilare veniva perfezionata attraverso miglioramenti di ogni tipo, da quelli tecnici a quelli programmatici».

Un estratto di Tutto il calcio dagli anni ’70

Tante le voci protagoniste di Tutto il calcio: Roberto Bortoluzzi , Adone Carapezzi, Nicolò Carosio, Enrico Ameri, Nando Martellini, Sandro Ciotti, Andrea Boscione, Beppe Viola, Piero Pasini, Massimo Valentini, Alfredo Provenzali, Cesare Castellotti, Amerigo Gomez, Nico Sapio, Emanuele Dotto, Claudio Ferretti, Ezio Luzzi, Nicola Giordano, Sandro Baldoni, Italo Galiano, Enzo Foglianese, Paolo Carbone, Paolo Rosi, Riccardo Cucchi. Con la Tv, fu inevitabile però la nascita di una trasmissione che il calcio lo facesse anche, anzi, soprattutto, vedere: il 3 gennaio 1954 alle 23:15 ecco che sul Primo Canale debutta la Domenica Sportiva. È la partita Inter-Palermo la prima a salire agli onori della cronaca: gli abbonamenti alla tv, appena 24mila. Oggi sono passati 90 anni dalla prima, pionieristica radiocronaca calcistica: dalla radio al monopolio televisivo, alle Tv private fino all’era del satellite, il giornalismo sportivo ha cambiato pelle, ridisegnando gli equilibri fra i diversi media in campo che negli anni hanno raccontato il calcio.

Prima dell’avvento della tv, una trasmissione come Tutto il Calcio Minuto per Minuto arrivava ad avere venti milioni di radioascoltatori. Numeri oggi inimmaginabili, visto il proliferare dell’offerta via web e televisiva. Inevitabilmente, l’ascolto radiofonico si è fatto più frammentato e disperso. Ma lo “stuolo di amici” cresciuto con il calcio alla radio è ancora piuttosto nostalgico. Come l’affezione per i tanti radiocronisti che negli anni ne sono stati i puntuali quanto più appassionati interpreti.

 

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