Perché oggi il rendimento dei grandi campioni resta altissimo, nonostante l'età.
È il 26 gennaio 2019. Al termine di Sampdoria-Udinese 4-0, Fabio Quagliarella rilascia un’intervista a Sky Sport. Qualche minuto prima ha eguagliato il record fissato da Gabriel Batistuta nel 1994, undici partite consecutive in Serie A con almeno un gol segnato. L’attaccante blucerchiato ha gli occhi gonfi e arrossati, la voce incrinata dall’emozione, parla e si commuove di fronte alla telecamera: «Tra pochi giorni compirò 36 anni, cogliere un primato del genere a questa età mi rende molto orgoglioso. Evidentemente i sacrifici che ho fatto sono serviti a qualcosa». La storia e le parole di Quagliarella intercettano una tendenza del calcio moderno per cui un numero sempre maggiore di giocatori di movimento over 30 ha un ruolo centrale nei club più importanti del panorama europeo. È un nuovo tipo di longevità agonistica, che determina nuovi apici di quantità e qualità: gli atleti contemporanei hanno carriere più lunghe rispetto ai loro omologhi del passato, e soprattutto riescono a restare ai massimi livelli prestazionali – individuali e di squadra – anche in età avanzata.
Ronaldo e Messi continuano a monopolizzare le classifiche marcatori e di rendimento delle competizioni principali, a ritoccare verso l’alto i loro primati personali, sono considerati all’unanimità i migliori calciatori del pianetaCristiano Ronaldo (34 anni) e Messi (31) hanno modificato il loro gioco rispetto agli esordi, eppure continuano a monopolizzare le classifiche marcatori e di rendimento delle competizioni principali, a ritoccare verso l’alto i loro primati personali, sono considerati all’unanimità i migliori calciatori del pianeta. Il trend non si esaurisce con la loro leggenda: Juventus e Barcellona costruiscono da anni la rosa intorno a una batteria di over 30 imprescindibili per maturità e qualità – Chiellini (34), Bonucci (31), Piqué (32), Suárez (32) -; il Real Madrid affida a Sergio Ramos (32) e Modric (33) le chiavi della squadra; il Manchester City e il Psg si fondano sulla leadership di Fernandinho (33), Thiago Silva (34) e Dani Alves (35); Godín (33), Albiol (33) e Kolarov (33) sono le guide tattiche ed emotive di Atlético Madrid, Napoli e Roma. Lo stesso Quagliarella è tornato di peso in nazionale, il ct Roberto Mancini l’ha convocato per uno stage a Coverciano tre anni e mezzo dopo l’ultima esperienza in azzurro, poi l’ha confermato per i primi due impegni nelle qualificazioni europee.
Cristiano Ronaldo è il giocatore over 30 più pagato di sempre, 117 milioni dalla Juventus al Real Madrid nell’estate 2018
Non è solo un discorso di impatto tangibile sul gioco, ma anche di appetibilità sul mercato: l’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus ha monopolizzato le cronache sportive dell’ultima estate, il campione portoghese è diventato il più costoso over 30 della storia (120 milioni versati dal club bianconero al Real Madrid), ma le trattative portate a termine e i rumors su possibili trasferimenti hanno coinvolto e coinvolgeranno molti altri calciatori in età avanzata – si pensi alle indiscrezioni su Modric e Godín all’Inter, oppure al passaggio del 31enne Vidal al Barcellona.
I fuoriclasse delle epoche precedenti, invece, hanno abbandonato il calcio e/o i palcoscenici più impegnativi ad un’età decisamente inferiore: Platini si è ritirato a 32 anni da compiere, Maradona e Cruijff hanno lasciato Napoli e Barcellona a 31 anni, Beckenbauer e Pelé si sono trasferiti negli Stati Uniti a 31 e 33 anni, rispettivamente. In un articolo pubblicato durante l’ultima Coppa del Mondo, l’Economist ha raccolto alcuni dati che confermano come il grande calcio sia sempre più orientato a ricercare e premiare la maturità: i calciatori selezionati per il torneo iridato in Russia hanno fatto segnare l’età media più alta dall’edizione del 1966 ad oggi (27 anni e 11 mesi); nelle ultime cinque edizioni del Pallone d’Oro, solo 17 giocatori Under 24 sono entrati nella top 20; nel 2018, un candidato alla vittoria finale del riconoscimento di France Football ha un’età media di 27 anni e 4 mesi, rispetto ai 26 anni e 3 mesi del 2008.
«Oggi i grandi giocatori tendono a costruirsi una professionalità rigorosa, composita, che va oltre il talento o il miglioramento delle qualità tecniche ed atletiche»Fabio Quagliarella ha parlato di sacrifici, ha individuato serietà e costanza come prerogative indispensabili su cui costruire una carriera longeva ad alto livello. Alberto Bartali, preparatore atletico del Galatasaray, ex di Zenit San Pietroburgo, Sampdoria e Catania, integra l’importanza del lavoro sul campo alla cura di altri aspetti: «Oggi i grandi giocatori tendono a costruirsi una professionalità rigorosa, composita, che va oltre il talento o il miglioramento delle qualità tecniche ed atletiche. Conducono una vita sana, studiano le possibilità e i limiti del corpo umano, ad esempio fanno colazione in sede prima di iniziare l’allenamento, pesano il pane e il miele, conoscono le differenze tra i vari tipi di alimenti che possono assumere. Cercano di acquisire delle competenze e di individuare i migliori accorgimenti per allungare la carriera, in questo modo diventano anche un esempio per i compagni più giovani. Inoltre sviluppano una percezione assoluta rispetto al proprio fisico, fino a possedere gli strumenti per suggerire la calibrazione dei carichi di allenamento, guidano letteralmente lo staff tecnico-sanitario nel percorso di recupero dopo un match o un microinfortunio».
A 35 anni, Fabio Quagliarella ha eguagliato il record di Batistuta: ha segnato almeno un gol per 11 partite consecutive di Serie A
Ovviamente è anche una questione di evoluzione manageriale, tecnologica e del gioco: «Nell’era contemporanea – spiega Bartali –, un club di alto livello conta su uno staff di professionisti che segue costantemente l’evoluzione psicofisica del calciatore. Io ho iniziato trent’anni fa ed ero l’unico preparatore atletico, oggi il mio gruppo di lavoro si compone di sette-otto figure specializzate, e poi ci sono nutrizionisti, medici, fisioterapisti, tutti i reparti lavorano in simbiosi per prevenire gli infortuni e consentire ai giocatori di esprimersi al meglio. Le sedute di allenamento sono personalizzate e monitorate, utilizziamo supporti avanzati, ad esempio i rilevatori gps che misurano i chilometri percorsi in regime di jogging e/o scatti veloci, oppure degli strumenti di analisi immediata che ci permettono di stabilire il grado di idratazione al termine di una partita, così da impostare un percorso di recupero che non comprometta la salute dei giocatori. E poi il calcio è cambiato rispetto a qualche anno fa, l’obiettivo primario non è più esasperare la performance fisica dei giocatori, piuttosto si cerca di esaltare la qualità tecnica, di migliorare le capacità di lettura e reazione rispetto a quanto avviene in campo».
L’ultimo concetto espresso da Alberto Bartali evidenziano il tema più rilevante nel racconto degli Over 30 che dominano il calcio internazionale: «Viviamo un paradosso: i campioni nati negli anni Ottanta hanno esteso la longevità agonistica nonostante un calendario sempre più congestionato. Credo sia una questione di valore assoluto, i top player contemporanei toccano e mantengono certi standard di rendimento perché sanno gestire sé stessi, ma anche perché sono veramente forti. Cristiano Ronaldo, Quagliarella e Modrić, tra gli altri, continuano a brillare perché hanno enormi capacità fisiche, tecniche, emotive. Questo fa la differenza, soprattutto in un’epoca che garantisce le condizioni migliori agli atleti professionisti».
Ci sono campioni affermati ma ancora affamati, in perfetta efficienza fisica e pure in grado di aggiungere una qualità che è possibile coltivare solo con il tempo: l’esperienzaÈ una congiuntura di tempi e di forze: un gruppo di fuoriclasse ha trovato e sfruttato e preservato un contesto ideale per instaurare un regime di assolutismo illuminato nei posti di potere sul campo da gioco, ha imposto e continua ad imporre degli standard qualitativi e di rendimento altissimi per i potenziali eredi, per tutti coloro che aspirano ad occupare i ruoli chiave nei club più importanti. I giovani prospetti di oggi hanno un accesso molto precoce, se non immediato, ai grandi palcoscenici – alla 22esima giornata di Serie A 2018/2019 ci sono 22 giocatori Under 21 con più di 1000 minuti in campo, un dato leggermente superiore alla media delle cinque leghe top in Europa (18), mentre furono appena 9 in tutta la Serie A 2015/2016 -, eppure c’è una selezione spietata per l’accesso al livello successivo. L’ostacolo è rappresentato dalla concorrenza di campioni affermati ma ancora affamati, in perfetta efficienza fisica e pure in grado di aggiungere una qualità che è possibile coltivare solo con il tempo: l’esperienza.
Aleksandar Kolarov è il capitano della Nazionale serba, ha giocato 46 partite da titolare con la Roma nella stagione 2017/2018
Nel gennaio del 2013 Steven Gerrard ha rilasciato un’intervista all’Independent, queste furono le frasi chiave del suo intervento: «Il calcio moderno sembra essere poco tollerante con i giocatori sopra i trent’anni, ma guardate la mia carriera, guardate anche quella di Frank Lampard, Paul Scholes, Ryan Giggs, John Terry. Accanto ai giovani serviranno sempre degli elementi così forti, così maturi, professionisti seri che hanno grande esperienza e una piena consapevolezza dei propri mezzi. Il solo talento, a certi livelli, non può bastare».
È una descrizione pregnante della storia del calcio, dopotutto parliamo di uno sport molto simile alla vita, inevitabilmente ciclico. Solo che ora i limiti imposti dal tempo pare siano stati cancellati, di certo sono meno impattanti, e allora i giocatori di oggi maturano eppure continuano ad eccellere per qualità e forza fisica, non vogliono saperne di abdicare, anzi rinnovano costantemente i record individuali e assoluti, esplorano nuove vette di rendimento. Al punto che i fuoriclasse di domani combattono e dovranno combattere il mito di chi li ha preceduti direttamente sul campo, occhi negli occhi, in una complicata sfida generazionale. Una prospettiva inedita, suggestiva, uno scontro di mondi per cui l’età non rappresenta più un ostacolo, piuttosto è diventata una virtù.