Il debutto più atteso

Com'è andata la prima di Ronaldo davanti ai suoi tifosi.

È stato un pomeriggio curioso, passato ad attendere il momento in cui Ronaldo avrebbe trasformato lo Stadium in un tripudio collettivo. Lo chiedevano le maglie numero 7 che affollavano gli spalti e gli esterni dell’Allianz; lo chiedevano le fragorose esultanze alle sberle violente del portoghese durante la fase di riscaldamento; lo chiedeva l’assordante RONALDO!!! urlato alla lettura delle formazioni, e un piccolo “ooohh…” di attesa prima dell’annuncio. Lo svelava, soprattutto, un particolare brontolio dello stadio, sempre lo stesso, una e due, tre e poi più volte, diventato a quel punto pienamente riconoscibile: era un brusio in cui era mescolato tutto – trepidazione, speranza, esaltazione – e che, immancabilmente, accompagnava ogni singolo istante in cui Ronaldo era nella potenziale condizione di mettere a segno un gol. Il primo in bianconero.

Alla fine, quel gol non è arrivato, lasciando un po’ di meraviglia in tutti: stiamo pur sempre parlando di un giocatore che ha segnato 450 volte con il Real Madrid, e che dopo due partite ufficiali in bianconero è ancora a secco. Ironia delle statistiche, quando ha incrociato la Juve da avversario CR7 le ha sempre segnato: in sette partite, ha messo a referto dieci gol. Questa volta, contro la Lazio, non gli è riuscita nemmeno la più facile delle reti: davanti alla porta, con Strakosha sdraiato per terra, ha mancato la conclusione, con il tacco sinistro che, di fatto, ha bloccato il tocco con il piede destro (va detto che è stata determinante la piccola deviazione del portiere laziale, che ha cambiato la traiettoria del pallone). Alla fine ne ha approfittato Mandzukic, per il gol del definitivo 2-0: la prima reazione del portoghese è stata quella di alzare le braccia in segno di stizza, poi si è subito unito ai compagni per festeggiare. Insomma, non dev’essere stato proprio felicissimo di aver mancato una così ghiotta occasione da gol. «La palla gli è rimbalzata male, ma l’importante è che abbia fatto una buona prestazione», ha tagliato corto Allegri. «È un ragazzo intelligente, si è messo subito a disposizione e sta capendo che tipo di calcio si gioca in Italia».

L’assist “casuale” per Mandzukic

Prima di diventare un leader tecnico oltre che emotivo (cosa che è già), Ronaldo avrebbe voluto presentarsi al pubblico amico con la sua miglior qualità: far gol. Ricordate come andò a finire l’ultima volta che mise piede allo Stadium? Giocava ancora nel Real Madrid, segnò una doppietta e la seconda rete è di quelle impossibili da dimenticare. La rete, che in qualche modo, ha finito per determinare il suo futuro. «Se la standing ovation ricevuta mi ha convinto a scegliere la Juve? Ha facilitato le cose», ha ammesso Ronaldo in una recente intervista concessa a Dazn. «Non mi era mai capitato nulla del genere in vita mia. Ho pensato: wow…». Dovremmo davvero pensare che la salva di applausi per una sua fantastica rete – da avversario – sia stato il propellente per condizionare le scelte di carriera di un cinque volte Pallone d’Oro? Soprattutto se ci riferiamo a Ronaldo, mi viene da rispondere di sì. Del resto, lui non cerca minimamente di scoraggiare questa lettura.

Ronaldo a Madrid ha vissuto nove anni intensi, molti dei quali esaltanti e terminati con uno o più trofei; ha però vissuto anche sul filo della tensione, del nervosismo, della conflittualità in molti periodi della sua esperienza in Spagna. È successo con la società, con gli infiniti tira e molla sui rinnovi contrattuali – l’ultimo, mancato, ha sancito l’addio di CR7 alla causa blanca. Rapporti incrinati, in realtà, anche dalla convinzione di non essere sufficientemente protetto, nei momenti di difficoltà, dai vertici dirigenziali madridisti. È successo anche con la tifoseria, in modi molto plateali: contro lo Schalke nel 2015, quando dopo un suo gol ha mandato a quel paese il pubblico del Bernabéu, o nel 2017 quando contro la Real Sociedad le televisioni spagnole intercettarono la sua insofferenza verso gli spalti («Figli di p…»). Fastidio che Ronaldo ha espresso anche pubblicamente: prima della finale di Cardiff, per esempio, non le mandò certo a dire. «Non mi piace quando la gente fischia allo stadio, in particolar mondo al Bernabéu. Noi diamo sempre tutto ma a volte capita di sbagliare e a Madrid questo non è permesso. In una fase difficile della partita abbiamo bisogno del doppio dell’appoggio dei tifosi. Quando giocavo a Manchester non succedeva, forse hanno una mentalità diversa».

Alla luce di questi e altri pensieri espressi dal portoghese, è facile comprendere il suo profondo, e sincero, apprezzamento nei confronti dell’accoglienza riservatagli dallo Stadium quando era ancora un giocatore del Real Madrid. Quel filo diretto con i tifosi non si è mai interrotto, anzi, CR7 ha contribuito a rinfocolarlo durante tutti questi mesi di attesa di campionato. Lo ha fatto sui social, innanzitutto, dove ha cercato di presentarsi come un bianconero di lungo corso, già pienamente integrato nella mentalità e nell’ambiente della Juventus: l’utilizzo della lingua italiana, l’hashtag #finoallafine o la foto di famiglia con Georgina e i quattro figli tutti bardati di maglie bianconere («La famiglia bianconera!») sono tutti esempi del tentativo di Ronaldo di avvicinarsi il più possibile ai suoi fan. Persino Georgina partecipa a questo processo: dopo la partita con la Lazio, per esempio, ha postato un suo scatto davanti allo Stadium con alcune parole dell’inno juventino («Juve, storia di un grande amore, Bianco che abbraccia il nero, Coro che si alza davvero, Juve per sempre sarà #forzajuve #finoallafine»).

Che Ronaldo cerchi un dialogo con il pubblico lo ha mostrato anche un episodio nella partita contro la Lazio. È successo dopo la miglior giocata del match del portoghese: spostato sulla sinistra, poco fuori l’area di rigore, ha difeso palla su Marusic e poi ha fatto partire una gran conclusione, deviata da Strakosha sopra la traversa. Tutto lo stadio ha fragorosamente applaudito, e Cristiano ad ampi gesti ha chiesto di alzare ulteriormente il volume del frastuono. Ovviamente non che ce ne fosse il bisogno: ogni azione del portoghese era scandita dal gradimento sonoro dello Stadium più che quella di qualsiasi altro calciatore. Fosse un recupero a centrocampo – l’unico del match, al 35’ del primo tempo – o un pallone malamente colpito di testa, in apertura di gara. Sul finale, quando Bentancur ha rubato palla, il pubblico a gran voce faceva intendere la giocata che avrebbe desiderato: il passaggio in verticale per Ronaldo, che stava aggredendo la profondità.

La miglior giocata del portoghese contro la Lazio

Sono tutti segnali di un’aspettativa forte, e comprensibile, con l’arrivo di uno dei due migliori giocatori al mondo. Chiariscono, anche, che il rapporto tra pubblico e beniamino non è condizionato dai risultati, almeno in questa fase. È una buona garanzia per Ronaldo che avrà tempo e modo di inserirsi al meglio nella nuova avventura. Contro la Lazio, la sua non è stata una partita esaltante: rispetto al match contro il Chievo, Allegri ha schierato in attacco dal primo minuto Mandzukic anziché Dybala, per affiancargli un attaccante nominalmente centrale che avrebbe fatto le veci del Benzema madridista, partner ideale per mobilità e intelligenza tattica. L’impressione è che, pur scambiandosi di tanto in tanto le posizioni, non c’è stata quella fluidità di gioco offensivo che probabilmente Allegri si aspettava: Ronaldo centralmente è stato sempre piuttosto isolato, con i compagni che rimanevano distanti dalle sue tracce – Benzema, da questo punto di vista, accontentava il portoghese perché gli veniva incontro, scambiava con lui e gli apriva gli spazi. Ci sarà tempo anche per questo, ci sarà tempo anche per il suo primo, storico, gol in bianconero.