Lautaro Martínez, fino a questo momento

L'attaccante dell'Inter sta completando il suo inserimento.

Per Lautaro Martínez non cambia molto giocare dal primo minuto o alzarsi dalla panchina: ha fatto cinque gol partendo titolare tra campionato, Coppa Italia ed Europa League, ma le due reti di maggior importanza nella stagione le ha segnate entrando a partita in corso. «Do sempre il 100 per cento, in qualsiasi occasione», ha raccontato a Calcioshop, dove ha incontrato giornalisti e tifosi per un evento Nike. Parla in spagnolo, ma capisce benissimo l’italiano. Sorride spesso, ogni tanto sembra osservare il vuoto, non del tutto a suo agio nel contesto, ma ha lo sguardo sempre fisso avanti, un po’ come il suo carattere, determinato e focalizzato sul futuro.

Il suo primo anno all’Inter sta iniziando a decollare dopo un periodo iniziale di alti e bassi, una condizione normale per un 21enne che arriva da un campionato diverso, da un mondo diverso. Contro il Parma, due minuti dopo il suo ingresso in campo, ha regalato all’Inter la prima vittoria in campionato del 2019; cinque giorni dopo, il suo calcio di rigore ha deciso la trasferta di Europa League a Vienna. I suoi gol, sette finora in stagione (uno ogni 137 minuti di gioco), sono stati spesso decisivi: quando ha segnato, l’Inter ha sempre vinto. Come contro il Napoli, quando El Toro appena entrato ha fulminato Meret con il sinistro: «Eravamo a casa nostra, con la nostra gente, sapevo quanto significasse questa partita. Dovevamo vincere».

Il gol vittoria di Lautaro contro il Napoli, lo scorso 26 dicembre

Per Lautaro, i tifosi dell’Inter sono sempre «la nostra gente». Il pubblico ha sempre supportato l’attaccante argentino, anche nei momenti difficili, ad esempio l’esordio negativo in casa del Sassuolo, oppure le partite con dei gol sbagliati – contro Psv, Bologna e Lazio in Coppa Italia, quando ha fallito anche la trasformazione di un calcio di rigore. Poi, mentre qualcuno iniziava – forse troppo presto – a parlare di “nuovo Gabigol”, Lautaro ha tirato fuori l’Inter dalla crisi con il gol di Parma, una sintesi delle sue doti da centravanti: scatto nello spazio, controllo di sinistro e gran conclusione di destro sotto la traversa. Perché l’ex Racing non è Gabigol, talentuoso ma evanescente, piuttosto è un giocatore completo, tosto; uno che «ha impeto, che si butta nel fuoco» come lo ha descritto di recente Spalletti. Lo si vede dal suo modo di stare in campo, sempre al massimo dell’agonismo, e dalle sue esultanze, in cui sembra voler spaccare il mondo, gesti ed urli simili a quelle di Radamel Falcao, il giocatore a cui Lautaro ha detto di ispirarsi.

Appena entrato, segna la rete decisiva nell’1-0 di Parma

Martínez, esploso con la Nazionale Under 20 nel 2017 (sette gol in undici partite tra Campionato Sudamericano e Mondiale di catgoria), ha già giocato quattro partite con la Selección e non nasconde di pensare alla Coppa America di quest’estate, nonostante la concorrenza in attacco sia molto agguerrita: «So benissimo che dipende dal rendimento con il mio club, quindi devo approfittare di ogni occasione e andare sempre al massimo, poi l’allenatore valuterà se convocarmi». Altre due opportunità stanno per arrivare: contro Rapid Vienna e Fiorentina, El Toro sarà ancora al centro dell’attacco, nella posizione che ha detto di preferire e dove Spalletti lo ha quasi sempre impiegato. Le poche volte che l’allenatore nerazzurro lo ha schierato insieme a Icardi, Lautaro ha agito da trequartista o da ala, quasi mai hanno giocato vicini, nonostante il feeling tra i due fuori dal campo e il passato di Martínez – che al Racing Club giocava spesso in un attacco a due punte.

Nelle ultime partite, Lautaro ha sostenuto da solo il peso offensivo dell’Inter, dimostrandosi prezioso sia in fase di protezione della palla sia quando è stato chiamato ad attaccare la profondità. Finora ha segnato due gol di destro, uno di sinistro, uno su rigore e ben tre di testa, nonostante la statura non elevatissima (174 centimetri secondo Transfermarkt). Il tempismo e lo stacco sono probabili retaggi del basket, sport che il giovane Lautaro praticava nella sua Bahía Blanca, la terra del miglior cestista argentino di sempre, Manu Ginóbili. «Se non avessi fatto il calciatore, avrei giocato a basket», ha detto El Toro, che fino a quindici anni si alternava con successo tra l’erba e il parquet. Forse anche per questo, dopo il rodaggio iniziale, non sta soffrendo troppo l’impatto con il calcio europeo. Quando parla della differenza principale con il Sudamerica, non fa riferimento a questioni tattiche o tecniche, ma ai «campi di allenamento, sono completamente diversi qui, così come gli stadi». Poi, certo, ci sono i difensori: «Alcuni ti picchiano sempre (ride, ndr). C’è chi ti anticipa sempre e chi ti aspetta per l’uno contro uno, ma penso dipenda molto dal singolo, dalle qualità e dalla testa che hai, dal modo in cui giochi».

L’incontro con cinquanta giovani tifosi al Calcioshop per un evento Nike, in cui Lautaro ha risposto alle domande dei presenti

Le prossime partite, in cui Lautaro dovrebbe giocare titolare, ci daranno un ulteriore riscontro sulla maturazione di un giocatore entrato nel cuore dei tifosi nerazzurri per l’impegno e la determinazione mostrate ogni partita. Deve ancora dimostrare di poter essere l’attaccante su cui costruire il futuro dell’Inter, ma l’ambientamento procede. I margini di miglioramento sono ampi, e il classe ‘97 di Bahía Blanca sembra avere la mentalità giusta per fare il salto: «Penso sempre a fare meglio, a non accontentarmi. Lavoro ogni giorno, in ogni allenamento, per migliorare, affronto ogni occasione che mi dà il mister con l’idea di alzare il livello del mio gioco». Sul finale di stagione dell’Inter, l’obiettivo non può che essere uno: «Siamo usciti da due competizioni importanti, ce ne rimane una terza, in cui dobbiamo per forza andare avanti. Contro il Rapid ci aspetta una partita difficile, ma siamo a casa nostra, con la nostra gente».