Tutto quello che succede a cavallo fra calcio e moda, per noi di Undici, è terreno fertile per analisi e racconti nonché, crediamo, un ottimo termometro per provare a misurare e definire costumi e tendenze in evoluzione. Sono vecchio abbastanza per ricordarmi di un paio di cose: erano gli anni ’90, quando i calciatori iniziarono ad affiancarsi in modo deciso e con dinamiche più evolute alla comunicazione e al prodotto dei propri sponsor tecnici, scarpe da gioco soprattutto – venivamo da un decennio in cui gli sponsor si erano affacciati sulle divise ufficiali, in cui Paolo Rossi faceva gli spot televisivi per il latte, e poco altro, e ci saremmo ben presto ritrovati con il lavoro notevole impostato da Nike, per fare un esempio, con la Nazionale brasiliana e i suoi campioni, Ronaldo in testa, con la creazione, sulla scia di quanto fatto con Michael Jordan, del primo marchio dedicato a un calciatore, R9.
Furono dinamiche che cambiarono il calcio per sempre, e che in qualche modo andarono a braccetto con la diffusione del calcio, si pensi alle pay tv con le partite finalmente live, e con una prima attività di branding riguardante le leghe e i tornei principali (la Premier League come la conosciamo nasce nel 1992, stesso anno in cui la Coppa dei Campioni diventa Champions League). Nasceva il calcio moderno insomma, uno sport diventava un vero e proprio settore industriale, e i suoi protagonisti entrarono a pieno titolo nelle dinamiche che regolano marketing e comunicazione.
Dall’altra parte, ho chiara la memoria di come, fino a non più di un lustro fa, parlare di calcio e dintorni a una sfilata di moda fosse un’attività carbonara e clandestina appannaggio di pochi, roba da infilare la Gazzetta dentro Vogue per non farsi scoprire. Del resto, alle feste della moda non si entrava con le sneaker, e chi correva o andava in palestra, in quell’ambiente, lo faceva quasi di nascosto. Parliamo di fatti relativamente recenti come abbiamo detto, eppure, riguardando a questo 2018, sembrano passate un paio di ere geologiche. Certo, in mezzo ci sono stati fatti rilevanti come lo sdoganamento definitivo dello streetwear in passerella, la consacrazione dell’egemonia della cultura afroamericana nel pop e nell’estetica contemporanea, di cui lo sport è parte integrante e fondamentale, lo sportswear elevato a stile di vita e quindi finalmente protagonista al pari dell’abbigliamento formale.
Però, se il 2018 è stato quello della consacrazione definitiva del felice matrimonio fra moda e pallone, lo si deve anche a un paio di nuove generazioni di campioni pienamente consapevoli che il loro ruolo non si esaurisce sul campo di gioco, che far parte dello star system è un lavoro complicato per il quale non ci si improvvisa, che oggi, grazie ovviamente soprattutto ai social network, essere un modello per milioni di ragazzi vuol dire fondamentalmente essere un brand, e che uno sportivo è fondamentalmente una persona di spettacolo, esattamente come un attore o un musicista o, appunto, il direttore creativo di una celebre maison di moda.
Tre esempi per tutti: la capsule PP di Paul Pogba per adidas, simbolo del calciatore che si fa designer e declina la propria immagine iconica attraverso una linea di abbigliamento, e quindi del calcio che diventa moda; la collaborazione fra Off-White e Kylian Mbappé per un paio di Mercurial da gioco in serie limitata, simbolo di come il calcio sia una piattaforma per estendere e replicare le dinamiche che stanno riscrivendo l’industria del fashion; la collezione, BOA17, che vede protagonisti insieme il giocatore del Bayern Monaco Jerome Boateng e addirittura 032c, piattaforma mediatica e brand, simbolo dell’evoluzione più contemporanea della moda. In questo caso, addirittura, di abbigliamento tecnico o sportivo non c’è traccia: si tratta di un prodotto di moda puro, dove il calciatore è protagonista con i suoi gusti e la sua estetica al di là di quello che rappresenta su un campo da gioco.
Tutti appunti in ordine sparso, non sappiamo dove porterà tutto questo, ma ci sembra interessante accendere un faro su una generazione e due mondi che stanno unendo i puntini e, nel farlo, stanno ridisegnando estetica e costumi contemporanei. E il calcio c’è, finalmente senza complessi.