Owen e gli “odiosi” anni di fine carriera

L'ex Liverpool ha parlato degli ultimi sei anni in campo, quando dopo i tanti infortuni ha cominciato a odiare il calcio.

Nel 2001 Michael Owen vinse il Pallone d’Oro: a 22 anni e 17 giorni, era il secondo calciatore più giovane di sempre, dopo Ronaldo nel 1997. Per il giocatore del Liverpool, che con i Reds giocò dal 1996 al 2004 per un totale di 158 reti in 274 partite (per due volte, tra l’altro, capocannoniere della Premier League), la conferma di una carriera luminosa in costante ascesa. Purtroppo per l’inglese, tali premesse andarono in frantumi con i continui infortuni che cominciarono a torturarlo. Dopo un’anonima parentesi con il Real Madrid nel 2004/05, nel 2006 Owen fu vittima di un grave infortunio al legamento crociato. L’attaccante, allora al Newcastle, restò così lontano dai campi per oltre 300 giorni, con l’atteso rientro di volta in volta procrastinato. Owen avrebbe poi trascorso gli ultimi anni della carriera tra Manchester United e Stoke City, continuando a patire numerosi stop fisici, fino al ritiro avvenuto nel 2013.

Una raccolta dei migliori gol di Owen

In un’intervista a Bt Sport, Owen è tornato a parlare di come gli infortuni gli avessero reso impossibile giocare ad alti livelli. «Una volta ero veloce, scattavo, superavo gli avversari. Negli ultimi sei anni circa sono cambiato nell’unico tipo di giocatore che riuscivo a essere. Ero pietrificato, non riuscivo a scattare. Perché sapevo che mi sarei strappato. La cosa peggiore è il tuo istinto che ti dice di fare cose che hai sempre fatto nella tua vita, ma poi pensi: “No, non farlo”. Per sei o sette anni ho odiato il calcio, non vedevo l’ora di ritirarmi. Non ero più io, è finita con la gente che pensava che fossi solo un grande realizzatore, e nient’altro. Ammiro chi riesce a giocare per amore del gioco, quelli che scendono di categoria e affrontano avversari di livello più basso. Ma per me era una tragedia».