Ronaldo, inverosimile
Mattia De Sciglio chiude gli occhi con la tipica espressione di chi, da lì a qualche secondo, sta per fare qualcosa di cui ha inconsapevolmente paura: sta saltando per colpire di testa, vuole anticipare Cristiano Ronaldo, non ce la farà. Anche Andrea Barzagli chiude gli occhi, e lui verso Ronaldo non ci sta neanche andando: li riaprirà poco dopo aver sentito «il rumore che ha fatto il pallone quando lo ha colpito» e si lascerà andare in un gesto con le braccia come per dire “che ci vuoi fare”. Cristiano Ronaldo invece gli occhi non li chiude mai. Guarda la palla per ogni istante, la forma del mento e della bocca indicano il massimo sforzo: la differenza è tutta qui.
Marca ha analizzato la rovesciata del portoghese: al momento dello stacco la sua schiena è a 1,41 metri da terra, mentre l’impatto piede-palla (con la gamba sempre tesa quasi ad arpionare il pallone dal cielo e ributtarlo giù) avviene a 2,38 metri. La rete da pallavolo nelle partite femminili è più bassa, 2,24 metri. Quella maschile lo supera di poco, 2,43. La traversa di una porta da calcio è alta 2,44 metri. CR7 è diventato il primo calciatore di sempre a segnare in 10 partite consecutive di Champions League. Tra queste, è bene ricordarlo, c’è la doppietta a Cardiff sempre contro la Juventus. C’è tutta la fase a gironi di questa stagione. Ci sono gli ottavi di finale contro il Paris Saint Germain di Neymar: tre gol fra andata e ritorno. E c’è la serata di Torino. Ce ne saranno ancora? Rivedremo ancora quegli occhi aperti tra la paura e l’impotenza di quelli chiusi dei difensori? A fine partita, prima di incoronare la rovesciata di Ronaldo «tra i gol più belli della storia del calcio», il suo allenatore Zinedine Zidane lo ha caricato: «Ne ha sbagliati almeno due…».
Il gol in rovesciata di Ronaldo
La differenza di “testa”
Cosa intendiamo davvero quando parliamo di calcio al bar, con gli amici, con la parola “testa”? Ci vuole testa. Manca la testa. È una specie di concentrazione, è pensare a ogni alternativa prima di prendere una decisione, ma è anche spietatezza, lucidità. È una cosa difficile, e non esiste un calciatore, e nemmeno un uomo, che non abbia mai sbagliato una decisione. Certo, potremmo analizzare la partita guardando ai numeri e alle statistiche, ma il calcio è anche un gioco fatto di episodi, più del baseball e più del football e più del basket, e due episodi, due mancanze di “testa” sono state fondamentali per la Juventus: i protagonisti sono stati Paulo Dybala e Giorgio Chiellini. Dybala, nel primo tempo, si è meritato il primo cartellino giallo della gara per essersi lanciato a terra evitando il contatto con Carvajal – che pure ci sarebbe potuto essere, fosse stato più paziente – e ha sbagliato una seconda volta, dopo lo 0-2 del Madrid, quando è saltato per cercare di agganciare un pallone volante senza accorgersi che stava per colpire un avversario. Doppio giallo, cartellino rosso. Giorgio Chiellini ha fatto un errore che è una rarità nella sua carriera: non è stato abbastanza deciso. Pochi secondi dopo Ronaldo segnerà il suo capolavoro in rovesciata, ma quel pallone a metà tra Buffon e il numero 3 è gestito male soprattutto dal difensore, che non si fa perdonare, anzi, in occasione dello 0-3 di Marcelo, quando prova a fare fallo prima, e abbandona la marcatura chiedendo un fuorigioco inesistente poi.
L’ammonizione per Dybala, nel primo tempo
Cosa pensare, ora, della Juve (e del Real)
«Sono oggettivamente più forti». Le parole di Gigi Buffon suonano come una resa, a fine partita, più di un punteggio che ha punito, forse eccessivamente, la Juventus. Il portiere bianconero si sofferma su una questione: quando si affronta «il meglio» di quello che offre il calcio internazionale, giocoforza la precisione, la serenità, la compattezza, la prestazione inevitabilmente ne risentono. È una dichiarazione forte, quella di Buffon, perché, insomma, si poteva a ragione credere – prima della sfida dello Stadium, evidentemente – che in questi anni la Juventus fosse riuscita a erodere il gap con le big d’Europa, e in qualche modo l’aveva dimostrato. Lo scorso anno, quando ha demolito il Barcellona, e nel 2015, quando in semifinale aveva buttato fuori proprio il Real Madrid. Solo nelle finali secche, avevamo visto, la Juventus si era inchinata alle due grandi di Spagna.
Ma la partita dello Stadium rimette tutto in discussione. Per certi versi, la sconfitta di Torino è peggiore di quella di Cardiff. Nell’ultima finale di Champions, la Juve aveva patito per tutta la gara in mezzo al campo: i giocatori del Real erano sempre in superiorità numerica, e con le grandi qualità nel palleggio riuscivano a imporre il proprio ritmo alla gara. I bianconeri si erano aggrappati alla propria tenacia nel primo tempo, ma erano spariti nella ripresa. Allo Stadium, invece, pur con l’handicap dello svantaggio subito in apertura di partita, la Juventus ha per buona parte del primo tempo chiuso gli avversari nella propria metà campo. Pur non riuscendo mai realmente a sfondare sulle fasce, l’arma tattica su cui ha fatto affidamento Allegri, Dybala e compagni hanno reso il giro palla del Madrid difficoltoso e hanno attaccato con continuità, aspetti che erano mancati nella finale di Cardiff.
Però il risultato, in fin dei conti, è stato lo stesso: un passivo di tre gol. In casa, con novanta minuti ancora da giocare, e dopo una prestazione migliore – o almeno più continua – di quella dello scorso giugno. Arriviamo a una conclusione. Tatticamente, la Juventus – e Allegri – non ha nulla da invidiare agli spagnoli: in questo quarto di finale, le pecche di Cardiff sono state eliminate. A livello di esperienza europea, la Juventus fa parte del novero delle cinque-sei squadre stabilmente nell’élite del calcio, e che a ragione possono essere accreditate alla vittoria finale. Se in questi aspetti le due squadre sono alla pari, allo Stadium abbiamo scoperto che la differenza l’hanno fatta i singoli. Molti giocatori della Juventus non sono al livello di quelli del Real, e nessuno – se non Messi, al mondo – è al livello di Ronaldo. È su questo che Buffon ha posto l’accento. E quando giocatori del genere decidono la partita da soli, non c’è contromisura che tenga.