“Il difensore più caro nella storia del Real Madrid”. Così ha titolato Marca lo scorso 15 marzo, il giorno successivo all’annuncio dell’acquisto di Eder Militao, promettente centrale del Porto arrivato in terra lusitana nel corso dell’ultimo mercato estivo e trasformatosi rapidamente nell’ennesima plusvalenza da record che il presidente Pinto da Costa può esibire con orgoglio. Militao ha 21 anni compiuti a gennaio, è cresciuto nelle giovanili del San Paolo, è stato acquistato dal Porto per 5 milioni di euro e rivenduto a 50 tramite clausola (che sarebbe lievitata a 75 se Florentino Pérez avesse atteso oltre il 15 luglio) dopo 31 presenze e 4 reti con la maglia dei Dragões.
Età e prezzo pagato in relazione alla stessa non debbono stupire. Non più, almeno: si tratta dell’ennesimo cambio di paradigma del calciomercato del XXI secolo, il trend attuale impone alle big europee di investire cifre considerevoli, in alcuni casi pari o superiori a quelle pagate per assicurarsi centrocampisti e attaccanti, per difensori giovani, polivalenti e potenzialmente già pronti alle pressioni dei grandi palcoscenici. È l’identikit di Militao, elemento impiegabile da centrale difensivo – la sua fisicità è ancora da strutturare ma è già buona, 187 cm per 80 kg, e garantisce una naturale propensione a vincere i duelli aerei (4 sui 5,7 effettuati ogni 90 minuti) – come da terzino destro, grazie a un’ottima tecnica di base (80% di precisione nei passaggi su quasi 52 palloni toccati a partita). La sua buona qualità tecnica torna utile sia in fase di prima costruzione (un passaggio sbagliato ogni sei per quel che riguarda il gioco sul corto) che di rifinitura (0.5 passaggi chiave e il 50% di precisione sui lanci lunghi). «Militao ha un contratto fino a giugno di quest’anno con il Porto, e fino ad allora non cambierà nulla: se deve giocare giocherà, se non sarà in condizione non lo farà, se dovrà essere impiegato da centrale difensivo giocherà lì e il ragionamento sarà lo stesso se mi dovesse servire sulla fascia», ha dichiarato recentemente Sergio Conceicao, anticipando multidimensionalità e prospettive a medio termine del suo giovane leader difensivo.
Tutto il meglio mostrato da Militao nella sua prima stagione europea
Anche il Barcellona si è mosso in anticipo sui tempi, proseguendo in un ambizioso progetto di ricostruzione della propria ossatura centrale (leggasi Frenkie de Jong). A gennaio, il club catalano ha versato nelle casse del Tolosa un indennizzo di due milioni di euro per assicurarsi il diciannovenne Jean-Clair Todibo – e per per evitare le ripercussioni minacciate dal presidente Olivier Sadran. Todibo ha messo insieme 10 presenze e un gol nella Ligue 1 2018/2019, poi è stato messo fuori rosa a inizio novembre a causa della sua volontà di non rinnovare il contratto in scadenza.
Il tecnico del Barcellona, Ernesto Valverde, ha risposto così ai giornalisti che gli chiedevano del mancato debutto del francese, ancora a secco di partite vere con la sua nuova squadra: «Sappiamo tutti che ha grandi qualità: è forte fisicamente, è veloce, potente, giovane. Mi sta facendo una buona impressione. Tuttavia non abbiamo ancora potuto testarlo in partita, nemmeno in un’amichevole, a causa del calendario che abbiamo. E, naturalmente, vorrei vederlo giocare perché un conto è l’allenamento un altro sono la partita e la competizione». In attesa di un riscontro del campo diverso dalla Copa Catalunya contro il Girona, di Todibo si può tracciare un profilo basandosi sugli 836 minuti fin qui disputati in stagione: molto più a suo agio sul corto che sul lungo e ancora poco incline a sfruttare del tutto la sua strabordante fisicità (190 cm per 81 kg), il nativo della Guyana sembra aderire al profilo del classico centrale muscolare e di rottura. Tuttavia la tendenza a gestire lo spazio piuttosto che ad aggredirlo –attraverso la lettura anticipata di tempi e situazioni – e una facilità di corsa agevolata dalle leve lunghe, lo rendono potenzialmente impiegabile anche da mediano davanti alla difesa, un po’ sul modello di quel Capoue (a sua volta lanciato dal Tolosa) di cui sembra l’erede naturale per versatilità e completezza di repertorio.
I primi passi di Todibo in blaugrana
E per chi la Ligue 1 l’ha appena lasciata, c’è chi si sta affermando nello stesso contesto pur non essendo ancora maggiorenne. William Saliba, classe 2001 (18 anni da compiere il prossimo 24 marzo) del Saint-Etienne, ha giocato appena 100 minuti in meno di Todibo (13 le presenze complessive) e, se possibile, presenta dei margini di futuribilità ancora maggiori. Saliba è alto un metro e 93, è destro naturale, è dotato di un gran senso dell’anticipo e di un’ovvia predisposizione a prevalere nel gioco aereo (la percentuale di duelli vinti supera abbondantemente il 60%), oltre che di un’insospettabile capacità e facilità di calcio (35 tocchi di media per una precisione nel passaggio che sfiora l’85%).
Non ci ha messo molto a scalare le gerarchie del tecnico Jean-Louis Gassett, diventando stabilmente il primo cambio della coppia Perrin-Subotic: «Alla sua età», ha spiegato l’allenatore dei Verds, «Saliba ha già intelligenza tattica, tecnica, fisico. È un giocatore maturo. Ogni giorno che passa fa un passo in avanti». E anche l’esperto difensore serbo ex Borussia Dortmund è diventato uno dei main sponsor del giovane compagno di squadra, che ha già firmato il suo primo contratto da professionista permettendo all’ASSE di respingere i primi assalti di Valencia e Lipsia: «Ha una mentalità già da professionista, è serio, ma non ha paura di niente. Trasmette molta serenità e fiducia. Seguendo le orme del nostro capitano Perrin, qui può diventare un giocatore davvero importante».
Saliba (a sinistra) impegnato in un match tra il Saint-Etienne e il Dijon, in Coppa di Francia
Al Lipsia ci è andato, via Salisburgo, Dayot Upamecano, un giocatore che fino al 2015 non andava oltre lo status di miglior prodotto dell’academy del Valenciennes. La sua ascesa è stata folgorante, in piena continuità con le caratteristiche ricercate dagli osservatori delle squadre europee: fisicamente già strutturato – 83 chili ben distribuiti sul suo metro e 85, in modo da permettergli di vincere tre duelli aerei sui 4,5 che tenta ogni partita, oltre che di prevalere nella metà dei contrasti che porta –, leve lunghe al servizio di una corsa fluida ed elastica in modo da favorirlo anche in situazioni di uno contro uno in campo aperto. Ciò che sorprende di Upamecano è la sua capacità di read and react, in continua e costante evoluzione (2.2 palloni intercettati di media, rispetto ai 2 della scorsa stagione), che lo porta ad avere maggiore e migliore adattabilità per una difesa aggressiva, pensata e attuata in avanti. Inoltre ha una grande pulizia tecnica, quando si tratta di gestire e consolidare il possesso (50 tocchi di media, 81,6% di precisione) tanto nella dimensione orizzontale quanto in quella verticale. Non stupisce, quindi, che l’Atletico Madrid stia pensando proprio a lui per sostituire Diego Godin.
Dayot Upamecano, in una compilation
Apparentemente indietro, non fosse altro perché si tratta di un giocatore ancora da decifrare se non proprio da costruire, Felix Uduokhai, classe 1997 messosi in luce nelle giovanili del Monaco 1860 prima di passare al Wolfsburg nell’estate 2017. È un elemento di grande versatilità (può giocare da centrale in una difesa a tre o a quattro, e/o da terzino su entrambe le fasce), naturalmente ambidestro, ha una visione di gioco che gli permette di essere schierato anche a centrocampo – il 43% dei suoi passaggi è in avanti, e la precisione degli appoggi nella metà campo avversaria sfiora il 72% –, nel suo eclettismo ricorda David Alaba, rispetto al quale ha qualche centimetro e chilo in più. A fargli ancora difetto, tuttavia, sono i numerosi cali di concentrazione che ne stanno limitando l’impiego rispetto al passato campionato (appena due presenze da titolare su 10, contro le 17 su 19 della scorsa stagione) e il non riuscire a sfruttare del tutto le sue doti fisiche anche in proiezione offensiva.