L’evoluzione della figura del terzino è uno dei fenomeni più incisivi e affascinanti nello scenario del calcio moderno. La partecipazione alla manovra, la presenza al momento della rifinitura, dei calci piazzati o persino della finalizzazione, sono competenze sempre più apprezzate e, soprattutto, sempre più richieste ai terzini di questo decennio. Lo sono a tal punto, ed è qui che si vuole arrivare, che oggi il tentativo di riassumere il terzino in un ruolo, di categorizzarlo, genera come mai prima un cortocircuito formale. La cultura mediatica ci ha tradizionalmente abituato – anche e soprattutto in via grafica, semplificando gli schieramenti in modo geometrico – a considerare il terzino come un difensore laterale, al massimo poco più avanzato dei centrali in sistemi di gioco laddove ne fossero previsti tre. Ma adesso l’evidenza empirica sembra costringerci ad un aggiornamento: i compiti dei terzini sono mutati così tanto, nella tecnica e nello spazio, che forse dovrebbe essere rivalutato anche il modo in cui pensiamo ad alcuni di loro, i più rappresentativi. Non più come difensori, quindi, ma come centrocampisti a tutti gli effetti.
Ci sono almeno due ordini di ragioni per cui affermarlo, due tendenze innovative che nel corso dell’ultimo decennio hanno via via trasformato – responsabilizzandolo – lo status del terzino. La prima, quella più naturale, consiste nella diffusione sempre maggiore di terzini che mantengono un baricentro medio molto alto in fase di possesso, anche senza convergere eccessivamente verso il campo. Ad influire in questo senso è anche un trend tattico sviluppatosi in parallelo, ossia quello di schierare le ali a piede invertito (si pensi ad Alonso/Hazard nel Chelsea o a Ghoulam/Insigne nel Napoli). Più in generale ne sono un esempio le coppie di Juventus e Liverpool: da una parte Cancelo e Sandro, dall’altra Alexander-Arnold e Robertson. Proprio i due Reds hanno dato una dimostrazione della loro centralità nella recente gara dell’Etihad contro il Manchester City, in cui il gol del pari siglato da Firmino è scaturito da una manovra di aggiramento durata quasi cinquanta secondi in cui i due hanno innescato ben cinque ribaltamenti di fronte. Come si vede, Henderson, Fabinho e lo stesso Firmino contribuiscono con un buon filtraggio, ma i protagonisti sono dall’inizio alla fine Alexander-Arnold e Robertson.
Il giro palla dei terzini del Liverpool nel gol di Firmino al City
La seconda motivazione che riduce il gap culturale tra il concetto di terzino e quello di centrocampista ha a che fare con un dispositivo della modernità più elitario, che fino ad ora è stato applicato in maniera continuativa in soli due contesti, e per di più dallo stesso allenatore, Guardiola: i falsi terzini. Ossia, in breve, terzini impiegati in zone del campo più centrali. Risalgono agli anni di Monaco, quando Pep alla guida del Bayern si trovò a dover fare i conti con alcuni infortuni nei ruoli chiave e con avversari chiusi che impostavano la gara nell’unico modo che era loro concesso: difendendo in undici dietro la linea della palla e sperando in un pallone perso per distrazione da attaccare in contropiede. La strategia è stata successivamente riproposta ed evoluta a Manchester, dove diciotto mesi fa Guardiola ha investito quasi un mercato intero su Walker, Mendy e Danilo.
In un efficace articolo pubblicato su Outside of the Boot, Patrick Mills ha riassunto l’utilità dei falsi terzini in quattro punti: 1) la loro presenza consente maggiore libertà alle mezzali; 2) garantisce una più solida protezione dai contropiedi; 3) rende più semplice e più veloce il recupero del pallone; 4) favorisce situazioni di uno-contro-uno nella metà campo avversaria. Nel video di seguito Delph dà alcune dimostrazioni pratiche di come il falso terzino sia effettivamente falso, nel senso che nel corso della gara si comporta spesso e volentieri da centrocampista e occupa posizioni di campo tradizionalmente occupate dai centrocampisti.
Delph, il terzino secondo Guardiola
Ma c’è altro, oltre queste nuove tipologie di terzini che risultano sempre più dominanti nei contesti più competitivi. Si pensi ad esempio alle contaminazioni, in un senso e nell’altro: dei centrocampisti a cui viene chiesto di fare i terzini, e viceversa dei terzini cui viene chiesto di fare i centrocampisti. Della prima categoria fanno parte i vari Delph, Zinchenko, Sergi Roberto, Kimmich, Florenzi. Centrocampisti più o meno esperti che si sono calati con successo nella dimensione del terzino. Nella seconda primeggiano Alaba e Lahm, ma anche Guerreiro e Fabinho sono diventati giocatori più completi, e quindi migliori, variando il loro raggio d’azione. In Italia nelle ultime due settimane si sono registrati due casi: il primo ha visto per protagonista Calabria, schierato come mezzala da Gattuso contro la Fiorentina, il secondo Ansaldi, che Mazzarri ha affiancato a Rincón in un centrocampo a due contro la Roma. Erano situazioni di emergenza, ma lasciano comunque intuire che qualcosa stia cambiando. Affidare ad un terzino i compiti di costruzione storicamente di competenza dei centrocampisti non è più inconcepibile.
Ancora più emblematica è la tipologia del regista laterale, sotto la quale si includono quei terzini che nelle rispettive squadre rappresentano una fonte primaria nella costruzione della manovra: sono i casi di Kolarov per la Roma e di Rodríguez per il Milan, che dopo N’Zonzi e Musacchio sono i primi per passaggi completati in media a partita nelle rispettive squadre, ma ancor di più quelli di Srna e di Di Lorenzo, che davanti a sé, in questa particolare classifica, nel Cagliari e nell’Empoli non hanno nessuno. Se la categoria del centrocampista si identifica tradizionalmente con la gestione del pallone, il modo in cui questi terzini vengono impiegati oggi ve li rende perfettamente aderenti. E non sono i soli: in Premier League sia Shaw che Robertson sono i terzi giocatori più coinvolti di United e Liverpool, Carvajal lo è nel Real Madrid e Hakimi nel Borussia Dortmund. E anche Barcellona, Manchester City, Chelsea e Bayern Monaco hanno i due terzini tra i primi cinque con il maggior numero di passaggi in media per gara. Nella Juventus di Allegri Cancelo e Alex Sandro figurano sempre ai vertici della classifica per palloni giocati; il portoghese è oltretutto il primo terzino in Italia per occasioni create, delle quali il video che segue è solo un piccolo saggio.
Joao Cancelo, primo terzino in Italia per occasioni create
Durante la stagione 2009/10, prendendo in considerazione soltanto i giocatori con almeno la metà delle presenze sul totale delle gare disponibili, in Serie A ci furono appena tre terzini tra i cinquanta con più passaggi all’attivo: Maicon, Garics e Masiello. Ne completarono in media 47 a testa a partita. Oggi sono dodici, e la media è salita a 56 passaggi. Ancora più netto è lo spaccato relativo ai passaggi chiave: i primi dieci terzini della stagione 09/10 ne misero insieme una media di 0,6 a partita, con il picco massimo raggiunto da Maicon con 1,4. Oggi il decimo è D’Ambrosio con 1,5 e la media è di 1,8. Un discorso simile potrebbe essere allargato alla Premier League, dove in un decennio il computo dei passaggi medi dei terzini è passato da 45 a 63 e quello dei passaggi chiave da 0,8 a 1,5. Idem o quasi per la Liga, nonostante il precursore Dani Alves fosse già in quegli anni su standard altissimi. Anche i numeri, insomma, costringono a riflettere sulla indiscussa responsabilizzazione di un certo tipo di terzini, cui sempre più spesso è affidato il compito di costruire, di riflettere, di gestire, ma anche di proporre, di creare, di rischiare. Giocatori che, essendolo già di fatto, sarebbe giusto iniziare a concepire come centrocampisti anche di nome.